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Valutare le conseguenze a lungo termine dello scarico di scorie nucleari nell'Artico

Il progetto ARMARA, finanziato dalla Commissione nel quadro del programma specifico di ricerca nel settore della sicurezza della fissione nucleare, mira a valutare gli effetti a lungo termine dello scarico di scorie nucleari nei Mari di Kara e Barents, da parte dell'ex Unione ...

Il progetto ARMARA, finanziato dalla Commissione nel quadro del programma specifico di ricerca nel settore della sicurezza della fissione nucleare, mira a valutare gli effetti a lungo termine dello scarico di scorie nucleari nei Mari di Kara e Barents, da parte dell'ex Unione Sovietica. Il progetto, lanciato all'inizio del 1996, coinvolge tre istituti di ricerca norvegesi e dieci dell'UE, coordinati dalla Facoltà di fisica sperimentale di University College di Dublino. Il progetto ha condotto nei Mari dell'Artico diverse campagne di campionamento dirette da modelli, raccogliendo dati su vasta scala in merito alla contaminazione da radionuclidi e ai meccanismi di trasferimento; tali dati sono stati interpretati e utilizzati per perfezionare e convalidare un modello avanzato di dispersione dei radionuclidi. Questa attività consentirà la previsione delle dosi previste per l'uomo, a breve e lungo termine, e fornirà chiari orientamenti scientifici ai responsabili delle decisioni qualora fossero necessari interventi di ripristino o contromisure. Nell'Artico, la Fossa di S. Anna/Voronin è stata individuata come una regione chiave per lo scambio di masse d'acqua tra la piattaforma artica e l'Oceano Centrale Artico. Col tempo, il materiale radioattivo che filtra dai reattori nucleari e dagli altri residui nucleari scaricati nel Mare di Kara subirà un processo di avvezione attraverso questa zona. I dati sulla concentrazione del plutonio in acque filtrate, superficiali e sottosuperficiali raccolte lungo una sezione latitudinale di queste fosse nell'estate 1996, non evidenziano concentrazioni di plutonio in aumento derivanti dal materiale scaricato. Tuttavia, i dati evidenziano l'immissione, in direzione Nord-Sud attraverso la Fossa di S. Anna, di acque atlantiche modificate marcate con concentrazioni di plutonio significativamente più elevate. I dati confermano il trasporto a lungo raggio del plutonio nella fase disciolta, probabilmente come combinazione di plutonio in soluzione vera con una frazione più piccola in forma colloidale. Attualmente, continuano le attività pratiche e di laboratorio, mentre il completamento del progetto è previsto nel giugno 1999.