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Accurate Waveforms for Extreme/Intermediate-mass-ratio-inspirals (AWE)

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Decriptare le onde gravitazionali dei sistemi di buchi neri binari

Non è una coincidenza che il Premio Nobel per la fisica di quest’anno sia andato agli scienziati che hanno dato inizio all’astronomia delle onde gravitazionali. Questo ramo emergente può, infatti, rivelare nello spazio tutto ciò che l’assenza di radiazione elettromagnetica rendeva in precedenza invisibili all’astronomia tradizionale. I sistemi binari di buchi neri compatti sono una di queste e grazie al lavoro svolto nell’ambito del progetto AWE, adesso si conoscono meglio.

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Anche se Albert Einstein ci aveva già insegnato che le onde gravitazionali – increspature di gravità causate dal moto della materia – regolarmente inondano la Terra per allungare e restringere lo spazio intorno a noi, solo recentemente gli scienziati sono riusciti a rilevarle. In effetti, l’ultima volta che lo hanno fatto è stata il 28 settembre 2017, quando le onde gravitazionali di buchi neri in collisione sono state rilevate per la quarta volta nella storia. “Ciascuna rilevazione ci ha insegnato cose nuove e a volte sorprendenti sull’universo,” dice Niels Warburton, ricercatore dell’University College di Dublino (UCD) che ha passato due anni al Massachusetts Institute of Technology (MIT) per portare avanti questo nuovo campo di ricerca. Con il suo progetto AWE (Accurate Waveforms for Extreme/Intermediate-mass-ratio-inspirals), Warburton si proponeva di gettare le basi per LISA (Laser Interferometer Space Antenna) dell’Agenzia Spaziale Europea – un futuro rilevatore di onde gravitazionali nello spazio. A differenza dei rilevatori basati sulla Terra, nei quali il rumore sismico annega i segnali a basse frequenze, questo rilevatore sarà in grado di misurare le onde che vengono da sistemi con un piccolo rapporto di massa. “Una fonte di queste onde sono i cosiddetti rapporti di massa di spiraleggiamento estremi (Extreme-mass-ratio-inspirals o EMRI) nei quali un oggetto stellare di massa compatta (come una stella molto densa o un buco nero) è in orbita intorno a un buco nero di massa milioni di volte maggiore di quella del Sole. Questi sistemi emetteranno onde gravitazionali per mesi o anni, ma per estrarre il segnale dal flusso di dati rumoroso ci vogliono modelli molto accurati delle onde in arrivo. Il progetto AWE ha sviluppato ulteriormente questi modelli cruciali per i preparativi per la missione LISA,” spiega Adrian Ottewill, coordinatore del progetto e Professore di Fisica matematica presso l’UCD. Per fare ciò, Warburton ha applicato la teoria della perturbazione del buco nero, che ha ulteriormente sviluppato. “Associando le mie competenze a quelle dei miei due gruppi ospitanti e dei miei collaboratori, ho già pubblicato diversi articoli durante la mia borsa di ricerca e ne sto preparando altri,” dice. Di queste sette pubblicazioni, cinque hanno fatto progressi nella modellazione delle onde gravitazionali da binari con rapporto di massa estremo come descritto nella proposta originale di progetto. Gli altri due articoli non erano previsti inizialmente, ma sono comunque molto importanti: “Poco dopo aver cominciato alla MIT, un collega che avevo incontrato un paio di volte a delle conferenze durante il mio dottorato di ricerca è entrato nel mio ufficio. Ci siamo subito resi conto di avere competenze complementari che ci permettevano di fare progressi veloci nello studio dell’emissione dell’onda gravitazionale dall’inspirale di un oggetto compatto in un buco nero massiccio con un’alta velocità di rotazione,” ricorda Warburton. C’è una velocità massima alla quale un buco nero può ruotare e i buchi neri che ruotano a tale velocità o a una velocità molto vicina a questa hanno una strana nuova fisica. Con il loro lavoro, Warburton e i suoi colleghi hanno dimostrato che le onde gravitazionali associate hanno una caratteristica molto distintiva – una “canzone” che, se rilevata, segnalerebbe immediatamente l’esistenza di uno di questi buchi neri che ruotano a una velocità insolitamente alta in natura. Il loro secondo articolo su questo argomento, che era intitolato “Inspiral into Gargantua” in riferimento al film di Christopher Nolan, Interstellar, ha attirato l’attenzione di organi di stampa come Space.com e Science News. Warburton è sicuro che la fisica necessaria per modellare inspirali di rapporto di massa estremo non è conosciuta e spera che, a un certo punto, il suo lavoro possa contribuire alla futura capacità della comunità di rilevarle e misurarle. Nel frattempo, intende continuare a modellare le onde gravitazionali nell’ambito di una borsa di ricerca della Royal Society – Science Foundation Ireland University. Sta coordinando anche la creazione di un software open-source per condividere le competenze all’interno della comunità e oltre. “Questo permetterà di impiegare meno tempo di ricerca per la codifica e di avere a disposizione più tempo da dedicare alla fisica,” ha detto.

Parole chiave

AWE, onda gravitazionale, radiazione, buco nero, LISA, MIT, rilevatore, EMRI, Interstellar

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