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New Medicines for Trypanosomatidic Infections

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Verso nuove opzioni di trattamento per le infezioni tripanosomatidiche

Provocate da parassiti simili, la Leishmaniosi, la tripanosomiasi africana umana (Human African trypanosomiasis, HAT) e il morbo di Chagas richiedono tutti urgentemente trattamenti più efficaci. I partner del progetto NMTRYPI hanno individuato un nuovo farmaco candidato che potrebbe migliorare notevolmente i risultati per i pazienti.

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Nei paesi in cui queste tre malattie sono endemiche, i pazienti hanno opzioni terapeutiche molto limitate. Le attuali chemioterapie per le infezioni tripanosomatidiche sono altamente tossiche e portano spesso a recidive. I medicinali utilizzati per combattere la Leishmaniosi hanno molti limiti e vengono utilizzati anche negli animali, con timori crescenti per l'insorgenza di possibili resistenze. I medicinali per il morbo di Chagas risalgono a oltre 40 anni fa e, da allora, non sono stati migliorati. Il progetto NMTRYPI (New Medicines for Trypanosomatidic Infections) ha sviluppato nuovi prototipi per le tre infezioni, con l'obiettivo di trovare composti meno tossici e più efficaci, idonei all'impiego orale. Il team ha approfondito il potenziale di un medicinale candidato per la cura di più di un'infezione tripanosomatidica e ha testato varie combinazioni di composti in relazione a nuovi obiettivi farmacologici. “Abbiamo sviluppato quattro serie di composti principali, testando oltre 11 000 estratti di origine naturale,” dichiara la coordinatrice del progetto, la prof.ssa Maria Paola Costi, dell'Università di Modena e Reggio Emilia. “Grazie a varie strategie sistematiche, abbiamo selezionato gli spunti più idonei per il testing avanzato sugli animali, sviluppando programmi di trattamento specifici per i parassiti tripanosomatidi.” Contro la febbre nera Uno dei risultati più rilevanti del progetto, probabilmente, è stata la scoperta di un possibile medicinale per la leishmaniosi viscerale, chiamata anche “febbre nera”. Il farmaco è stato convalidato in tre specie animali, topi, criceti e cani. I risultati ottenuti sui cani sono stati così promettenti che gli animali sono sopravvissuti, sono stati adottati e sono tuttora sottoposti a monitoraggio. A quasi 9 mesi di distanza dal trattamento, tutti gli animali sono in buona salute e non hanno mostrato segni di recidiva. I risultati sono stati così incoraggianti che il team ha deciso di procedere con l'esplorazione preliminare sulle scimmie. “Abbiamo avuto la possibilità di testare il composto in uno studio sulle scimmie, grazie alla collaborazione sinergica con KINDRED, un altro progetto finanziato dal programma FP7,” spiega la prof.ssa Costi. Lo svolgimento dei test sulle scimmie prima degli studi clinici di fase I presenta diversi vantaggi: l'anatomia e la fisiologia di questi animali è simile a quella degli esseri umani, l'infezione da della Leishmania è associata a un profilo simile di diffusione dei parassiti ed è possibile eseguire un'analisi dei tessuti profondi. Le scimmie, inoltre, presentano un meccanismo di clearance dei farmaci simile a quello degli uomini. “La soppressione immunitaria è associata al riemergere della leishmaniosi viscerale, perciò la comprensione della risposta immunitaria ottenuta con la terapia farmacologica riveste un interesse cruciale. La valutazione dei marcatori surrogati di immunità nei modelli sperimentali ci ha permesso di considerare i fattori che conferiscono la protezione. Possiamo utilizzare un nuovo farmaco con proprietà modulatorie immunitarie o formulato con i componenti appropriati per il controllo della malattia,” aggiunge la prof.ssa Costi. Nella sua forma presente, il nuovo candidato farmacologico presenta un bilancio di efficacia e di tossicità superiore a quello del trattamento orale attualmente disponibile, il Miltefosine. Inoltre, si è rivelato efficace anche contro l'HAT di fase II. “È la prima volta che un composto somministrato per via orale riesce a superare la barriera encefalica e ha le potenzialità per essere impiegato nella fase II della malattia del sonno. Questa prospettiva apre la via alla prima terapia combinatoria orale contro il Trypanosoma brucei. Inoltre, abbiamo la concreta possibilità di utilizzare lo stesso composto per più malattie di origine parassitaria,” commenta la prof.ssa Costi. Oltre al nuovo candidato farmacologico, il progetto ha contribuito a identificare circa 20 composti attivi contro il T. brucei e contro varie specie di Leishmania in vitro, le cui proprietà li rendono tutti idonei al test sugli animali. Come verifica delle basi concettuali di questo approccio è stata proposta la somministrazione di una combinazione di composti contro i nuovi obiettivi. La prof.ssa Costi si augura che i pazienti possano presto trarre vantaggio dai risultati del progetto. “Lo sviluppo di un nuovo farmaco è un processo lungo, rischioso e costoso ma, se tutto va per il meglio, gli studi di fase I potrebbero iniziare fra circa tre anni.” Nel frattempo, il consorzio continuerà a richiedere i finanziamenti per il follow-up, nell'ambito dei programmi quadro di ricerca dell'UE o presso altri enti. “Tra di essi, ci rivolgiamo in particolare agli stakeholder interessati, come le aziende farmaceutiche,” conclude la prof.ssa Costi.

Parole chiave

NMTRYPI, infezione della Leishmania, febbre nera, chemioterapia, infezioni tripanosomatidiche, leishmaniosi viscerale, morbo di Chagas, farmaco candidato

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