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A laser made entirely of living cells and materials derived from living organisms

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Fare entrare la luce: i microlaser nel corpo indicano la strada per monitorare meglio le cellule e per formulare terapie future

Andando oltre il semplice trarre ispirazione da processi biologici, il progetto LIVINGLASER, finanziato dall’UE, ha di fatto cooptato la natura per creare microlaser adattabili, che consentono di prospettare una nuova generazione di diagnostica medica e di opzioni terapeutiche.

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Se si pensa ai laser che tradizionalmente escono dai laboratori di fisica e vengono generalmente utilizzati per la produzione e per ottenere soluzioni di prodotto, dai robot industriali ai lettori di DVD, forse non sorprende che siano spesso considerati dispositivi tecnici. Eppure si tratta di un’idea fuorviante. Un laser comporta semplicemente l’insieme di tre elementi: una cavità ottica, una fonte di energia esterna e il materiale di guadagno, che amplifica la luce. La sperimentazione su tali componenti base spalanca vaste possibilità creative di produzione e impiego di laser, come ha dimostrato il progetto LIVINGLASER, finanziato dall’UE. L’introduzione dei biolaser LIVINGLASER si è proposto di fondarsi sulle premesse di un lavoro precedente che ha integrato i laser in sistemi biologici. In tale operazione, i laser possono funzionare come sensori, permettendo di comprendere processi cellulari, specialmente se in combinazione con pigmenti fluorescenti. Un ulteriore vantaggio consiste nel fatto che la collocazione all’interno di cellule e tessuti consente di misurare e seguire sul lungo periodo gli organismi, ai fini di una migliore diagnostica. Inoltre, in effetti, l’ottenimento di laser da materiali biocompatibili, biodegradabili e perfino viventi rende ancora più semplice il loro impianto negli organismi. Il team del progetto ha dimostrato il funzionamento di un laser all’interno di una cellula umana viva. Il laser era dieci volte più piccolo del diametro di un capello umano e composto di gocce di polistirene solido. Come spiega il coordinatore del progetto, il dott. Matjaz Humar, “Le gocce contenevano un pigmento fluorescente e la superficie della goccia limitava la luce all’interno della sfera, creando così la necessaria cavità ottica. Abbiamo inserito tali gocce laser in cellule vive in coltura, che hanno avvolto i laser in qualche ora. Successivamente, abbiamo attivato i laser illuminandoli con luce esterna, senza danneggiare le cellule.” Poiché i laser in goccia entro ciascuna cellula emettono una luce leggermente diversa, rappresentano un marcatore unico, facilmente rilevabile e utilizzabile per marcare le cellule, oltre a essere un sensore molto sensibile. Il dott. Humar precisa: “Abbiamo misurato il cambiamento nell’indice di rifrazione, che è direttamente correlato alla concentrazione di componenti chimici all’interno delle cellule, come il DNA, le proteine e i lipidi. Prosegue affermando che “Progettando con attenzione i laser, si potrebbero marcare in modo univoco mille miliardi di cellule. Vale a dire ogni singola cellula del corpo umano”. Come alternativa, il team ha anche utilizzato una micropipetta per iniettare una gocciolina di olio, contenente pigmenti fluorescenti, perché funzionasse come un laser all’interno delle cellule. La cellula ha deformato la gocciolina; le forze cellulari determinate da processi come la divisione e la migrazione sono state seguite e misurate con grande precisione, analizzando la luce emessa. Approfondendo ulteriormente il concetto di biolaser, il team ha realizzato, in qualche misura sorprendendosi, attività laser all’interno di adipociti. Come spiega ancora il dott. Humar: “Gli adipociti contengono già goccioline di lipidi in grado di fungere da cavità creando laser naturali. Ciò significa che ciascuno di noi ha già al suo interno milioni di laser nel tessuto adiposo, che attendono soltanto di essere attivati per produrre luce laser”. Inoltre, per ampliare la cooptazione di forze naturali di cui si avvalso il progetto, invece di aggiungere pigmenti agli adipociti, il team è riuscito a sperimentare con cellule che producono proteine fluorescenti verdi e si è servito di bioluminescenza, una fonte naturale di luce. Preparazione a una varietà di opzioni diagnostiche e terapeutiche Le opzioni individuate da LIVINGLASER per impiantare, iniettare o adottare laser presenti naturalmente all’interno di vari tessuti, presenta una varietà di opzioni terapeutiche. Alla fine, potrebbero offrire un rilevamento a distanza dell’interno del corpo umano, evitando la necessità di campioni di tessuto. Potrebbero anche servire per la somministrazione mirata di farmaci, mediante i laser che attivano farmaci fotosensibili e, in tal modo, uccidere microbi o cellule carcinomatose. Inoltre, la marcature di singole cellule agevolerà lo studio della migrazione delle cellule, ivi compresa la metastasi del cancro. Per sostenere più efficacemente la tecnologia, LIVINGLASER ha sviluppato una microscopia a super-risoluzione, particolarmente utile per acquisire immagini in profondità di tessuti biologici. Il team ha anche sviluppato fibre ottiche bioderivate o biocompatibili e biodegradabili, utilizzabili per pompare tali laser in profondità all’interno del corpo umano. È già stato sviluppato come prova di concetto un legame tissutale fotochimico per richiudere le ferite, che potrebbe consentire una guarigione più rapida e cicatrici meno evidenti.

Parole chiave

LIVINGLASER, terapia laser, biolaser, monitoraggio cellulare, biosensori, pigmenti fluorescenti, imaging tissutale, fotonico, adipociti, gocce lipidiche, indice di rifrazione, gocce di polistirene, diagnosi, biocompatibile, biodegradabile, bioderivato

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