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Visualising age- and cataract-related changed within cell membranes of human eye lens using molecular rotors

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L’innovazione nel campo della microscopia offre spunti sulla formazione della cataratta

È stata sperimentata una tecnica pionieristica in grado di rilevare le variazioni strutturali del cristallino legate all’età. Ciò potrebbe migliorare la nostra comprensione dello sviluppo della cataratta e forse un giorno condurre a nuovi trattamenti.

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La cataratta, ovvero un offuscamento del cristallino, è una condizione diffusa legata all’età che può provocare la perdita della vista. Altri fattori che contribuiscono alla sua insorgenza sono quelli genetici, l’esposizione ai raggi solari UV e il fumo. «Il cristallino è un tessuto estremamente complesso», osserva Petr Sherin, ricercatore del progetto Cata-rotors attivo presso l’Imperial College di Londra, nel Regno Unito. «A differenza di altri tessuti, i principali componenti del cristallino, proteine e lipidi, non si rinnovano nel corso della vita. Di conseguenza, è possibile che i difetti si accumulino, alterando infine la funzionalità del cristallino e provocando verosimilmente la formazione della cataratta.» Nonostante siano stati individuati i fattori che contribuiscono alla formazione della cataratta, la scienza non conosce esattamente i processi alla sua origine o se ci sia modo di prevenire o invertire tali processi. «Una teoria alla base della formazione della cataratta è la comparsa di una “barriera di diffusione”», spiega Sherin, «che impedisce il movimento delle sostanze nutritive verso parti differenti del cristallino in età matura.» Tuttavia, non è stato possibile confermare scientificamente tale ipotesi. Il progetto Cata-rotors, intrapreso con il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, ha cercato di ottenere questa conferma.

Individuare i cambiamenti strutturali

Per raggiungere i loro obiettivi, Petr Sherin, borsista Marie Skłodowska-Curie, e Marina Kuimova, coordinatrice del progetto, hanno applicato un nuovo metodo di microscopia, sviluppato presso il laboratorio Kuimova, chiamato microscopia di imaging a fluorescenza a vita (FLIM, Fluorescence Lifetime Imaging Microscopy). Questo metodo è stato impiegato in combinazione con sonde fluorescenti sensibili alla viscosità, chiamate rotori molecolari. I rotori «illuminano» le regioni cellulari più viscose (o appiccicose) rispetto ad altre aree. Questa tecnica è stata applicata ad alcuni campioni di cristallino, in seguito all’invecchiamento naturale o all’esposizione alla luce o alla temperatura («invecchiamento accelerato»). L’obiettivo è stato identificare eventuali differenze di viscosità in grado di supportare l’ipotesi della barriera di diffusione. «Inizialmente, i campioni di cristallino sono stati tagliati e colorati con i rotori a fluorescenza, evitando che il tessuto venisse danneggiato o si disidratasse nel corso del processo», afferma Kuimova. «Si è trattato di un lavoro impegnativo che ha richiesto competenze di alto livello nell’ambito del sezionamento dei tessuti.» Successivamente, sono state registrate e analizzate ampie serie di immagini FLIM. «Queste serie ci hanno fornito informazioni dettagliate su come la viscosità era distribuita all’interno delle cellule del cristallino», afferma Sherin.

In cerca di prove

Sono stati raggiunti due risultati importanti: sono stati individuati i cambiamenti visivi nelle cellule provenienti dalle regioni centrali e periferiche del cristallino di mezza età e sono state registrate le relative differenze di viscosità. «Si tratta di una delle prove più dirette della formazione della “barriera di diffusione” attualmente disponibili», aggiunge Sherin. «Ora per confermare questa scoperta dobbiamo raccogliere, tuttavia, una maggior quantità di dati statisticamente significativi.» Un altro risultato del progetto è stato scoprire che le membrane delle cellule del cristallino dei suini diventavano sensibilmente meno rigide (più fluide) in seguito all’esposizione ai raggi solari UV. Questo risultato imprevisto potrebbe fungere da meccanismo di compensazione per la maggiore rigidità del cristallino riscontrata in età matura, fornendo il flusso minimamente necessario di sostanze nutritive. «Soprattutto, il progetto ha dimostrato l’applicabilità di questo approccio che si avvale del “rotore molecolare FLIM” per visualizzare proprietà importanti nei tessuti del cristallino», afferma Kuimova. «Tali informazioni potrebbero essere utilizzate come base per lo sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici per la cataratta. Attualmente, l’unica opzione è l’intervento chirurgico.» Il prossimo grande passo sarà comprendere meglio il meccanismo molecolare alla base delle variazioni nella rigidità. Una fase che comporterà l’identificazione delle sostanze chimiche e delle reazioni coinvolte, ed è auspicabile che ciò possa offrire opzioni di intervento medico diverse dalla chirurgia.

Parole chiave

Cata-rotors, occhio, cataratta, microscopia, FLIM, cristallino, invecchiamento, molecolare

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