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The role of minerals in the oceanic carbon cycle

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I minerali potrebbero essere la chiave per sbloccare il carbonio blu

Una nuova ricerca dimostra che, nel corso della storia della Terra, alcuni minerali hanno svolto un ruolo nella conservazione del carbonio organico nei sedimenti marini: una scoperta potenzialmente importante per migliorare in futuro le riserve di carbonio blu della Terra.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

Al carbonio blu (il carbonio immagazzinato negli ecosistemi costieri e marini, compresi i sedimenti dei fondali marini) è stato riconosciuto un ruolo di primo piano nel limitare l’impatto dei cambiamenti climatici. Tuttavia non è ben chiaro come il carbonio organico, derivato da organismi un tempo viventi, non venga scomposto dai microbi per conservarsi nei sedimenti nel corso di milioni di anni. «Il fatto che si sia conservato del carbonio organico è davvero sorprendente», osserva Caroline Peacock, coordinatrice del progetto MINORG e docente di biogeochimica presso la facoltà di scienze della terra e dell’ambiente dell’Università di Leeds, nel Regno Unito. «Il nostro progetto ha quindi cercato di scoprire cosa provoca il seppellimento del carbonio nei sedimenti e quanto siano importanti i minerali in tale processo.» «Si tratta di un aspetto importante perché il seppellimento del carbonio nei sedimenti contribuisce a regolare il clima a lungo termine sulla Terra», spiega la docente. «Su lunghe scale temporali, il seppellimento di carbonio organico nei sedimenti determina anche l’accumulo di ossigeno nell’atmosfera.» Ma anche su scale temporali più brevi, «ogni briciola di carbonio seppellita nei sedimenti è in qualche misura bloccata lontano dall’atmosfera.»

Esperimenti per determinare l’associazione dei minerali

Minerali simili a quelli presenti nei sedimenti marini sono stati sintetizzati in laboratorio, per esaminare i meccanismi con cui i diversi tipi di carbonio presenti nell’ambiente marino si associano ad essi. «Abbiamo esaminato esattamente come una specifica molecola di carbonio si attacca a una superficie minerale», spiega Peacock. È stato dimostrato che i minerali presenti nei sedimenti marini, in particolare quelli composti da ferro e manganese, bloccano il carbonio organico e lo proteggono dalla degradazione. In laboratorio sono anche state analizzate e quantificate le variazioni di temperatura, salinità, pH e altri parametri. Dice Peacock: «Volevamo capire la stabilità di questi meccanismi di attaccamento, ad esempio se sopravvivono al seppellimento nei sedimenti o ai diversi cambiamenti chimici o biologici che si verificano durante il seppellimento». «Siamo arrivati alla conclusione che il tipo di carbonio più importante per la conservazione e il seppellimento è quello ricco di carbossili», osserva la docente. Questo deriva dalla scomposizione del fitoplancton marino. «Il carbonio carbossilico è fortemente associato ai minerali perché le forze di attrazione tra il carbonio e i minerali sono molto elevate e permangono per tutti i cambiamenti biologici, probabilmente a lungo termine nella storia della Terra.»

Modello biogeochimico di simulazione dei fondali oceanici

Il progetto, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca, ha ideato un modello predittivo partendo da zero. «Abbiamo messo insieme tutti questi processi registrati in un modello biogeochimico, una sorta di simulazione del fondo oceanico, che abbiamo potuto utilizzare per prevedere il ciclo del carbonio tra i sedimenti e l’acqua marina», osserva Peacock. «Il nostro modello mostra che circa il 60 % di tutto il carbonio che viene seppellito è carbonio associato a minerali come ferro e manganese che, nell’oceano moderno, possono cambiare da un luogo all’altro, per non parlare di tempi lunghi.» «Se la disponibilità di ferro controlla il seppellimento del carbonio, allora questo varierà perché sappiamo che la disponibilità di ferro ha subito drastiche variazioni nel corso della storia della Terra», spiega la docente, sottolineando che «ciò ha grandi implicazioni per il clima, l’ossigenazione e persino l’evoluzione biologica».

Geopolimerizzazione

Nel corso del progetto si è anche scoperto che, in determinate circostanze, il carbonio presente nei sedimenti si trasforma in un tipo di carbonio altamente non reattivo. «La chiamiamo geopolimerizzazione, in cui forme relativamente semplici di carbonio si polimerizzano, si legano insieme per formare molecole molto più grandi e molto stabili», spiega Peacock. «Attraverso una modellizzazione abbiamo dimostrato che senza questo seppellimento di carbonio geopolimerizzato le temperature della superficie terrestre sarebbero state molto diverse e anche l’ossigenazione del pianeta sarebbe stata diversa per molti, molti milioni di anni. È stata una cosa piuttosto grande», aggiunge. Mentre il progetto si concentrava sul modo in cui tutto ciò ha modellato il pianeta nel corso della storia, Peacock osserva che c’è interesse a manipolare tali processi per migliorare le riserve di carbonio blu in futuro.

Parole chiave

MINORG, carbonio blu, sedimenti del fondale marino, sedimenti, clima, ferro, manganese, carbonio carbossilico, modello biogeochimico, fondale oceanico, ciclo del carbonio, evoluzione, geopolimerizzazione

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