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Costruire una mano protesica migliore

Perdere una mano è invalidante e ha effetti negativi su qualità di vita, indipendenza e mobilità. Ma la maggioranza delle mani protesiche sul mercato offre sensibilità e gamma di movimento limitate. Ciò potrebbe presto cambiare, grazie a un progetto finanziato dall’UE che sta creando gli strumenti necessari a costruire una mano protesica più realistica che migliori le vite dei soggetti amputati.

© Fiorenzo Artoni, 2020

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La perdita di una mano è un evento altamente invalidante che colpisce quasi 3 milioni di persone in tutto il mondo. Per contribuire a mitigare l’impatto della perdita di una mano sulla qualità della vita, i soggetti amputati possono usare un braccio protesico. Tuttavia, questi sono utili solo in base al livello di autenticità della sensazione e della destrezza che offrono, e la maggior parte dei modelli attualmente in commercio non riescono a offrire nessuna delle due cose. Di conseguenza, molti soggetti amputati li rifiutano a causa della loro mancanza di feedback sensoriale e del carico di lavoro cognitivo richiesto per usarli.

Questo potrebbe presto cambiare, grazie a diversi nuovi strumenti per valutare l’attività neurale e muscolare della protesi di mano bionica d’avanguardia promossi dal progetto BIREHAB.

«Perché un arto sia percepito come naturale, dobbiamo essere in grado di controllarlo, ma anche di ricevere ed elaborare tutte le informazioni dal mondo esterno», afferma Fiorenzo Artoni, il coordinatore del progetto BIREHAB ed ex borsista Marie Skłodowska-Curie presso la Scuola politecnica federale di Losanna.

Concentrandosi sul controllo naturale e sull’integrazione del feedback sensoriale, Artoni ha sviluppato strumenti in grado di valutare la «naturalezza» del feedback sensoriale del tatto di una mano protesica. Queste informazioni possono poi essere usate per migliorare il controllo delle protesi di mano, consentendo poi al paziente di «percepire» come con una vera mano.

Comprendere gli stimoli

Il primo obiettivo del progetto era di gettare le basi per la costruzione di una protesi solida a comando mioelettrico che potesse determinare in quale modo gli stimoli tattili siano percepiti dal paziente. Artoni ha pertanto progettato una serie di test basati sull’elettroencefalografia (EEG) per valutare l’attività elettrica del cervello.

Artoni ha poi studiato la capacità della protesi di reagire naturalmente agli stimoli. Per fare ciò, ha condotto un esperimento in cui soggetti amputati e non amputati hanno ricevuto piccoli impulsi elettrici agli avambracci. Ciò gli ha consentito di verificare se l’impulso provocava una sensazione di formicolio nella mano protesica e, osservando l’attività cerebrale del soggetto, verificare se la reazione era simile a quella prodotta con una mano vera in soggetti sani.

«I risultati hanno mostrato chiare differenze tra gli stimoli sull’avambraccio percepiti solo sull’avambraccio e gli stimoli sull’avambraccio percepiti su una mano protesica», spiega Artoni. «È interessante notare che i termini di correlazione neurali erano sorprendentemente simili a quelli ottenuti con una vera stimolazione tattile su soggetti non amputati, che abbiamo fornito facendo scivolare delle griglie sotto le loro dita».

Un modo migliore di misurare l’attività muscolare

Naturalmente, esiste il rovescio della medaglia. Una protesi a comando mioelettrico dev’essere controllata utilizzando segnali elettrici generati dai muscoli del soggetto amputato nella maniera più naturale possibile. Questo, tuttavia, richiede di registrare e analizzare, in tempo reale, l’attività muscolare residua generata nell’avambraccio e di inviare segnali di controllo alla protesi in base all’intenzione del paziente.

A questo punto i problemi principali sono i lunghi tempi di configurazione e la difficoltà di localizzare i muscoli dell’avambraccio con precisione sufficiente a piazzare i sensori correttamente. «Una possibile soluzione è coprire l’intero avambraccio con i sensori», afferma. «Ma qual è il numero ottimale di sensori necessari a ottenere buone prestazioni di decodifica limitando al contempo la complessità dell’hardware?»

Per scoprirlo, Artoni ha studiato il modo in cui il diverso numero di canali influiva sulla qualità della decodifica dei gesti della mano. «Sulla base di questo, ho sviluppato una fascia per elettromiogramma che riduce drasticamente i tempi di registrazione e configurazione, nonché la necessità di localizzare singolarmente ciascun muscolo», aggiunge.

Un’incredibile opportunità di crescita

Sulla base del successo di questi esperimenti, Artoni sta attualmente lavorando al brevetto dell’hardware e delle soluzioni software di BIREHAB. È anche il co-autore di 15 articoli pubblicati in varie riviste professionali ed è intervenuto a una serie di conferenze e workshop.

«La borsa di ricerca Marie Skłodowska-Curie rappresenta davvero un’incredibile opportunità di crescita e sviluppo professionale», conclude Artoni. «Ho ricevuto feedback molto positivi sul mio lavoro e ho trovato quest’esperienza di ricerca incredibilmente piacevole e soddisfacente».

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Dettagli del progetto

Acronimo del progetto
BIREHAB
Progetto n.
750947
Coordinatore del progetto: Switzerland
Partecipanti al progetto:
Switzerland
Costo totale
€ 175 419
Contributo dell'UE
€ 175 419
Durata
-

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