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Contenuto archiviato il 2022-12-07

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Il futuro si trova in Canada?

Immaginate un mondo nel quale l'acqua sia divenuta una materia prima fondamentale, le fonti di energia derivanti da combustibili fossili si siano quasi esaurite e l'attenzione nei confronti dell'ambiente sia divenuta di vitale necessità. Tale è lo scenario che deve avere in m...

Immaginate un mondo nel quale l'acqua sia divenuta una materia prima fondamentale, le fonti di energia derivanti da combustibili fossili si siano quasi esaurite e l'attenzione nei confronti dell'ambiente sia divenuta di vitale necessità. Tale è lo scenario che deve avere in mente chi partecipa ad un progetto energetico internazionale per il quale saranno necessari ancora diversi decenni prima di vedere produrre i suoi frutti. Sapere quale sarà la sua esatta collocazione nel mondo del futuro, contrassegnato dal cambiamento, è una condizione essenziale per la buona riuscita di uno dei progetti scientifici più a lungo termine, ovvero il progetto di fusione ITER di un reattore sperimentale termonucleare internazionale. Ed è proprio in questo modo che l'immaginazione di Peter Barnard deve funzionare. Barnard, presidente e direttore generale di ITER Canada, un consorzio canadese al quale partecipa un'organizzazione senza scopo di lucro che opera con il sostegno del governo federale canadese, del settore privato, nonché delle organizzazioni locali e sindacali, ha recentemente cercato di riscuotere il consenso dell'Europa in merito al progetto ITER-Canada volto ad insediare il centro di ricerca sulla fusione nell'Ontario. Il calendario del progetto prevede che le candidature per ospitare la sede della struttura debbano pervenire entro il mese di aprile del 2000 e che la decisione finale in merito alla sua ubicazione venga presa alla fine dell'anno seguente. Entro breve ITER-Canada manifesterà ufficialmente il proprio interesse al commissario europeo responsabile per la Ricerca Philippe Busquin. Il quadro di fondo è semplice. A giudizio di Barnard, il progetto ITER può essere collocato allo stesso livello di alcuni dei maggiori progetti che in passato hanno condotto alle più innovative scoperte in campo scientifico. Esso potrebbe apportare una fonte di energia sostenibile, sicura e rinnovabile in un mondo che, nel momento in cui il progetto sarà operativo, ne avvertirà il bisogno. La natura globale della sua applicazione ha fatto di ITER un progetto internazionale fin dal principio, ma questo è stato uno dei fattori che ne ha ritardato l'attuazione. A causa degli alti e (soprattutto) dei bassi dell'economia dei paesi coinvolti, è stato necessario ridurre il progetto. Stati Uniti, Russia, Europa e Giappone partecipavano tutti al piano di sviluppo del progetto ITER. Tuttavia, a seguito della decisione degli USA di ritirarsi dal progetto e a causa del perdurare della crisi dell'economia giapponese, Europa e Russia si ritrovarono con un gravoso carico sulle spalle. Da un punto di vista economico, tale situazione mise a repentaglio il progetto, per il quale, invece di accantonarlo, si decise di ridurlo ad una versione più modesta, ITER-FEAT. Poiché è in grado di offrire due ubicazioni che soddisfano molti dei requisiti richiesti, negli ultimi anni il Canada ha lavorato intensamente ad un piano per poter ospitare la sede del progetto ITER-FEAT. Se riusciranno nel loro intento, una delle prime cose che forse faranno i canadesi sarà cambiare il nome del progetto, visto che il nome ITER-FEAT non riscontra il favore di Barnard. "Abbiamo bisogno di un nuovo marchio perché in sostanza INTER-FEAT non piace a nessuno e un nome simile offre ai giornalisti troppi spunti di divertimento!" I canadesi hanno ottime possibilità di ospitare il progetto e di questo ne sono consapevoli. Il Giappone è l'unico paese ad avere proposto delle località in grado di competere con le loro, ma il Canada viene dato come favorito per numerose ragioni. Il Giappone propone tre possibili ubicazioni per il progetto ITER-FEAT. Tuttavia, una di queste si trova proprio nella stessa zona di Tokaimura, dove l'anno scorso si verificò un incidente nucleare, mentre le altre due sono isolate e, a giudizio degli osservatori, non hanno molte possibilità di vincere la gara. Il Canada è in grado di offrire due località, Darlington e Bruce, entrambe situate nell'Ontario, rispettivamente a 60 e 200 chilometri da Toronto. Per di più, il tritio, componente di vitale importanza, utilizzato per il progetto ITER-FEAT, viene stoccato nel sito di Darlington. Nel formulare la preferenza per la località si è dato peso anche ad alcune considerazioni relative alla qualità della vita. Il fatto che un luogo abbia un certo livello di attrattiva, fa sì che un numero maggiore di scienziati provenienti da tutto il mondo sia disposto a recarsi sul posto per lavorare al progetto. Il Canada, poiché rappresenta una delle società più multiculturali al mondo dove, peraltro, si parla ufficialmente inglese, parte notevolmente avvantaggiato rispetto al