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Towards the Photonic Solar Cell - In-Situ Defect Characterization in Metal-Halide Perovskites

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Verso celle solari efficienti e prive di piombo

Le celle solari in perovskite hanno dimostrato di possedere un enorme potenziale di miglioramento rispetto ai loro predecessori, ma hanno anche sollevato diverse preoccupazioni ambientali, motivo per cui un gruppo di ricerca dell’UE sta studiando altre tipologie all’interno della loro famiglia.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

Le celle fotovoltaiche, note anche come celle solari, convertono la luce in elettricità. Il tipo più comune, le celle solari in silicio, sono in produzione dagli anni cinquanta; ciononostante, la loro fabbricazione è complessa e richiede un’elevata quantità di energia. Una versione più recente di queste celle sembrava potesse risolvere questi problemi. Le celle solari in perovskite, disponibili a partire dal 2009, prendono il proprio nome in base al minerale che le compone. Tecnicamente, questo minerale è dotato di una specifica struttura cristallina che numerosi materiali possono manifestare, per cui nell’industria delle celle solari il nome perovskite viene applicato a tale struttura, piuttosto che al minerale. Le celle perovskitiche sono efficienti a livello elettrico e la loro produzione è semplice ed economica. Annoverando numerosi vantaggi evidenti rispetto alle tecnologie delle celle solari consolidate, questa nuova tipologia di cella è diventata rapidamente la più promettente esistente al mondo. Sfortunatamente, queste celle contengono anche piombo tossico, che sta venendo gradualmente eliminato dalla fabbricazione di prodotti elettronici. I ricercatori attivi nel settore delle celle solari stanno ora cercando perovskiti alternative.

Studiare le doppie perovskiti

Il progetto PhotSol, finanziato dall’UE e intrapreso grazie al sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, ha approfondito tali alternative. Il gruppo di ricerca ha esaminato le perovskiti prive di piombo, tra cui una chiamata doppia perovskite. L’efficienza elettrica di questi materiali è tuttavia ancora bassa, motivo per cui i ricercatori di PhotSol hanno provato a incrementarla individuando ed eliminando le strozzature che incidono sulle loro prestazioni in modi estremamente complicati, chiamati meccanismi di perdita. Queste strozzature sono spesso provocate da difetti presenti nel materiale specifico. I difetti, tra cui possono figurare malformazioni o impurità dei cristalli, possono anche essere originati da superfici o interfacce. «Una volta individuato il tipo di difetti che limita le prestazioni», spiega Wolfgang Tress, ricercatore senior del progetto, «possiamo prendere di mira il difetto specifico durante la fase di fabbricazione del dispositivo. Ad esempio, se si rileva che i principali colpevoli sono le interfacce, come accade spesso nel caso delle celle solari, l’aggiunta di strati di passivazione o la sostituzione di strati interfacciali potrebbero ridurre la densità dei difetti.»

Le difficoltà incontrate e il nuovo percorso intrapreso

Sebbene il gruppo sia riuscito a documentare le strozzature che interessano un tipo di celle solari a doppia perovskite, questo materiale non ha dimostrato di possedere un potenziale sufficiente per essere impiegato come cella solare efficiente. Il lavoro svolto dal gruppo è stato inoltre difficile da riprodurre, un problema che spesso affligge i ricercatori attivi nel campo delle perovskiti. Il consorzio ha pertanto abbandonato questo percorso di ricerca e prenderà in esame materiali simili, ma più nuovi. Ciononostante, lo studio ha prodotto utili protocolli di caratterizzazione. «Nel corso del processo di caratterizzazione abbiamo compiuto una scoperta senza precedenti», aggiunge Tress. «Per la prima volta siamo riusciti a misurare lo spettro di elettroluminescenza.» Per raggiungere questo obiettivo abbiamo fatto funzionare la cella solare come diodo a emissione luminosa, innanzitutto applicando una corrente e successivamente rilevando l’emissione. Sebbene il segnale fosse molto debole, come previsto, lo spettro è stato sorprendentemente diverso da quello di fotoluminescenza. Nelle perovskiti contenenti piombo, lo spettro di elettroluminescenza e quello di fotoluminescenza sono solitamente identici. Il motivo per cui è stata riscontrata questa differenza è sconosciuto, ma il gruppo approfondirà con entusiasmo le possibili ragioni. I ricercatori di PhotSol continueranno a sviluppare nuove tecnologie fotovoltaiche, concentrando l’attenzione sulla comprensione della fisica alla base dei dispositivi per migliorarne la progettazione. Per aiutarlo a raggiungere questo obiettivo, Tress ha ottenuto una sovvenzione di avviamento CER. In definitiva, il lavoro svolto contribuirà allo sviluppo di celle solari prive di piombo a elevata efficienza. Una volta disponibili e installati in modo diffuso, questi dispositivi diminuiranno la dipendenza mondiale dai combustibili fossili, riducendo così notevolmente le emissioni di gas a effetto serra.

Parole chiave

PhotSol, celle solari, perovskite, senza piombo, fotovoltaico, doppia perovskite

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