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Isotopic evidence for the impacts of fishing on marine foodweb structure

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Dati storici rivelano l’effetto della pesca sulle reti trofiche degli oceani

Il sovrasfruttamento della pesca modifica la composizione delle popolazioni ittiche, il che può incidere sul modo in cui le specie interagiscono l’una con l’altra e sul loro ambiente. Questo fenomeno, tuttavia, è tuttora ampiamente inesplorato a causa della carenza di una ricostruzione storica delle reti trofiche.

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Come parte del regime di sovvenzioni tramite borse di studio individuali Marie Skłodowska-Curie, il progetto FIMAF di Orizzonte 2020, finanziato dall’UE, ha affrontato questa sfida cercando di capire come la posizione trofica di tre specie, vale a dire il merluzzo nero, il merluzzo bianco e l’asinello, è cambiata in risposta alle variazioni della pressione di pesca negli ultimi 50 anni. Questi grandi predatori vivono in diversi habitat dell’oceano. Un team di ricercatori ha studiato il livello della rete trofica per quanto concerne l’alimentazione di un determinato pesce (posizione trofica) e la fonte di energia (come il fitoplancton) alla base della stessa rete, svolgendo il proprio lavoro nella piattaforma delle Faroe, nell’Oceano Atlantico nord-orientale. Gli scienziati hanno utilizzato isotopi stabili dell’azoto e del carbonio nelle proteine per determinare la posizione trofica dei pesci. «La materia organica della preda viene incorporata nel corpo del predatore. Anche la firma isotopica di questa materia organica viene trasmessa al predatore, conformemente alla proporzione di questa preda all’interno della dieta e in base al fattore di arricchimento trofico», afferma il prof. Peter Grønkjær, coordinatore del progetto. Ricostruzione di cambiamenti a lungo termine La carenza di campioni storici del tessuto molle ha obbligato i ricercatori a ricostruire la posizione trofica storica dei pesci effettuando un’analisi isotopica stabile delle piccole quantità di proteine contenute nelle strutture calcificate all’interno dell’orecchio interno dei pesci, note come otoliti. Gli otoliti sono stati raccolti per più di un secolo nell’ambito di regolari indagini sulla pesca, per cui gli scienziati possono andare indietro nel tempo e analizzare la struttura delle reti trofiche storiche. I ricercatori sono riusciti a ricostruire i cambiamenti a lungo termine avvenuti nella posizione della rete trofica (nicchia trofica) delle specie ittiche oggetto di livelli di pressione di pesca variabili che vivono in diversi habitat dell’ambiente marino. Questi dati hanno consentito agli scienziati di elaborare un modello delle relazioni esistenti tra qualsiasi cambiamento nella nicchia trofica e il livello delle attività di pesca svoltesi nella regione in un determinato periodo. «La modellizzazione di queste correlazioni ha permesso inoltre agli scienziati di approfondire gli effetti delle forze climatiche sulle nicchie trofiche, allo scopo di acquisire una comprensione esaustiva degli effetti esercitati dai cambiamenti ambientali sulle reti trofiche», spiega la dott.ssa Charlotte Sirot, ricercatrice post-dottorale. Una gestione della pesca migliorata I risultati hanno svelato, per la prima volta, che il merluzzo nero, il merluzzo bianco e l’asinello hanno subito cambiamenti temporali nella propria nicchia trofica sin dal 1950. «Ciò suggerisce che gli effetti dei cambiamenti ambientali mediante le attività di pesca o il clima si diffondono nei diversi habitat di alimentazione», osserva la dott.ssa Sirot. Il principale risultato di FIMAF, comunque, è la scoperta della forte correlazione esistente tra le attività di pesca (rappresentate in questo studio dalla mortalità per pesca) e le forze climatiche (e, in particolare, attraverso l’oscillazione multidecennale atlantica) sulle variazioni a lungo termine delle nicchie trofiche delle tre specie prese in esame. Gli ecologi possono avvalersi di questi dati e della metodologia impiegata dal progetto per estendere questo approccio ad altre specie, creando così un quadro ancora più dettagliato dell’evoluzione delle reti trofiche marine. La conoscenza degli effetti nascosti esercitati dalla pesca sulla struttura delle reti trofiche sarà quindi fonte di informazioni di fondamentale importanza per i responsabili decisionali della gestione della pesca e della relativa legislazione provenienti da autorità governative, comitati nazionali e professionisti a livello locale dell’UE. «Un’analisi svolta in modo corretto può fungere da segnale di allarme precoce dei cambiamenti in corso negli ecosistemi marini», conclude la dott.ssa Sirot.

Parole chiave

FIMAF, pesci, pesca, trofico, nicchia, clima, isotopo

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