Proposte nuove restrizioni dei diritti di proprietà intellettuale per i ricercatori dell'Università di Cambridge
La decisione dell'Università di Cambridge (Regno Unito) di limitare i diritti di proprietà intellettuale dei propri ricercatori può costituire un precedente che avrà risvolti sul lavoro degli scienziati e sulla capacità dell'ateneo di attirare studiosi di prim'ordine. L'università ha pubblicato quest'estate una relazione mirata ad introdurre un approccio unico ai diritti di proprietà intellettuale sulle attività e sulle idee sviluppate al suo interno, con l'obiettivo dichiarato di proteggere i ricercatori e gli studenti dagli investitori di capitale di rischio intenzionati ad approfittare delle scoperte scientifiche. A partire dal 1° gennaio 2003, l'università inglese rivendicherà tutti i diritti di proprietà intellettuale acquisiti dal proprio personale nello svolgimento delle mansioni abituali. Ai ricercatori verrà chiesto di rinunciare all'insieme dei diritti di proprietà intellettuale a favore dell'ente accademico e di collaborare con l'università in merito a qualsiasi forma di valorizzazione delle invenzioni. Alla luce di questi cambiamenti, l'università potrebbe incontrare maggiori difficoltà per mantenere il buon livello dei risultati finora ottenuti nel generare attività di spin-off, specialmente nel settore dell'high-tech. Tuttavia, la relazione pubblicata dall'ateneo nega quest'ipotesi. "Questo ragionamento può sembrare persuasivo, ma non è dimostrabile ed una politica fondata unicamente su postulati e convinzioni non è giustificabile", si afferma nel documento. Secondo gli autori, i nuovi provvedimenti solleveranno i ricercatori dall'onere di dover valorizzare le nuove invenzioni in assenza di un sistema adeguato di sostegno e garantiranno che i benefici di qualsiasi nuova scoperta non vadano perduti per la società.