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Speciation in ants: Unraveling the genetic, epigenetic and molecular basis of speciation using wood ants

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Una ricerca svela indizi su come l’ibridazione tra specie potrebbe incentivare la diversità

Sebbene in passato l’ibridazione fosse considerata una vera e propria minaccia alla biodiversità, sempre più prove suggeriscono che non produce sempre risultati negativi: spesso, infatti, si rivela determinante per l’aumento della variazione genetica e la creazione di nuove varietà superiori a quelle antenate, in grado di affrontare meglio le attuali condizioni climatiche.

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La Terra ospita una sconcertante varietà di vita, dai batteri microscopici che proliferano con il freddo nel profondo permafrost dell’Antartico alle volpi della sabbia che abitano i torridi deserti asiatici. Tutte le specie sono interconnesse in una fragile rete di vita chiamata biodiversità e comprendere come se ne sviluppi una quantità straordinariamente vasta costituisce un grande enigma evolutivo.

Comprendere i meccanismi genetici che promuovono la speciazione

Nello stesso modo in cui le mutazioni geniche e il flusso di geni spiegano in gran parte la variazione genetica tra le specie, è risaputo che la speciazione, processo in cui un gruppo presente all’interno di una specie si separa dagli altri membri e sviluppa le proprie caratteristiche uniche, sostiene la formazione di nuove specie. Nonostante i progressi compiuti in questo campo, i geni alla base di questa procedura di isolamento riproduttivo e i loro meccanismi di azione sono tuttora sconosciuti. Jonna Kulmuni, la coordinatrice del progetto SpecIAnt che ha ricevuto finanziamenti dal programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, svela alcuni indizi sui meccanismi genetici elusivi che incentivano la speciazione. «Una migliore comprensione di come emergono nuove specie potrebbe illuminarci sui fattori che portano alla loro estinzione, nonché sui modi attraverso i quali contrastare la perdita di biodiversità», osserva.

Non tutte le barriere ai flussi genici sono stabili nel corso del tempo

Kulmuni e il suo team hanno impiegato le formiche rosse specializzate nella costruzione di tumuli come sistema modello per l’analisi della genomica relativa a speciazione e ibridazione. «Dieci anni di dati ricavati dagli studi sulla popolazione di specie ibride e parentali dimostrano che la selezione naturale agisce su maschi e femmine in modo differente. Nella nostra analisi abbiamo individuato diverse regioni genomiche candidate, chiamate barrier loci, che impediscono il flusso genico tra le specie divergenti. A differenza degli studi svolti in precedenza, abbiamo testato la stabilità di queste regioni nel corso del tempo. Con nostra sorpresa abbiamo scoperto che una parte di questi barrier loci non è più stabile dopo dieci anni: sembra che la selezione naturale passi dal contrastare all’agevolare l’introgressione, ovvero l’introduzione di geni dal patrimonio genico di una specie a quello di un’altra», spiega Kulmuni.

Un risultato che stravolge l’attuale comprensione della diversità genetica

Spingendosi un passo in avanti, Kulmuni e la sua squadra hanno approfondito le tipologie di variabili ambientali che potrebbero spiegare questa variazione a livello temporale. In particolare, i ricercatori hanno analizzato le modalità con cui la temperatura è in grado di plasmare la variazione genetica in una popolazione ibrida mediante l’utilizzo di due specie di formiche rosse, Formica polyctena e Formica aquilonia, avvalendosi di dati genetici di lungo termine sulle loro popolazioni, riferiti a un periodo di 14 anni. «Abbiamo rilevato che le frequenze di entrambi gli alleli simili a quelli delle formiche genitrici nella popolazione ibrida variavano con la temperatura nel corso del tempo nei maschi, ma non nelle femmine», evidenzia Kulmuni. La selezione naturale favorisce le varianti genetiche nelle specie parentali che vivono più a nord negli anni freddi, mentre gli alleli provenienti dalle specie parentali stabilite più a sud sono caratterizzati da una maggiore frequenza negli anni caldi. «È sorprendente notare come la selezione naturale sia in contrasto alle nostre aspettative, in quanto promuove l’introgressione nei maschi. L’ibridazione può portare a esiti specifici in base al sesso che dipendono da fattori ecologici», osserva Kulmuni. Come riportato in uno degli articoli del progetto, «l’ibridazione era sino ad ora ritenuta un processo che contrasta la speciazione. Tuttavia, i nostri risultati suggeriscono la possibilità che l’ibridazione incentivi la biodiversità: essa promuove infatti la variazione genetica, che potrebbe aiutare le formiche ad adattarsi alla variazione delle temperature e ad affrontare le condizioni atmosferiche estreme».

Parole chiave

SpecIAnt, speciazione, ibridazione, variazione genetica, selezione naturale, biodiversità, formica rossa, introgressione

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