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Contenuto archiviato il 2023-03-02

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Gli archei riscriveranno il ciclo dell'azoto?

Ricercatori norvegesi hanno fatto una scoperta sorprendente che potrebbe riscrivere uno dei più fondamentali cicli biochimici esistenti sulla Terra, ossia quello dell'azoto. L'azoto costituisce il 78 per cento dell'atmosfera, ma è molto più utile quando è "fissato" sulla Ter...

Ricercatori norvegesi hanno fatto una scoperta sorprendente che potrebbe riscrivere uno dei più fondamentali cicli biochimici esistenti sulla Terra, ossia quello dell'azoto. L'azoto costituisce il 78 per cento dell'atmosfera, ma è molto più utile quando è "fissato" sulla Terra, dove può nutrire le piante, che a loro volta possono essere consumate come alimento e in definitiva entrare all'interno dell'organismo umano, in cui contribuisce a formare proteine e aminoacidi complessi, fra cui il DNA e l'RNA, che non solo sono essenziali per la vita, ma sono la vita stessa. In base alle conoscenze consolidate, l'azoto presente nell'aria viene "fissato" nel suolo e, grazie all'azione di vari batteri, diventa disponibile come nutrimento per le piante. Questo processo è la fase più importante del ciclo dell'azoto: l'ammoniaca si ossida, dando origine a nitriti e nitrati che possono essere facilmente assorbiti dalle piante. In realtà tutto questo potrebbe però risultare di marginale importanza. La professoressa Christina Schleper dell'Università di Bergen (Norvegia) ritiene che gli agenti biologici fondamentali non siano affatto i batteri, ma un altro gruppo, noto come archei. Le sue conclusioni, di cui è coautrice insieme a colleghi di Regno Unito, Stati Uniti e Germania, sono state pubblicate sulla rivista Nature. Classificati come gruppo distinto di creature viventi soltanto nel 1977 dai ricercatori Carl Woese e George Fox, gli archei sono molto simili ai batteri, e 3,8 miliardi di anni fa la Terra sarebbe stata popolata esclusivamente da batteri e archei. Le principali differenze tra archei e batteri sono da ricercarsi nella composizione molecolare e nella biochimica. Queste differenze consentono agli archei di vivere in ambienti estremi, nei quali sono infatti stati scoperti per la prima volta. Gli archei possono vivere in ambienti con un elevato livello di salinità e ad alte temperature, e possono trovarsi nelle fessure geologiche o nei geyser. Anche se gli archei sono stati rinvenuti in un numero sempre crescente di ambienti, fra cui il mare e il suolo, di essi si sa molto poco. Da calcoli recenti è risultato che gli archei rappresentano il 40 per cento della biomassa microbica esistente nel mare. "Molti di loro sono difficili da coltivare in laboratorio, in quanto il suolo è un sistema complesso che non può essere riprodotto in laboratorio. Soltanto gli archei che vivono in sorgenti di acqua calda o in altri ambienti estremi prosperano in condizioni artificiali di questo tipo", spiega la professoressa Schleper. "In un grammo di suolo sono presenti in media almeno 10 000 specie di microrganismi", afferma la professoressa Schleper. Per le sue analisi la professoressa Schleper ha utilizzato una tecnica per estrarre il DNA dagli organismi presenti nel suolo e quindi ne ha esaminato le sequenze per individuarne le specie, precisando che "questo è sostanzialmente il modo in cui gli scienziati hanno scoperto che gli archei sono presenti anche in campioni di suolo e non soltanto nelle sorgenti di acqua calda o nelle profondità degli oceani". Nell'ambito di questo processo di sequenziamento del DNA, la professoressa Schleper ha ottenuto indicazioni riguardo alla natura degli archei, tra cui l'esistenza di geni che nei batteri sono responsabili della "fissazione" dell'azoto. Il gruppo di ricercatori ha trovato gli archei ovunque, e a sorprendenti profondità del sottosuolo, molto dopo che i batteri erano gradualmente scomparsi, rendendo gli archei circa 3 000 volte più abbondanti. La ricerca non è stata ancora completata. La professoressa Schleper ha scoperto il gene che ossida l'ammoniaca, ossia quello che è all'origine del processo fondamentale, in grandi quantità nei campioni di archei. Ciò che ancora non sa, e che pertanto costituirà l'oggetto della prossima fase della ricerca, è in che misura gli archei o i batteri contribuiscono al processo di ossidazione. "È ancora troppo presto tuttavia per poter dire che si dovranno riscrivere i libri di testo", afferma la professoressa Schleper. Sarà necessario in primo luogo verificare la sua teoria e confrontare i batteri e gli archei "cercando di interrompere il processo in un gruppo e osservando quali sono gli effetti sull'ossidazione nel complesso, o cercando di caratterizzare la biochimica che è alla base di ciascun gruppo". Finora il ciclo dell'azoto è stato considerato unicamente in termini di batteri, e l'attenzione si è concentrata sui batteri in settori in cui l'azoto riveste un'importanza fondamentale, come il trattamento delle acque reflue o l'agricoltura, in particolare nelle zone in cui vi è stata un'eccessiva fertilizzazione. Se gli archei sono davvero responsabili dell'ossidazione dei composti dell'azoto e possono vivere in ambienti estremi, questi vecchi organismi misteriosi e in larga misura dimenticati potrebbero rivelarsi fondamentali per mantenere pulito e gestire il nostro fragile pianeta.

Paesi

Norvegia