Skip to main content
Vai all'homepage della Commissione europea (si apre in una nuova finestra)
italiano italiano
CORDIS - Risultati della ricerca dell’UE
CORDIS

Article Category

Contenuto archiviato il 2023-03-24

Article available in the following languages:

Ricercatori dell’UE scoprono come la venere acchiappamosche non è sempre stata una pianta carnivora

Il progetto CARNIVOROM, finanziato dall’UE, ha pubblicato una ricerca su come la venere acchiappamosche è diventata una pianta carnivora che si nutre di insetti grazie al suo genoma.

La venere acchiappamosche ha affascinato i biologi per secoli per il fatto che le basi molecolari della sua evoluzione carnivora sono rimaste per lo più sconosciute. In un articolo pubblicato sulla rivista Genome Research(si apre in una nuova finestra), i ricercatori del progetto CARNIVOROM hanno ora gettato luce su questo duraturo mistero biologico. La venere acchiappamosche non è certamente l’unica pianta carnivora – la drosera intrappola la preda con i suoi tentacoli adesivi e le piante a caraffa utilizzano enzimi per attirare il loro prossimo pasto. Le abitudini aggressive delle piante carnivore permettono loro di sopravvivere nei terreni poveri, offrendo loro una fonte diversa di azoto e altri nutrienti. Molti biologi hanno a lungo sospettato che tali comportamenti predatori si fossero evoluti quando gli antenati delle piante carnivore odierne hanno trasformato i meccanismi di difesa contro gli insetti nocivi in armi offensive. Tale ipotesi ha adesso ottenuto ulteriori consensi in seguito a uno studio genetico approfondito condotto dal team di CARNIVORUM, guidato dal biofisico prof. Rainer Hedrich e il bioinformatico prof. Jorg Schultz dell’Università Julius Maximilian di Wurzburg, Germania. In particolare, la venere acchiappamosche riconosce la sua preda utilizzando i peli sensibili presenti sulla superficie interna della trappola. Nelle simulazioni, questi peli producono un segnale elettrico che viene trasmesso alla pianta. Dopo il primo stimolo, la trappola memorizza il segnale ma non si chiude, lo scatto avviene invece dopo il secondo stimolo. La preda catturata attiverà rapidamente i peli sensibili, provocando segnali elettrici ripetitivi che vengono “memorizzati” dalla pianta. Ad oggi, non sono stati identificati geni carnivori specifici per la venere acchiappamosche. Per comprendere i percorsi molecolari coinvolti nell’alimentazione con insetti, i ricercatori in Germania e i loro partner in Arabia Saudita hanno generato profili trascrizionali dell’intero genoma delle trappole prima dell’alimentazione e poi dopo che avevano catturato un grillo e iniziavano a digerirlo vivo. In seguito hanno confrontato questi profili di genomi ad altri tessuti vegetali. Le trappole non stimolate hanno schemi di espressione genica che assomigliano per lo più a quelli delle foglie, sostenendo l’ipotesi che le trappole siano foglie modificate. Tuttavia, le ghiandole all’interno delle trappole, che promuovono la digestione degli insetti e sono attivate alcune ore dopo per aiutare l’assorbimento dei nutrienti, assomigliano molto di più agli schemi di espressione genica delle radici. Essi sono ovviamente determinanti per l’assimilazione dei nutrienti nelle piante non carnivore. Sembra che la chiave della straordinaria evoluzione della venere acchiappamosche stia nella chitinasi, un enzima che digerisce la chitina nell’esoscheletro degli insetti. “Di solito, il contatto con la chitina è pericoloso per la pianta, in quanto gli insetti mangerebbero la pianta,” ha spiegato il prof. Hedrich. “Nella venere acchiappamosche, questi processi di difesa sono stati riprogrammati durante l’evoluzione – la pianta ora li usa per mangiare gli insetti.” I ricercatori hanno anche utilizzato la microscopia elettronica per studiare le ultrastrutture delle ghiandole della trappola, scoprendo strati cellulari specializzati coinvolti nelle attività di secrezione, trasporto dei nutrienti, stoccaggio dell’energia lipidica e biosintesi proteica, necessarie per il funzionamento della trappola. Il progetto CARNIVORUM, in parte finanziato dal Consiglio europeo della ricerca (CER), si è ufficialmente concluso a febbraio 2016 e ha ricevuto 2,5 milioni di euro di finanziamenti dall’UE. Per maggiori informazioni, consultare: Pagina del progetto su CORDIS(si apre in una nuova finestra)

Paesi

Germania

Articoli correlati

Il mio fascicolo 0 0