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Contenuto archiviato il 2023-03-06

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Nuovo farmaco combatte l'AIDS nei primati che non rispondono alla terapia antiretrovirale

Alcuni ricercatori in Austria, Regno Unito e Stati Uniti hanno testato un nuovo farmaco sui primati affetti da SIV, la forma del virus dell'immunodeficienza acquisita (HIV) delle scimmie, e hanno osservato che contribuisce a ridurre i livelli virali nei soggetti che non rispon...

Alcuni ricercatori in Austria, Regno Unito e Stati Uniti hanno testato un nuovo farmaco sui primati affetti da SIV, la forma del virus dell'immunodeficienza acquisita (HIV) delle scimmie, e hanno osservato che contribuisce a ridurre i livelli virali nei soggetti che non rispondono alla terapia antiretrovirale (ART). I risultati, pubblicati nella rivista Journal of Immunology, costituiscono una prova incoraggiante della possibilità di combattere AIDS e SIV utilizzando questo farmaco in combinazione con la terapia antiretrovirale. Il virus della sindrome SIV viene utilizzato su modelli animali per studiare gli effetti di possibili. I ricercatori osservano gli effetti di diversi composti sulla carica virale nel sangue degli animali. Una carica più elevata conduce solitamente allo stadio iniziale dell'AIDS, che non consente di debellare infezioni di livello contenuto. Negli esseri umani, la terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART) viene attualmente impiegata per ridurre la carica virale e prevenire l'insorgenza dell'AIDS. Tuttavia, nonostante questo "cocktail" di farmaci sia in grado di aumentare in modo significativo l'aspettativa di vita di numerosi pazienti, si dimostra inefficace nel 10% dei casi. Gli sforzi compiuti nel quadro attuale della ricerca sono volti a trovare il modo per aumentare l'efficacia di questo "cocktail" nei pazienti che presentano resistenza alla terapia antiretrovirale altamente attiva. "L'AIDS può avere un effetto devastante sulla vita delle persone, ma i progressi fatti in riferimento alla terapia antiretrovirale la rendono una patologia caratterizzata da una maggiore cronicità e dunque più gestibile," ha affermato Adriano Boasso dell'Imperial College di Londra (Regno Unito). "Sfortunatamente, il trattamento non si dimostra efficace per tutti; alcuni individui sviluppano una resistenza ai farmaci e in questo caso, vanno esaurendosi le possibilità di curarli e di ritardare l'inizio della malattia." Per quest'ultima ricerca il virus della SIV è stato inoculato in 19 macachi Rhesus. Di questi, a 11 esemplari è stata somministrata, per un periodo di quattro mesi, la terapia antiretrovirale seguita, per due settimane, dalla somministrazione di un amminoacido chiamato D-1mT. I ricercatori hanno osservato che negli animali che non rispondevano alla terapia antiretrovirale, questo amminoacido riduceva di molto il livello virale in plasma e linfonodi. Il farmaco non aveva invece alcuna efficacia negli animali non sottoposti a terapia antiretrovirale. "Questi primi risultati lasciano supporre che D-1mT, se somministrato unitamente alla terapia antiretrovirale, può essere impiegato per fermare il processo di replicazione del virus," ha detto il dottor Boasso. "La patologia può progredire unicamente se il virus può replicarsi, quindi, riuscendo a rallentare questo processo, è possibile ridurre l'impatto della malattia sulla vita del paziente. Dobbiamo ancora capire in che modo opera D-1mT, solo successivamente potremo pensare di trasformarlo in potenziale cura per l'AIDS." I ricercatori ritengono che D-1mT riattivi il sistema immunitario in quanto bloccherebbe l'enzima IDO, utilizzato dai virus di AIDS e SIV per indebolire il sistema immunitario. Nei soggetti non infetti, questo enzima evita che il sistema immunitario attacchi l'organismo umano; il virus dell'AIDS assume il controllo del meccanismo che lo produce e lo manipola in modo tale che il sistema immunitario non attacchi il virus. Tuttavia, i ricercatori non hanno trovato alcuna prova a dimostrazione del fatto che l'enzima modificato D-1mT riattivi la reazione immunitaria contro la SIV. "L'effetto che di D-1mT sembra avere sulla carica virale è davvero incoraggiante e del tutto inaspettato," ha commentato il dottor Boasso. "Non ci aspettavamo che questo enzima modificato potesse agire esclusivamente sui macachi già sottoposti a terapia antiretrovirale. Sembra che D-1mT lavori in sinergia con la terapia antiretrovirale. Vorremmo davvero scoprire in che modo." Attualmente l'enzima modificato D-1mT è sperimentato clinicamente per la cura del cancro; l'esito di questi esperimenti indicherà se è adatto ad essere impiegato negli esseri umani. Se il farmaco si dimostrerà sicuro e rivelerà un ulteriore potenziale per la cura dell'AIDS, è possibile che gli esperimenti per il suo impiego nella lotta all'AIDS prendano il via già nel 2015.

Paesi

Austria, Regno Unito, Stati Uniti

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