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Development of new Competitive and Sustainable Bio-Based Plastics

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Materiali biocompatibili sostenibili per il confezionamento alimentare

Non è un segreto che abbiamo bisogno di più materiali sostenibili per rendere il mondo un po’ più verde e contribuire a salvare l’ambiente. I rifiuti agroalimentari sono molto promettenti per sostituire la plastica convenzionale utilizzata nel confezionamento alimentare.

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Secondo le stime, nel 2020 la produzione globale di plastica è ammontata a 367 milioni di tonnellate metriche, registrando una leggera riduzione rispetto al 2019 (pari allo 0,3 %); in Europa, questa produzione ha quasi raggiunto i 55 milioni di tonnellate. Solo l’1 % di questa plastica di nuova fabbricazione è biocompatibile. I numeri continuano a rivelarsi sconvolgenti. I tassi di riciclaggio di questo eccezionale materiale, noto per la sua elevata durata e il basso costo associato, sono piuttosto limitati nell’UE. All’incirca il 70 % della plastica viene utilizzato solo una volta. Una volta smaltita, essa si decompone in particelle di dimensioni più piccole la cui degradazione richiede secoli, rappresentando una minaccia per la vita marina e la salute umana.

Una seconda vita per i rifiuti alimentari

L’acido polilattico (PLA) e il poliidrossibutirrato (PHB) sono materiali biodegradabili che vengono spesso presi in esame per applicazioni di confezionamento alimentare. Tuttavia, nonostante le potenzialità di cui sono dotati, sono costosi, fragili e poco stabili a livello termico. Ed è qui che entra in gioco il progetto NEWPACK, finanziato dall’UE. «L’obiettivo principale di NEWPACK era sviluppare almeno due materiali biocompatibili in grado di offrire una maggiore sostenibilità e migliori prestazioni rispetto alle soluzioni d’avanguardia per l’applicazione nel confezionamento alimentare. Il trampolino di lancio per il progetto è stato produrre miscele composte da PLA, proveniente da fonti commerciali, e PHB, derivante da rifiuti agroalimentari», osserva Niina Halonen, coordinatrice del progetto. Un traguardo rivoluzionario raggiunto da NEWPACK è stato quello di individuare batteri in grado di produrre PHB a partire da rifiuti agroalimentari, come ad esempio le bucce di patata. Il processo è piuttosto semplice: i batteri si nutrono degli zuccheri originariamente estratti dalle bucce di patata, espellendo successivamente PHB. Sebbene la miscelazione sia un modo semplice ed economico di regolare le proprietà caratteristiche di PLA e PHB, si tratta di un processo ad alto consumo energetico, in quanto prevede lo scioglimento dei polimeri miscelati. Facendo un ulteriore passo avanti, i partner del progetto hanno sperimentato l’aggiunta di additivi, vale a dire nanocellulosa e nanochitina, allo scopo di migliorare la stabilità meccanica e termica delle miscele composte da PLA e PHB. Entrambi gli additivi, nonostante le piccole quantità in cui sono stati impiegati, hanno rafforzato le proprietà dei materiali senza influenzarne le caratteristiche ottiche. La nanochitina è stata ottenuta a partire dalla chitina commerciale, un elemento presente in abbondanza. Sono stati inoltre aggiunti alla miscela estratti naturali al fine di potenziare le proprietà antiossidanti e antibatteriche.

La gestione dei rifiuti plastici: un beneficio o un onere per l’ambiente?

I materiali di nuova concezione hanno dimostrato prestazioni comparabili ai polimeri convenzionali utilizzati per il confezionamento alimentare, consentendo di evitare l’impiego di materie prime fossili ed eliminando ogni preoccupazione riguardante l’inquinamento da microplastiche. Ma le miscele di PLA e PHB potrebbero essere in futuro ampiamente utilizzate come elementi costitutivi della plastica di impiego comune? L’elevato prezzo di vendita e le grandi quantità di energia richieste per la loro produzione collocano questi materiali biodegradabili in una posizione di significativo svantaggio rispetto a quelli plastici tradizionali. Per risolvere queste difficoltà, pertanto, è necessario compiere ancora ulteriore lavoro. «Se l’energia provenisse da fonti rinnovabili, il carico ambientale potrebbe essere ulteriormente ridotto», osserva Halonen. Lo svolgimento di analisi per la valutazione del ciclo di vita offre un modo sistematico di determinare i potenziali impatti ambientali di questi materiali. «Sebbene il concetto di materiali biodegradabili sembri sostenibile dal punto di vista teorico, è molto importante effettuare un’analisi dei punti caldi allo scopo di rilevare eventuali aspetti negativi e incrementare la vera sostenibilità dei materiali», spiega Halonen. «Fornire informazioni oggettive in merito ai materiali sin dall’inizio contribuisce a evitare strategie di greenwashing che potrebbero incidere in modo negativo sulla percezione dei consumatori in merito ai nuovi prodotti.»

Parole chiave

NEWPACK, confezionamento alimentare, PLA, PHB, rifiuti agroalimentari, produzione di plastica, materiali biodegradabili, bucce di patata

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