Giappone, ancor prima che vengano analizzate le singole ubicazioni. Ma oltre ad offrire piacevoli dintorni e la presenza di un componente essenziale in loco, la candidatura canadese guadagna punti anche grazie alla vicinanza del Canada con gli Stati Uniti (insediare il progetto proprio dietro l'angolo agirebbe da forte richiamo per gli Stati Uniti, i quali sarebbero incentivati a rientrare nel progetto), all'assenza di terremoti (caratteristica che il Giappone non può vantare) e al fatto che le aree di ubicazione siano già state raggiunte dai servizi (al contrario di quelle giapponesi, fattore questo che, soprattutto alla luce dei prezzi in Giappone, farebbe aumentare di circa un miliardo di dollari il costo della proposta giapponese). Un altro aspetto chiave è costituito dall'accesso alle vie d'acqua per il trasporto marittimo ed entrambe le località sono situate in prossimità di un grande lago: Darlington sul Lago Ontario e Bruce sul Lago Huron. Ultimo importante elemento è rappresentato dal fatto che la fusione fa parte degli ambiti ai quali è estesa l'autorità dell'organismo di regolamentazione canadese per il nucleare, aspetto non valido per molti altri paesi. Inoltre i responsabili della proposta ITER-Canada hanno già collaborato per oltre un anno con tale organismo di regolamentazione. Anche i canadesi hanno dovuto superare alcuni ostacoli lungo il cammino. La loro candidatura sembrò arenarsi nel 1997, quando il governo federale canadese annunciò di non voler più finanziare la ricerca sulla fusione. Barnard ritiene che tale decisione fosse dettata da considerazioni di bilancio e che tale mossa avesse per obiettivo la riduzione del deficit pubblico. Per sua fortuna, il governo canadese ha recentemente cambiato idea. "Il governo non è mai stato contro la fusione, era solo una questione economica", ha affermato Barnard. E probabilmente è stata proprio l'economia a far cambiare idea al governo. La prospettiva di aumentare il gettito fiscale, di creare ulteriori posti di lavoro, nonché la possibilità di porre il Canada alla guida di uno dei progetti scientifici più grandi e prestigiosi del mondo, difficilmente sarebbero passate inosservate. Fino ad oggi il compito del governo canadese è stato semplice, dato che si è limitato unicamente ad offrire il proprio sostegno a ITER-Canada, ma con l'avanzare della candidatura, ci si attenderà da esso un maggior coinvolgimento ed impiego di risorse. Non è stato ancora deciso chi finanzierà il progetto ITER e tale decisione sarà di fondamentale importanza per lo sviluppo dello stesso. In principio, secondo un piano approssimativo, il progetto doveva essere finanziato per un terzo dal Giappone, per un terzo dall'Unione europea e per un terzo da Russia, Stati Uniti e Canada. Ora le cose potrebbero cambiare. Il contributo dell'UE verrà deciso soltanto quando verrà messo in atto il sesto programma quadro. Quanto al contributo giapponese, esso potrebbe essere influenzato dalla decisione finale in merito all'ubicazione della struttura. Anche i contributi di Canada, Russia e Stati Uniti dovranno essere rivisti alla luce di ciò che verrà deciso per gli altri due precedenti contributi. Secondo le ultime previsioni, nel caso in cui venisse prescelto il Canada quale sede del progetto, il suo contributo dovrebbe raggiungere il 25 per cento, mentre quello russo è stimato al 10 per cento. Tale aspetto, accanto a quello relativo all'ubicazione del sito, potrebbe rivelarsi di vitale importanza ai fini della suddivisione delle varie diramazioni del progetto. Come evidenzia Barnard: "Questa tecnologia non deve essere esclusiva e non la si può brevettare. Grazie all'aiuto fornito da oltre 30 paesi sono già stati investiti circa 35 miliardi di dollari nella ricerca sulla fusione, perché si giunga a decretarne il successo". Ma se da un lato mantenere il carattere internazionale del progetto rimane un nobile obiettivo, dall'altro è pur vero che, come riconosce Barnard, ciò ne ha probabilmente rallentato il processo. Se il progetto fosse stato a livello nazionale, afferma Barnard, forse si sarebbero realizzati maggiori progressi. Ora spetta a Barnard convincere i principali protagonisti degli altri paesi. Questo in pratica si traduce in viaggi con cadenza quasi regolare a Bruxelles, Washington, Londra, Mosca e Tokyo. A Bruxelles le visite sono state indirizzate anche ad alcuni europarlamentari e ad alcuni membri della Commissione europea. In occasione degli incontri bilaterali Canada-UE previsti per i mesi di maggio e giugno, sono previste ulteriori discussioni in merito al progetto. Interrogato sulle motivazioni canadesi, un portavoce della Commissione ha fornito una risposta piuttosto franca: "Il profitto, innanzitutto", aggiungendo: "Hanno osservato il progetto JET in Inghilterra e hanno visto come il 70 per cento del capitale sia stato assorbito dall'economia locale, sotto forma di posti di lavoro, contratti ecc. Ma sinceramente desiderano anche che il Canada svolga un ruolo più internazionale nell'ambito della fusione". E questo probabilmente è ciò che ricorre maggiormente nell'immaginazione di Barnard.