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La digestione anaerobica arricchita di grafene ha notevolmente migliorato il potenziale di produzione del biogas

In natura, i batteri si occupano di decomporre la materia organica dalle piante e dagli animali. Questa capacità straordinaria è chiamata digestione anaerobica e possiede il potenziale di rivoluzionare il modo in cui si produce l’energia. Tuttavia, deve fare i conti con due inconvenienti, che il progetto DIET, finanziato dall’UE, si prefigge di superare.

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La digestione anaerobica è un processo naturale tramite il quale i microrganismi decompongono i materiali organici. Il suo potenziale è enorme, in particolare alla luce di una crescente e sempre più pressante esigenza di decarbonizzare le nostre società. La digestione anaerobica fa sì che i rifiuti organici non finiscano in discarica, creando biogas per alimentare motori, rendendo i nostri suoli più sani e riducendo le emissioni di metano, attualmente responsabili del 10 % delle emissioni di gas serra totali.

Quindi, potremmo chiederci cosa stiamo aspettando. Per cominciare sono presenti due grandi ostacoli alla digestione anaerobica che i ricercatori devono ancora superare del tutto. «Il primo problema risiede nel fatto che la digestione è sensibile a molti fattori, che la rendono instabile e inefficiente se tali fattori non sono tenuti sotto controllo», afferma Lin Richen, borsista di ricerca del programma Marie Skłodowska-Curie presso l’University College di Cork, in Irlanda. «Il secondo problema è che il digestato prodotto dopo la digestione anaerobica contiene ancora una notevole quantità di carico energetico e di nutrienti. L’assorbimento di tale carico di nutrienti richiede una vasta superficie e, se non viene gestito correttamente, potrebbe provocare l’eutrofizzazione dei corsi d’acqua».

Grazie al finanziamento dell’UE ottenuto nell’ambito del progetto DIET, Richen ha avuto modo di lavorare a una soluzione insieme a Jerry Murphy, direttore del centro MaREI finanziato dalla Science Foundation Ireland. L’obiettivo è rendere la produzione di biogas tramite digestione anaerobica più efficiente di quanto lo sia al momento. Per fare ciò, stanno studiando un processo denominato «trasferimento diretto di elettroni interspecie» (DIET, Direct Interspecies Electron Transfer), che permette la riduzione della dimensione del digestore e la produzione della stessa quantità di biogas.

«Grazie a entrambi questi risultati, è possibile abbassare il costo del gas rinnovabile sostenibile, riuscendo persino a soddisfare le ambizioni dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) di innalzare di 20 volte la produzione del settore del biogas per dare vita a un mondo decarbonizzato», spiega Richen.

Materiali conduttivi in soccorso

In sostanza, il trasferimento diretto di elettroni interspecie aggiunge a un digestore un materiale elettricamente conduttivo, quale il grafene. Il materiale funge da autostrada di elettroni tra i batteri, che producono acidi grassi volatili, e gli archei, che producono il biogas, riducendo così la pressione parziale dell’idrogeno e migliorando l’intero processo di produzione del biogas. Come sottolineato da Richen: «Durante la decomposizione del materiale umido organico in biometano, le reazioni tra batteri e archei possono risultare inefficienti a causa dell’accumulo di idrogeno. Il trasferimento di elettroni interspecie diretto evita che ciò si verifichi».

Nel corso degli ultimi 2 anni, il processo di trasferimento diretto di elettroni interspecie è stato trasformato in una soluzione comprovata, sebbene all’avvio del progetto si partisse da una semplice ipotesi. Si sono confrontate le soluzioni con e senza il materiale conduttivo utilizzando un confronto termodinamico tra sistemi nonché esperimenti di laboratorio per analizzare la produzione di biometano per un ventaglio di materie prime in entrambi gli scenari.

«Al momento possiamo proporre un modello di trasferimento di elettroni diretto basato sul grafene, impiegando una varietà di substrati, tra cui etanolo e glicina, in presenza di temperature di digestione differenti. Ciò getta le basi teoriche per la comprensione dei fattori chiave del trasferimento diretto di elettroni interspecie. La teoria è avallata da esperimenti di laboratorio, che hanno ottenuto tassi di produzione del metano più elevati, comportando un incremento complessivo della sua resa», spiega Richen.

Adoperando la glicina come substrato, l’aggiunta di 1 g/l di grafene ha innalzato del 28 % il tasso di produzione massimo di biometano. Il progetto ha sortito un effetto positivo, spianando la strada a una digestione anaerobica più efficace, e portando avanti ulteriori tentativi per l’applicazione del medesimo principio a materie prime avanzate, quali le alghe marine, utilizzando il pirocarbonio. «Abbiamo già dimostrato che il pirocarbonio è efficace quanto il grafene, sebbene il suo costo sia generalmente 200 volte inferiore», conclude Richen.

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Dettagli del progetto

Acronimo del progetto
DIET
Progetto n.
797259
Coordinatore del progetto: Ireland
Partecipanti al progetto:
Ireland
Costo totale
€ 187 866
Contributo dell'UE
€ 187 866
Durata
-

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