Capire come il cervello elabora la memoria
L’ippocampo svolge un ruolo essenziale nella formazione della memoria spaziale ed episodica. È importante per creare ricordi di eventi significativi della vita, ma anche per cose quotidiane come ricordare dove abbiamo lasciato le chiavi della macchina la sera prima. «Nonostante decenni di ricerca, non abbiamo ancora una visione chiara di come avvengano la formazione e il recupero della memoria a livello cellulare e subcellulare», afferma la coordinatrice del progetto DeCode(si apre in una nuova finestra) Judit Makara, dell’Istituto di medicina sperimentale HUN-REN(si apre in una nuova finestra), in Ungheria. «Sappiamo da esperimenti che l’ippocampo dei roditori crea rappresentazioni neuronali – una sorta di “mappe” – dell’ambiente. Ma si sa molto poco sui meccanismi cellulari che determinano perché un singolo neurone partecipa a una rappresentazione e quali caratteristiche dell’ambiente codifica.»
Il ruolo dell’ippocampo nell’apprendimento e nella memoria
Il progetto DeCode, sostenuto dal Consiglio europeo della ricerca(si apre in una nuova finestra), si è proposto di comprendere meglio questo processo. In particolare, il progetto si è concentrato sull’area CA3 dell’ippocampo, ritenuta fondamentale nei processi di memoria associativa. Makara era anche interessata a capire se i segnali di tensione fossero generati attivamente dai dendriti (lunghe estensioni neuronali che ricevono i segnali). «Il progetto consisteva in due parti principali», spiega Makara. «In primo luogo, abbiamo studiato le proprietà dei dendriti delle cosiddette cellule piramidali CA3 (CA3PC) in sezioni di cervello di roditori.» Nella seconda parte, Makara e i suoi colleghi hanno registrato l’attività dei dendriti e delle cellule CA3 in animali vivi. Questo risultato è stato ottenuto utilizzando tecniche di imaging avanzate su topi che navigavano in un ambiente di realtà virtuale. «In questo modo abbiamo potuto studiare le attività delle singole cellule e persino dei singoli dendriti durante l’apprendimento spaziale», osserva Makara.
Nuove scoperte sul comportamento dendritico
Oltre a rilevare una certa attività dendritica prevista, Makara e i suoi colleghi hanno scoperto un nuovo tipo di segnale di tensione dendritica attiva durante gli esperimenti sulle sezioni. «Questo picco dendritico differisce in molti modi dai picchi dendritici “convenzionali” che sono stati osservati in altri tipi di neuroni» aggiunge Makara. Il progetto ha anche dimostrato che le caratteristiche di attivazione di ciascun CA3PC dipendono fondamentalmente dal tipo di picchi dendritici che esso esprime. Un altro risultato interessante è stato che i picchi dendritici sembrano essere fortemente controllati dall’acetilcolina (un neuromodulatore implicato nell’apprendimento), il che suggerisce che potrebbero contribuire alla riorganizzazione delle rappresentazioni dell’ippocampo legate all’apprendimento. «Nella parte in vivo del lavoro, siamo riuscite a registrare i dendriti dei CA3PC che producono segnali attivi», afferma Makara. «Al momento stiamo analizzando i risultati per capire meglio il loro ruolo nell’attività cellulare.» Infine, il progetto ha scoperto che i CA3PC sono notevolmente eterogenei, il che suggerisce l’esistenza di sottotipi distinti. I modelli precedenti delle funzioni CA3 ipotizzavano una popolazione cellulare uniforme.
Potenziali punti bersaglio per interventi terapeutici
Facendo luce sui meccanismi alla base della memoria, progetti come DeCode potrebbero un giorno portare a potenziali punti bersaglio per interventi terapeutici. Makara sta collaborando con neuroscienziati computazionali, che stanno utilizzando i dati del progetto per costruire modelli sia a livello di singolo neurone che a livello di circuito. «Questi risultati hanno aperto molte questioni», osserva la ricercatrice. «I prossimi passi includono il tentativo di analizzare i ruoli dei diversi tipi di picchi dendritici. In definitiva, speriamo di ottenere una visione più chiara di come i CA3PC lavorano insieme per elaborare le informazioni sul mondo esterno o recuperare associazioni precedentemente memorizzate.»