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Tendenze scientifiche: esiste un legame tra le malattie gengivali e l’Alzheimer?

Un nuovo studio ha scoperto che le malattie gengivali hanno un ruolo importante nello sviluppo dell’Alzheimer.

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L’Alzheimer è una malattia cronica senza cura e la sua causa è poco conosciuta. Una ricerca pubblicata sulla rivista «Science Advance» afferma che una cattiva salute orale è un fattore di rischio per il morbo di Alzheimer. I batteri che causano malattie gengivali potrebbero stimolare l’Alzheimer? Un team di ricercatori ha esaminato il potenziale legame tra Porphyromonas gingivalis (Pg), un tipo di batterio associato alle malattie gengivali, e gli effetti del morbo di Alzheimer sul cervello. Test di laboratorio con i topi effettuati in Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia hanno dimostrato che i batteri possono potenzialmente viaggiare dalla bocca di un soggetto al suo cervello, arrivando a distruggerne i neuroni. Il Pg è stato anche trovato in 51 su 53 autopsie cerebrali di pazienti con morbo di Alzheimer. I risultati dimostrano che il Pg è presente nel cervello delle persone con Alzheimer e non solo nella loro bocca e mostrano anche che, nei topi, i batteri provocano i cambiamenti cerebrali tipici della malattia. La co-autrice principale Casey Lynch ha dichiarato alla «CNN» che «la pubblicazione getta luce su un inaspettato fattore chiave della patologia di Alzheimer: il batterio comunemente associato alla malattia cronica delle gengive». Ha continuato osservando che, nonostante «significativi finanziamenti e il massimo impegno delle comunità accademiche, industriali e di sostegno, i progressi clinici contro l’Alzheimer sono stati frustranti e lenti». Lo studio rivela che enzimi tossici del Pg chiamati gingipain sono stati trovati anche nel cervello dei pazienti con il morbo di Alzheimer. I loro livelli sono correlati ai livelli di grovigli neurofibrillari, resti danneggiati di proteine chiamati tau che sono necessari per una normale funzione cerebrale. Quando i ricercatori hanno infettato di Pg i topi per via orale, hanno registrato nel cervello un aumento di beta amiloide, la placca associata all’Alzheimer. Tuttavia, lo studio spiega che i batteri sono presenti anche a bassi livelli, nel 25% delle persone sane che non hanno avuto alcuna malattia orale. «Gli agenti infettivi sono stati già implicati prima nello sviluppo e nella progressione del morbo di Alzheimer», ha affermato il co-autore principale, il dott. Stephen Dominy. «Ma le prove di causalità non sono state convincenti». E prosegue: «Ora, per la prima volta, abbiamo prove concrete che collegano la patogenesi di Pg e l’Alzheimer, dimostrando al contempo il potenziale di una classe di terapie a piccole molecole in grado di cambiare la traiettoria della malattia». Le prove sono abbastanza solide? La comunità scientifica riconosce che lo studio si aggiunge alle prove che collegano le malattie gengivali alla demenza; tuttavia, restano alcune domande serie a cui rispondere. Non è ancora chiaro quale ruolo abbiano i batteri gengivali nello sviluppo dell’Alzheimer. Parlando alla «BBC», la prof.ssa Tara Spires-Jones, del Dementia Research Institute presso l’Università di Edimburgo, ha affermato che «dovremmo attendere una più ampia sperimentazione clinica per vedere se sarà utile per le persone che convivono con il morbo di Alzheimer». Indipendentemente dal fatto che queste audaci scoperte offrano speranza per un nuovo modo di affrontare la forma più comune di demenza, l’igiene orale dovrebbe essere una priorità di salute pubblica molto più alta, in particolare per gli anziani. Finché non ci sono prove evidenti di un legame, spazzolare i denti e usare il filo interdentale non è mai una cattiva pratica, indipendentemente dall’età.

Paesi

Stati Uniti

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