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All-optical brain-to-brain behaviour and information transfer

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Nuovi approfondimenti sulle potenzialità dell’optogenetica

La ricerca ha dimostrato che la luce può essere utilizzata come intervento neuromodulatorio per migliorare il recupero delle funzioni compromesse dopo un ictus.

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Per comprendere il funzionamento del cervello è necessario iniziare dall’immaginografia, ma lo studio di funzioni cerebrali più complesse richiede una tecnologia avanzata molto superiore all’attuale stato dell’arte. Iniziative come il progetto BrainBIT, finanziato dall’UE, aiutano a colmare questa lacuna. Il progetto ha l’obiettivo ambizioso di utilizzare la luce per trasferire gli schemi di attività neuronale rilevanti per il comportamento tra soggetti diversi, e si propone di sviluppare tecnologie ottiche in grado di leggere e contemporaneamente controllare l’attività neuronale, in animali come le larve di pesce zebra e i topi.

Eccitazione a due fotoni per una separazione spettrale migliore

Non sorprenderà che raggiugere questo obiettivo sia stato ancora più difficile del previsto. «Dal momento che le lunghezze d’onda cerebrali usate per l’eccitazione in fluorescenza e per la stimolazione optogenetica erano troppo vicine, rischiavamo di compromettere una corretta separazione delle due funzioni», spiega Francesco Pavone, fisico dell’Università di Firenze e coordinatore del progetto BrainBIT. Per ovviare a questo ostacolo, i ricercatori sono passati da un’eccitazione a fotone singolo a una versione a due fotoni, sia per l’eccitazione in fluorescenza che per la stimolazione optogenetica. «Poiché l’eccitazione a due fotoni richiede una lunghezza d’onda quasi doppia rispetto alla versione a singolo fotone, abbiamo potuto garantire una separazione spettrale migliore», afferma Pavone. Il progetto ha ricevuto il sostegno del Consiglio europeo della ricerca.

La luce come intervento neuromodulatore per l’ictus

Utilizzando il processo di eccitazione a due fotoni, il progetto ha costruito un sistema ottico all’avanguardia in grado di fornire in poco tempo immagini funzionali dell’intero encefalo del pesce zebra allo stadio larvale e di offrire un’optostimolazione contemporanea degli schemi neuronali arbitrari. «Siamo riusciti a utilizzare il sistema per registrare attacchi epilettici e descrivere, per la prima volta, uno schema di propagazione particolare, simile a un’onda che attraversa il cervello larvale», osserva Pavone. Sfruttando un secondo strumento ottico, il team di ricerca ha usato la stimolazione optogenetica come intervento terapeutico preclinico nei topi colpiti da ictus. «Ciò dimostra che è possibile utilizzare la luce in modo efficiente come intervento neuromodulatorio per migliorare il recupero delle funzioni compromesse dopo un ictus», aggiunge Pavone.

Convertire i risultati in dati ad accesso aperto

Nonostante il progetto BrainBIT sia giunto al termine, Pavone ha piani ambiziosi per l’utilizzo dei risultati raggiunti. «Crediamo che le tecnologie sviluppate nel corso del progetto siano di grande aiuto per altri neuroscienziati e vogliamo incoraggiarne un’ampia adozione», afferma il ricercatore. «Per questo motivo, intendiamo ri-progettare i sistemi ottici in moduli ottici ad accesso aperto costruibili da chiunque autonomamente, riducendo così i costi di accesso a queste tecnologie d’avanguardia.» Pavone è inoltre impegnato a migliorare ulteriormente il sistema di immaginografia rapida del progetto e intende collaudare l’optogenetica come intervento preclinico per bloccare l’attività neuronale anomala dei pesci zebra nelle prime fasi, prima che insorga un vero e proprio attacco epilettico. Infine, desidera scoprire se il sistema di immaginografia possa essere utilizzato simultaneamente per registrare l’attività cerebrale e del cuore.

Parole chiave

BrainBIT, neuroscienziati, optogenetica, ictus, cervello, immaginografia attività neuronale, tecnologie ottiche, lunghezze d’onda cerebrali, eccitazione in fluorescenza, stimolazione optogenetica, attacchi epilettici

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