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Developing and testing spatial indicators of ecosystem stability for subtidal seascapes

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La «raggrumazione» dei coralli quale indicatore superiore degli effetti dello stress a cui sono sottoposti

Un modello di indicatori spaziali della stabilità degli ecosistemi, utilizzato da tempo per i sistemi terrestri, consente di affrontare il degrado dei coralli e i suoi fattori scatenanti.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

Gli ecosistemi delle barriere coralline, spesso chiamati «la foresta pluviale degli oceani», ospitano almeno il 25% della vita presente nel mare, nonostante coprano solo l'1% circa dei fondali marini a livello globale, e forniscono servizi ecosistemici valutati fino a novemila miliardi di euro all'anno. Il loro degrado viene documentato sin dagli anni Ottanta, soprattutto attraverso la misurazione di una percentuale decrescente di copertura corallina, per cui risultano urgentemente necessari nuovi approcci che consentano di fornire indizi più approfonditi in tal ambito. Con il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie (MSCA) e la collaborazione tra l’Università di Utrecht e la Pontificia università Cattolica del Cile (ECIM), il progetto INDECOSTAB ha sviluppato un modello matematico degli ecosistemi corallini per studiare in modo più dettagliato questo tema. Alexandre Génin, borsista MSCA, ha analizzato i cambiamenti osservati nell'organizzazione spaziale in qualità di indicatori dello stress e di predittori di variazioni irreversibili di ampia entità.

Basarsi sull'esperienza e ampliare la raccolta dei dati

Génin ha studiato i coralli dell'Isola di Pasqua (Rapa Nui) sfruttando l'enorme esperienza di cui sono dotati i suoi colleghi cileni in relazione a tale isola e alle sue acque cristalline, nonché basandosi sui dati storici in tal ambito, un insieme di fattori che ha permesso al ricercatore di effettuare rilievi semplici e veloci di vaste aree mediante l’impiego di telecamere da un'imbarcazione. In effetti, senza i suoi colleghi cileni, Génin non sarebbe riuscito a condurre rapidamente, verso la fine del progetto, l'unica campagna sul campo possibile a causa delle restrizioni legate alla COVID. «Abbiamo sottoposto a rilievi tre quarti delle aree costiere dell'Isola di Pasqua in una settimana, un compito che fino a poco tempo fa avrebbe richiesto vari mesi di lavoro a subacquei esperti», racconta Génin.

Barriere coralline: resilienza in un ecosistema fragile

I coralli dell'Isola di Pasqua, tra quelli in grado di mettere in mostra un ciclo di «feedback positivo» in risposta alla crescita eccessiva delle alghe, possono sopravvivere per decenni creando crepe scelte come habitat da erbivori quali pesci e ricci di mare, che mangiano queste formazioni algali e creano spazio per lo sviluppo di nuovi coralli. Recentemente è stato dimostrato che ciò comporta la creazione di nuove colonie, per lo più in prossimità di quelle esistenti, originando «grumi» sul fondale marino. Génin si è proposto di modellare questa disomogeneità e di verificare l’ipotesi secondo cui il modello sarebbe in grado di prevedere transizioni ampie e brusche sulla base di questi grumi, analizzando inoltre l'impatto esercitato dagli erbivori su di essi.

Modellare il cambiamento degli indicatori spaziali

Il modello matematico concepito da INDECOSTAB ha confermato che la disomogeneità dei coralli può essere utilizzata come indicatore spaziale di stress e di degrado potenzialmente irreversibile. A tal riguardo, risulta interessante notare che gli indicatori spaziali del modello non sono stati influenzati dal numero di erbivori (che nell'Isola di Pasqua erano perlopiù ricci di mare), un risultato corroborato dai dati di osservazione sul campo. Una simile convalida degli indicatori spaziali di stress è emersa dagli studi sul campo condotti da INDECOSTAB. «Per quanto concerne le due specie di coralli presenti sull'Isola di Pasqua, le nostre indagini sul campo hanno rivelato che l'abbondanza di una è diminuita significativamente con l'esposizione alle onde, mentre l'altra è rimasta invariata; ciononostante, entrambe hanno evidenziato cambiamenti a livello di disomogeneità, per cui risulta chiaro che non è sufficiente misurare la convenzionale variazione della copertura corallina», osserva Génin. «Sebbene il nostro lavoro nasca da idee molto teoriche sulla struttura spaziale delle barriere coralline, le conclusioni corrispondono a quelle degli esperti in ecologia applicata, che si avvalgono di modelli di popolazione per prevedere l'impatto esercitato dai cambiamenti climatici su tali barriere», conclude il ricercatore. INDECOSTAB prevede di rilasciare i suoi dati a breve, sostenendo in tal modo indagini continue e modelli migliori per tracciare e prevedere lo stato di questi fragili ecosistemi, il che consentirà di realizzarne una migliore gestione sostenibile.

Parole chiave

INDECOSTAB, corallo, coralli, indicatori spaziali, alghe, ecosistemi, barriere coralline, modello matematico, modelli di popolazione, fattori di stress

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