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INtegrating Distributed data Infrastructures for Global ExplOitation

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Software migliori per una scienza migliore

Sviluppando una piattaforma per i dati e il calcolo specificamente per le comunità scientifiche, il progetto INDIGO-DATACLOUD, finanziato dall’UE, sta aiutando i ricercatori europei a trarre vantaggio dal cloud computing.

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Nell’ambito di gran parte dei settori pubblico e privato, il cloud computing è ora onnipresente, come parte integrante dell’odierna infrastruttura come servizio (Infrastructure as a Service, IaaS). Tuttavia, il suo utilizzo non è ancora stato adottato in pieno dalla comunità scientifica, soprattutto ai livelli di piattaforma come servizio (Platform as a Service, PaaS) e di software come servizio (Software as a Service, SaaS). Realizzando che questa comunità potrebbe trarre vantaggio dal cloud computing, il progetto INDIGO-DATACLOUD ha sviluppato una piattaforma per i dati e il calcolo appositamente per le comunità scientifiche. “L’obiettivo di questo progetto era di fornire alla comunità scientifica europea gli strumenti necessari per rendere la ricerca più efficiente,” dice il coordinatore del progetto, Davide Salomoni. “Per farlo, abbiamo sviluppato una piattaforma capace di rispondere simultaneamente alle esigenze di calcolo, elaborazione e memorizzazione dei dati di ricercatori appartenenti a discipline molto diverse.” Soluzioni reali per problemi reali Per la produzione del software INDIGO il team di ricerca ha dovuto sfruttare il know-how europeo e riutilizzare ed estendere il software open source. Sono stati definiti rigorosi processi di sviluppo e gestione del software, e sono stati costruiti banchi di prova distribuiti interni per lo sviluppo di software e applicazioni e la pre-produzione. “Abbiamo avviato il progetto sapendo molto bene che, per usare le risorse distribuite in modo efficace, le comunità scientifiche dovevano svolgere procedure complesse,” dice Salomoni. “A volte non era neanche possibile sfruttare le risorse disponibili.” Secondo Salomoni, le problematiche andavano dal trovare le giuste risorse, fino al garantire che l’autenticazione e l’autorizzazione per il loro utilizzo fosse flessibile. Altre sfide riguardavano il trasferimento di applicazioni tradizionali ad ambienti distribuiti e farli funzionare in modo efficiente, federando sia il calcolo che i dati oltre i confini, ed esprimere requisiti di alto livello che potrebbero eventualmente essere trasformati in soluzioni senza bisogno di conoscenze TI approfondite. “Siamo partiti dalle problematiche effettive segnalate da molte comunità scientifiche e abbiamo scritto componenti software liberi che possono essere combinati, integrati e distribuiti nelle e-infrastrutture per risolvere tali questioni,” spiega Salomoni. “Questo processo ha subito messo in evidenza la necessità di una drastica semplificazione ed estensione degli strumenti e metodi TI, affinché gli scienziati possano usare le risorse per risolvere i loro problemi senza dover prima diventare esperti TI.” L’architettura INDIGO consiste in due principali versioni software e 14 aggiornamenti minori, tutti rilasciati gratuitamente con licenza open source. La prima versione, chiamata Midnight Blue, fornisce una piattaforma flessibile capace di operare su infrastrutture cloud sia pubbliche che private. La seconda, ElectricIndigo, si basa ed espande la prima versione per favorire la stabilità e fornire maggiore programmabilità, scalabilità, automazione e flessibilità. Il software INDIGO rilasciato può essere scaricato qui. Riunire i ricercatori La ricerca europea è frammentata, una situazione che ha portato a inefficienze e all’utilizzo subottimale delle risorse finanziate e del know-how. Ma grazie a progetti come INDIGO-DATACLOUD, che supporta l’iniziativa EOSC (European Open Science Cloud) dell’UE, questi pezzi iniziano a riunirsi. “Abbiamo dimostrato che campi scientifici diversi come il patrimonio culturale, fisica, bioinformatica, imagning medico, climatologia e molti altri, posso facilmente ed efficacemente utilizzare le loro applicazioni in ambienti distribuiti pubblici o privati integrando i componenti INDIGO,” conclude Salomoni.

Parole chiave

INDIGO-DATACLOUD, cloud computing, comunità scientifiche, ricerca, open source

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