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Reti quantistiche: il segreto della comunicazione del futuro

È possibile che la meccanica quantistica rappresenti la chiave di sviluppo della comunicazione ultrarapida di prossima generazione? Un progetto finanziato dal programma Marie Curie ha compiuto passi importanti per rispondere a tale domanda.

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Il progetto SIPHON, finanziato dall’UE, ha creato con successo fotoni singoli su richiesta e ha dimostrato che queste particelle possono superare in prestazioni gli atomi naturali in esperimenti relativi a fenomeni quantistici specifici. Questo risultato potrebbe avere importanti implicazioni nel mondo pionieristico della comunicazione quantistica. «La società di oggi è basata su un rapido accesso alle informazioni», afferma Klaus Jöns, coordinatore del progetto SIPHON e ricercatore presso l’Istituto reale di tecnologia svedese. «Essere in prima fila nella ricezione delle informazioni è fondamentale nell’imprenditoria, nella finanza, nella politica e nella sicurezza. La maggior parte dei nostri scambi di informazioni oggi avviene ovviamente tramite internet, ma persino questo mezzo ha dei limiti di capacità e, oltretutto, il trasferimento di dati non è sicuro.» Reti future Il progetto finanziato dall’UE di Jöns ha attinto dall’affascinante e misterioso mondo della meccanica quantistica per determinare con precisione la fattibilità di una rete futura che possa gestire grandi masse di flussi di dati. «L’idea è che, a livello quantistico, possiamo codificare informazioni nel più piccolo quanto di energia, una singola particella di luce chiamata fotone», spiega. «In questo modo, non solo diminuiremmo la quantità di energia richiesta per trasferire le informazioni, ma otterremmo anche una comunicazione completamente sicura, grazie ai principi della meccanica quantistica.» Il progetto era in particolare incentrato su un fenomeno quantistico noto come di non località. Questo effetto della meccanica quantistica è già ben compreso e sono stati condotti diversi esperimenti, in cui erano solitamente presenti due fotoni intrecciati. Una misurazione proiettiva di un fotone fa istantaneamente crollare lo stato di un altro fotone intrecciato in lontananza. Ciononostante, la non località di una singola particella, in particolare di un fotone singolo, solleva una domanda fondamentale: può un fotone singolo trovarsi simultaneamente in luoghi diversi? «La non località, descritta da Albert Einstein come “azione spettrale a distanza”, avviene quando delle particelle separate nello spazio vengono istantaneamente influenzate da un’azione che si svolge in una parte del sistema e in un luogo», spiega Jöns. «Con questo progetto abbiamo voluto verificare se le sorgenti di luce quantistica di moderni semiconduttori in nanoscala potessero dimostrare la non località nei fotoni.» Atomi artificiali Jöns e il suo team hanno utilizzato per i propri esperimenti dispositivi in nanoscala, chiamati anche atomi artificiali, e dimostrato che sono senza dubbio eccellenti sorgenti di fotoni singoli. Questi atomi artificiali hanno inoltre in molti casi superato in prestazioni gli atomi naturali. «Queste sorgenti di luce quantistica di semiconduttori in nanoscala hanno presentato la minor quantità di emissioni multifotoniche indesiderate», afferma Jöns. «Possono inoltre essere utilizzate per generare coppie di fotoni intrecciati in modo deterministico.» Questo nuovo metodo di generazione di coppie di fotoni intrecciati, su richiesta, potrebbe contribuire ad accelerare la ricerca. Il progetto ha inoltre scoperto che questi emettitori quantistici «lampeggiano», il che significa che a volte non emettono luce. Secondo Jöns, ciò dovrà essere preso in considerazione nello sviluppo di future applicazioni nel campo delle comunicazioni quantistiche. Benché sia chiaro che i fotoni singoli e intrecciati siano degli elementi importanti per la costruzione di reti quantistiche, Jöns sottolinea la necessità di una ricerca molto più fondamentale al fine di individuare le migliori sorgenti di luce quantistica in grado di soddisfare i requisiti più rigorosi. «Questo progetto Marie Curie mi ha consentito di sviluppare la mia rete di collaboratori», afferma. «È stato un passo importante per riuscire a diventare più indipendente e a sviluppare un mio portafoglio di ricerca. Mi ha inoltre offerto un ambiente di ricerca unico e una supervisione e un mentoring eccellenti, nel mio caso forniti dal prof. Val Zwiller all’Istituto reale di tecnologia di Stoccolma.»

Parole chiave

SIPHON, quantistica, Marie Curie, reti, comunicazione, fotoni, atomi

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