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Contenuto archiviato il 2024-04-23

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Articoli del CER - Piccolissimi fossili possono essere molto importanti per la conoscenza

Il fango sul fondo degli oceani del mondo contiene i microscopici resti di alghe che vivevano nel mare sovrastante. Con l'aiuto di una sovvenzione Starting Grant del CER, la dott.ssa Heather Stoll sta studiando questi micro-fossili per capire come i cambiamenti passati del clima hanno influenzato la loro evoluzione e come potrebbero reagire ai futuri cambiamenti climatici.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

"Il fondo dell'oceano è un cimitero", dice la dott.ssa Heather Stoll. "La maggior parte del fango sul fondo è fatto di micro-fossili in uno spesso accumulo di strati. Scavando più a fondo, i ricercatori possono trovarne di più antichi e di conseguenza possiamo lavorare su campioni datati in modo preciso risalenti fino a 60 milioni di anni fa". Molti di questi piccolissimi fossili sono i resti delle alghe che si calcificano, con uno "scheletro" interno di calcite (un tipo di carbonato di calcio), o "diatomee", le cui pareti cellulari sono fatte di silice – più conosciuta con il nome di opale. "L'opale è come un barattolo di vetro", spiega la dott.ssa Stoll. "Dentro c'è un sottile rivestimento fatto di molecole organiche prodotte dalle alghe in fotosintesi. Il fossile può proteggere la materia organica al suo interno per milioni di anni, come una provetta contente un campione che riflette le condizioni nelle quali le alghe hanno vissuto e sono morte". Il gruppo di ricerca della dott.ssa Stoll estrae la materia organica isolata dentro questi piccolissimi "gusci" e la studia, cercando boro, calcite, isotopi di carbonio come il 12C e il 13C e isotopi di ossigeno, come il 18O e il 16O. Evoluzione: adattamento ai cambiamenti climatici Le prove suggeriscono che il modo in cui queste alghe assorbono carbonio dall'acqua del mare è cambiato nel tempo. Oggi, le alghe possono "pompare" attivamente il bicarbonato (HCO3) nelle cellule, se l'acidità locale o la concentrazione di carbonato lo richiede. Sembra però che le popolazioni che vissero 60 milioni di anni fa assorbissero solo per diffusione. "Stiamo lavorando per trovare nuovi indicatori biochimici di questi cambiamenti e stiamo cercando di capire quando si sono evolute queste capacità," dice la dott.ssa Stoll. Correlando i cambiamenti passati dei livelli di biossido di carbonio (CO2) - molto più alti nel momento in cui si sono formati i fossili più antichi - al modo in cui le alghe si sono adattate, questa ricerca dovrebbe portare a una migliore comprensione dei cicli del carbonio dell'atmosfera e dell'oceano. La risposta delle alghe ai cambiamenti ambientali e il loro ruolo nel ciclo del carbonio hanno implicazioni per come i cambiamenti del clima, dell'atmosfera e dell'oceano interagiranno in futuro. "Il progetto è cominciato alla fine del 2009 e i nostri risultati finora riguardano la calibrazione dei nuovi indicatori biochimici per queste vie di assorbimento di carbonio", dice la dott.ssa Stoll. Per esempio, il boro è una delle sostanze chimiche che mostrano quando le cellule hanno dovuto adattarsi dalla diffusione naturale dovuta a basse concentrazioni di CO2. "Il prossimo passo è misurare la velocità di adattamento a diversi cambiamenti dell'ambiente", continua. "Stiamo completando la documentazione del fossile da entrambe le parti in modo da concentrarci su quando e come le alghe si sono adattate al cambiamento." "Il finanziamento del CER è stato un aiuto enorme per questo progetto", riconosce la dott.ssa Stoll. "Il contributo ci ha aiutato a costituire un gruppo di ricerca che comprende un esperto di microfossili per identificare le cellule e un biologo per coltivare colture di alghe. Un team multidisciplinare può portare a nuove idee e soluzioni". Il progetto sta inoltre coltivando alghe in diverse condizioni di CO2 e acidità in laboratorio. Mettendo insieme questi metodi i ricercatori sperano di dare una risposta a interrogativi quali: "Le alghe hanno una soglia di concentrazione di CO2 che disattiva la "pompa"? E questo determina il livello di riuscita delle varie specie? Potrebbe anche influenzare l'abilità dell'oceano di assorbire CO2 nell'atmosfera in futuro?". - Fonte: dott.essa Heather Stoll - Coordinatrice del progetto: Universidad de Oviedo, Spagna - Titolo del progetto: Precedents for algal adaptation to atmospheric CO2: New indicators for eukaryotic algal response to the last 60 million years of CO2 variation - Acronimo del progetto: PACE - Sito web del progetto PACE - Programma di finanziamento del 7° PQ (Bando CER): Starting Grant 2009 - Finanziamento CE: 1,8 milioni di euro - Durata del progetto: cinque anni Glossario Diatomee: un tipo di alghe, uno dei tipi comuni di plankton marino. Sono di solito unicellulari e sono diverse dalle altre alghe perché hanno una cellula di silice che si può conservare come micro-fossile. Opale: un silicato, o tipo di pietra, che si forma dentro la parete cellulare delle alghe diatomee. Calcite: una forma di carbonato di calcio, comune nei gusci degli organismi marini e quindi uno dei componenti principali del calcare e del marmo. Boro: un elemento solubile che si trova solo in piccole quantità nell'atmosfera, ma che ha un ruolo importante nelle pareti cellulari delle piante. Isotopi: diverse "versioni" dello stesso elemento che hanno lo stesso numero di protoni nei propri atomi, ma diverso numero di neutroni. Per esempio, il 13C è un isotopo di carbonio (con 13 neutroni nel nucleo atomico) prodotto da esseri viventi, al contrario del più comune isotopo 12C i cui atomi contengono solo 12 neutroni.