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Toward a new generation of Ecological Assessment tools for the Management Coastal environment

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Strumenti basati sul DNA migliorano la gestione delle coste marine

Alcune nuove tecniche basate sul DNA si sono dimostrate adatte a registrare con precisione l’impatto delle attività umane sulla biodiversità marina. Ciò potrebbe portare a processi decisionali più consapevoli e a una migliore tutela delle regioni costiere vulnerabili.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

Circa il 60 % della popolazione umana mondiale vive in zone costiere o nelle immediate vicinanze. In alcuni paesi, come l’Australia, questa cifra si avvicina all’85 %. Come conseguenza inevitabile, le pressioni esercitate sulle aree marine costiere possono diventare estreme. «Gli ambienti costieri ospitano insiemi di specie unici e svolgono funzioni fondamentali», osserva Johan Pansu, docente presso l’Università di Montpellier, in Francia, e coordinatore del progetto TEAM-Coast. «Tra queste vi sono servizi ecosistemici come la depurazione dell’acqua e la cattura del carbonio. Le paludi salmastre e le mangrovie, per esempio, catturano una quantità enorme di carbonio atmosferico.» Le aree costiere sono anche vitali per l’economia, poiché mantengono la pesca e spesso hanno un ruolo chiave nel turismo. «Fondamentalmente, sono aree ad alta densità di popolazione, che forniscono servizi unici all’umanità», afferma Pansu. «Ecco perché dobbiamo trovare il modo di ridurre il nostro impatto.»

Monitorare la biodiversità marina

Il progetto TEAM-Coast, coordinato dal Centro nazionale francese per la ricerca scientifica e realizzato con il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, aveva come obiettivo lo sviluppo di nuovi metodi per valutare l’impatto delle attività umane sulla biodiversità marina. «L’impatto di tali attività è stato spesso difficile da rilevare», spiega Pansu. «In molti casi, le osservazioni erano circoscritte a un numero limitato di specie. Studiare i pesci e i crostacei è utile, ma c’è il rischio di lasciare indietro una grande porzione di biodiversità.» Anche l’integrazione di diversi fattori di pressione sulla biodiversità si è rivelata problematica. «La maggior parte delle valutazioni d’impatto prende in esame un contaminante o un fattore di pressione alla volta», afferma Pansu. «Tuttavia, questo approccio ignora le interazioni e gli effetti combinati potenziali.» Il progetto TEAM-Coast ha cercato di ovviare a questi problemi utilizzando strumenti basati sul DNA e la modellizzazione statistica. «Tutti gli organismi viventi rilasciano piccole quantità di DNA», spiega Pansu. «Così, un po’ come la polizia scientifica, abbiamo raccolto campioni ambientali, per lo più sedimenti e acqua in questo caso, e da essi abbiamo estratto il DNA.» I campioni sono stati raccolti al largo dello stato australiano del Queensland, sede della Grande Barriera Corallina e di un’incredibile varietà di biodiversità marina. Sono stati riconosciuti e sequenziati in laboratorio i frammenti di DNA, chiamati codici a barre, in grado di fornire informazioni sull’identità delle specie. I codici a barre sono stati poi confrontati con i database di riferimento esistenti. «Questo approccio permette in teoria di caratterizzare la diversità di tutte le forme di vita, dai batteri agli animali, senza catturare o preselezionare alcun campione specifico», aggiunge Pansu. Nella seconda parte del progetto il team ha applicato questi dati a modelli statistici. «Volevamo essere in grado di soppesare l’impatto di diversi stress, come agenti inquinanti e pesticidi, sulla biodiversità», spiega Pansu. «Il nostro obiettivo è sviluppare un modello che possa essere utilizzato in altri contesti ambientali.»

Misurare l’impatto umano

Il risultato più importante del progetto TEAM-Coast è stato dimostrare l’efficacia dell’approccio basato sul DNA nella misurazione dell’impatto sulla biodiversità. La tecnica sviluppata ha permesso a Pansu e al suo team di caratterizzare e studiare praticamente tutte le comunità all’interno di un campione (batteri, piante, pesci, crostacei ecc.) in modo esaustivo, rapido ed efficiente in termini di costi. «Ora potremmo usare questi dati per realizzare modelli semi-predittivi», aggiunge. «Proponendo di ridurre, ad esempio, la contaminazione da pesticidi della metà, possiamo prevedere quale potrebbe essere il cambiamento atteso in termini di biodiversità.» Questo strumento potrebbe quindi aiutare i responsabili della gestione ambientale e i legislatori a comprendere meglio l’equilibrio tra la salute dell’ecosistema e l’attività umana, nonché a prendere decisioni più informate che tengano conto delle questioni ambientali. Lo strumento potrebbe essere utilizzato anche per il monitoraggio continuo, per garantire che le aree costiere europee di estrema importanza, e vulnerabilità, continuino a prosperare.

Parole chiave

TEAM-Coast, marino, biodiversità, costa, carbonio, mangrovia, DNA

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