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Matter and strong-field gravity: New frontiers in Einstein’s theory

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Una ricerca fornisce segnali rilevatori della materia oscura e delle tracce dei buchi neri nelle onde gravitazionali

Sempre più prove suggeriscono che il nostro Universo potrebbe essere ricoperto da buchi neri, il che li renderebbe i tanto agognati candidati alla materia oscura nascosta sotto mentite spoglie. Un team di scienziati finanziato dall’UE sta analizzando le impronte lasciate da questi oggetti enigmatici.

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La scoperta epocale della prima prova diretta che dimostra l’esistenza delle onde gravitazionali, o increspature dello spazio-tempo, prodotte dalla collisione di due buchi neri fornisce una preziosa nuova finestra sulla fisica esotica in atto durante i primi momenti oscuri dell’Universo. Le onde gravitazionali potrebbero chiarire profondi misteri come, ad esempio, la natura della materia oscura. Per di più, esse potrebbero offrire un modo per inserire la gravità all’interno della meccanica quantistica. La gravità quantistica solleverebbe interrogativi affascinanti: una descrizione classica dei buchi neri quantici continuerebbe a rappresentare una buona approssimazione? «Alcuni effetti quantistici potrebbero persino impedire la stessa formazione dei buchi neri», osserva Vitor Cardoso, coordinatore del progetto MaGRaTh, finanziato dall’UE. MaGRaTh è stato istituito allo scopo di effettuare previsioni precise di tutti questi fenomeni fisici fondamentali che potrebbero essere testati mediante l’impiego di dati relativi alle onde gravitazionali.

I buchi neri esistono davvero?

Le osservazioni di oggetti astrofisici dotati di intensi campi gravitazionali e, pertanto, di grandi curvature dello spazio-tempo potrebbero indicare la presenza di nuovi campi fondamentali e di particelle non ancora scoperte. La ricerca di risposte relative alla fisica alla base dei campi gravitazionali intensi ha guidato lo studio svolto da MaGRaTh nelle zone di confine che separano i buchi neri dalla materia oscura. «Abbiamo concentrato l’attenzione sulla comprensione delle modalità di comportamento dei campi gravitazionali intensi quando si trovano in prossimità di oggetti massicci, quali i buchi neri. I dati relativi alle onde gravitazionali dimostrano veramente la presenza dei buchi neri? In caso affermativo, come risponde la materia quando si trova vicino a questi oggetti massicci?», chiede Cardoso. Se i buchi neri esistono davvero, dovrebbero rappresentare il laboratorio perfetto per lo studio dell’ambiente circostante. «Essi potrebbero fungere da ideali rivelatori di nuove tipologie di materia che si aggiungono alla gravitazione provocata dalla materia visibile, potendo arrivare a costituire in effetti la materia oscura nascosta», aggiunge Cardoso.

Escludere i fenomeni simili ai buchi neri

MaGRaTh ha riportato alcuni risultati sorprendenti, in grado di dimostrare l’effettiva coincidenza tra gli oggetti massicci che emettono le onde gravitazionali e i buchi neri. «I buchi neri sono noti per la propria capacità di ingoiare la luce, o qualsiasi altra cosa incontrino nel loro percorso. Questo destino, tuttavia, attende la radiazione e le particelle che vengono risucchiate oltre un punto chiamato l’orizzonte degli eventi», spiega Cardoso. L’esistenza di un orizzonte degli eventi è la differenza distintiva tra i buchi neri e gli oggetti esotici compatti che sembrano agire come tali. «Abbiamo scoperto che i fenomeni simili ai buchi neri producono “eco” nelle onde gravitazionali emesse. Questi segnali eco sono versioni più deboli dell’impulso principale e si caratterizzano per avere uno spettro di frequenza differente. È importante notare che essi costituiscono la prova decisiva dell’esistenza di fenomeni simili ai buchi neri.»

Risolvere le equazioni di Einstein per scoprire nuove forme di materia

Partendo da questi fenomeni simili ai buchi neri che emergono tra i dati relativi alle onde gravitazionali, i ricercatori si sono avvalsi delle equazioni di Einstein per descriverne il comportamento e approfondirne le differenze rispetto ai buchi neri. Compiendo un ulteriore passo avanti, Cardoso e il suo team hanno condotto simulazioni allo scopo di effettuare una modellizzazione delle modalità attraverso cui la materia non convenzionale si comporta in vicinanza dei buchi neri. «Se esistono nuove forme di materia, qual è l’impronta che esse lasciano sui buchi neri?», si chiede Cardoso. Si tratta di una domanda entusiasmante, ma di difficile risposta: le equazioni di Einstein non sono lineari e diventano molto più complesse quando non si utilizza alcuna approssimazione per risolverle. I risultati del progetto in merito alle interazioni tra la materia oscura e i buchi neri sono riportati in numerose pubblicazioni. «Un risultato sorprendente ha riguardato il fatto che determinate tipologie di materia possono risucchiare quasi tutta l’energia di rotazione dei buchi neri, provocandone davvero un rallentamento!», osserva Cardoso. I dati ricavati da MaGRaTh forniscono chiari segni di una nuova fisica. La ricerca sembra rafforzare quanto sostenuto dal team di ricerca in merito all’effettiva presenza dei buchi neri e potrebbe infine aiutare gli astronomi a scoprire o escludere i candidati alla materia oscura. «Le simulazioni effettuate mediante supercomputer svolgono una gran parte del nostro lavoro, ma per quanto concerne l’aspetto immaginativo e i relativi svolgimenti, le conseguenze restano interamente nelle nostre mani!», conclude Cardoso.

Parole chiave

MaGRaTh, buchi neri, materia oscura, onda gravitazionale, fenomeni simili ai buchi neri, segnale eco

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