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Unraveling the origin of the Initial Mass Function

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L’apprendimento automatico illumina il palcoscenico celeste svelando nuovi oggetti nel cosmo affollato

Grazie all’apprendimento automatico, la ricerca finanziata dall’UE ha scoperto connessioni sfuggenti tra le stelle degli ammassi e misteriosi pianeti fluttuanti.

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Le stelle, nate dalla frammentazione e dal collasso gravitazionale di nubi molecolari, si formano a partire da ammassi di oggetti celesti che condividono una connessione cosmica. Questo processo solleva interessanti questioni. Com’è distribuita la massa in tali ammassi? La quantità di stelle massicce è pari a quelle di massa ridotta? E che dire delle enigmatiche nane brune, minuscoli oggetti celesti non abbastanza grandi per innescare la fusione dell’idrogeno nel nucleo? Un passo cruciale per chiarire questi misteri del cosmo è contare le stelle in un ammasso. Il compito, tuttavia, è complicato dalla sovrapposizione di varie stelle sullo sfondo e in primo piano nelle rappresentazioni astronomiche. Anche l’importante missione spaziale Gaia non è in grado di individuare le stelle più deboli degli ammassi (le nane brune) e i suoi strumenti di rilevazione della luce visibile non riescono ad attraversare la polvere intorno agli ammassi stellari più giovani.

Superare gli ostacoli con l’apprendimento automatico

Per far fronte a queste sfide è entrato in scena il progetto COSMIC-DANCE, finanziato dall’UE. «Misurare il movimento delle stelle nel cielo è complicato, perché i loro minuscoli movimenti sono paragonabili alla dimensione angolare di una moneta posizionata in cima alla Torre Eiffel e osservata da New York», spiega il coordinatore del progetto Herve Bouy. «Invece di aspettare decenni perché le telecamere a terra rilevassero questi moti, abbiamo scelto di utilizzare le molte immagini disponibili negli archivi astronomici.» Sfruttando l’apprendimento automatico fin dall’inizio del progetto, il team ha affrontato, con ottimi risultati, l’arduo compito di elaborare decine di migliaia di immagini della volta celeste, pari a molti terabyte di dati grezzi. A complicare le cose si erano aggiunti vari difetti nelle immagini, come pixel morti o saturi, e raggi cosmici o striature provocate dalla presenza di satelliti. Data la vastità del set di dati, il team ha addestrato una rete neurale convoluzionale (un modello di intelligenza artificiale che si occupa di riconoscere e comprendere i modelli visivi) per rilevare i difetti delle immagini senza supervisione umana. «Abbiamo addestrato la rete a cercare difetti nelle immagini astronomiche, invece che a eseguire compiti artificiali comuni come l’identificazione di gatti o persone su Internet.» Il gruppo di ricerca è riuscito a individuare tutti i pixel o i fotogrammi problematici, sfruttando al massimo il set di dati esistente. Ma misurare il movimento delle stelle era solo la prima sfida. «Dopo aver rilevato il moto, la luminosità e i colori di decine di milioni di stelle nelle immagini a nostra disposizione, abbiamo dovuto identificare le poche migliaia di oggetti appartenenti all’ammasso, distinguendoli da decine di milioni di stelle. Abbiamo quindi sviluppato nuovi metodi basati sull’apprendimento automatico e sulla statistica bayesiana per identificare con precisione tutte le stelle del nostro set di dati multidimensionale», aggiunge Bouy.

Misteriosi corpi celesti vagano nel cielo

Uno dei risultati più degni di nota del progetto è stata la scoperta di una quantità compresa tra 70 e 170 pianeti fluttuanti. Questi oggetti hanno la massa di un pianeta, ma non sono legati a nessuna stella e si spostano liberamente per la galassia. La loro esistenza è nota dalla fine degli anni novanta del secolo scorso, grazie a rilevamenti indiretti eseguiti con il microlensing, ma solo pochi sono stati fotografati direttamente. Anche il loro numero esatto in un determinato ammasso era perlopiù sconosciuto. «Per la prima volta, abbiamo identificato con certezza un ampio campione di pianeti fluttuanti in una regione di formazione stellare. Questo risultato ha implicazioni rilevanti per la formazione delle stelle e dei pianeti, nonché per le teorie sull’evoluzione dei primi pianeti», osserva Bouy.

L’innovazione trainata dall’apprendimento automatico segna il futuro dell’astronomia

Bouy spiega: «Stiamo continuando a sviluppare strumenti software per la nostra ricerca e per chiunque sia interessato a utilizzarli (sono liberamente disponibili su GitHub.» «Nello spazio i raggi cosmici sono numerosi e influenzano le osservazioni ricavate dalle missioni spaziali. MaxiMask, lo strumento di intelligenza artificiale per rilevare i difetti nelle immagini, può essere impiegato in modo efficiente per le missioni spaziali in corso o future, come la missione europea Euclid recentemente avviata, o per i telescopi spaziali Hubble e James Webb. Sarà inoltre fondamentale per le indagini a terra su cui influiscono le nuove costellazioni di satelliti a bassa orbita (come Starlink), che disturbano notevolmente le osservazioni astronomiche», conclude Bouy.

Parole chiave

COSMIC-DANCE, apprendimento automatico, ammassi stellari, immagini astronomiche, Gaia, rete neurale convoluzionale, statistica bayesiana

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