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Contenuto archiviato il 2023-03-24

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Capire la Terra primordiale

La datazione dei primi eventi di formazione della crosta terrestre sono importanti per capire la Terra primordiale e come si è formato il nostro pianeta. Nuovi risultati del progetto EARLY EARTH, finanziato dal CER e coordinato dall’Università di Bonn, hanno fornito ulteriori prove che questo avvenne 4,36 miliardi di anni fa, usando la datazione isotopica di particelle minerali di dimensioni inferiori ai 20 micrometri.

La Terra si è formata 4,6 miliardi di anni fa, ma trovare testimonianze della sua composizione e della sua storia primordiale è difficile, perché la crosta terrestre e il mantello sottostante si sono evoluti in continuazione, fondendosi e riciclandosi. Ambre Luguet dell’Università di Bonn ha usato nuovi metodi di datazione isotopica per ricavare informazioni sui primi 750 milioni di anni dell’esistenza della Terra e in particolare su come il mantello terrestre ha conservato informazioni sulla formazione della crosta. La crosta terrestre – il suo strato più esterno – si è formata in seguito a una fusione parziale del più interno mantello di silicato, che funge da riserva cui attingere per generare la crosta. Finora le limitate conoscenze della tempistica e della portata dei primi eventi di formazione della crosta provengono dall’analisi dell’isotopo di zircone che si trova nei minerali della crosta. Questi sono stati riciclati in rocce molto più giovani, ma come minuscole capsule del tempo, conservano informazioni isotopiche sulla loro età e origine per miliardi di anni. “I primi recuperati sulla Terra risalgono a 4,36 miliardi di anni fa,” dice Luguet. Spiega però che, a causa dell’intenso bombardamento cui è stata sottoposta la terra, molte delle parti formate in epoca più antica della crosta terrestre potrebbero essere scomparse. E il mantello sottostante? “Considerando il legame madre-figlia tra il mantello terrestre e la crosta terrestre, ha senso studiare la formazione della prima crosta dal punto di vista del mantello,” dice Luguet. Invece di studiare la proporzione dell’isotopo nei minerali dello zircone, ha esaminato le leghe ricche di osmio, i minerali del gruppo del platino contenenti osmio e i solfuri come erlichmanite (OsS2 – solfuro di osmio), che descrive come “gli zirconi del mantello”. Datazione isotopica allo stato dell’arte Luguet ha effettuato una datazione isotopica allo stato dell’arte su leghe, minerali del gruppo del platino e solfuri delle rocce del mantello più antiche provenienti da Botswana, Sudafrica e Groenlandia, conosciute come peridotiti, e delle rocce più antiche estratte dal mantello della Groenlandia, conosciute come cromititi. La datazione isotopica si basa sul deterioramento radioattivo dell’isotopo Renio-187 in Osmio-187 e Platino-190 in Osmio-186. “I solfuri e i minerali del gruppo del platino rimasti nel mantello dopo la fusione parziale hanno una forte concentrazione di osmio ma sono privi di renio, quindi la caratteristica isotopica Osmio-187/Osmio-188, corrisponde direttamente a un’epoca di parziale fusione,” spiega Luguet. La novità del metodo usato, spiega Luguet, sono le dimensioni dei granelli di minerale che è stata in grado di analizzare. “È la prima volta che misuriamo la composizione isotopica in solfuri di dimensioni inferiori a 20 micrometri. Fino a questo momento, altri ricercatori avevano usato l’ablazione a laser, che è veloce ma limita le dimensioni del solfuro analizzato a 80-100 micrometri. Noi invece abbiamo estratto il granello di solfuro dalla roccia che lo conteneva usando un metodo di micro-estrazione che comporta la perforazione di un cerchio intorno al solfuro e la sua raccolta.” Questo nuovo metodo permette di evitare alcuni degli errori che si verificano quando si analizzano solo granelli più grandi, quindi è possibile estrarre un campione della vera complessità ed eterogeneità delle composizioni isotopiche, il che permette in definitiva di giungere a conclusioni più accurate. Segni conservati della fusione parziale “Quello che abbiamo scoperto è che il mantello della Terra, per mezzo dei suoi minerali ricchi di osmio, conserva i segni degli eventi di fusione parziale, il più antico dei quali risale a 4,36 miliardi di anni fa,” commenta Luguet. Questo dato è simile alla più antica formazione della crosta registrata nei dati dell’isotopo dello zircone. Luguet aggiunge che quello che lei chiama il legame “genetico” madre-figlia tra gli eventi di fusione parziale del mantello e formazione della crosta era conosciuto grazie a campioni più giovani di 3,8 miliardi di anni. “Adesso abbiamo dimostrato che esiste anche in campioni risalenti a poche centinaia di milioni di anni dopo la formazione della Terra.” Per maggiori informazioni, consultare: Pagina del progetto su CORDIS

Paesi

Germania

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