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Contenuto archiviato il 2023-03-02

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Le imprese europee non sono pronte per un'eventuale pandemia d'influenza

Le imprese in Europa non sono abbastanza preparate per una eventuale pandemia d'influenza. È questa la principale conclusione di una nuova relazione intitolata "Business continuity planning and pandemic influenza in Europe", pubblicata dalla London School of Hygiene and Tropic...

Le imprese in Europa non sono abbastanza preparate per una eventuale pandemia d'influenza. È questa la principale conclusione di una nuova relazione intitolata "Business continuity planning and pandemic influenza in Europe", pubblicata dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine (LSHTM). Dopo avere esaminato i governi dei 27 Stati Membri dell'UE, oltre a quelli della Turchia, della Norvegia e della Svizzera, e 13 organizzazioni di consulenza indipendenti, i ricercatori dell'LSHTM hanno concluso che le linee guida e i livelli di consulenza forniti alle imprese in un settore diverso dalla salute sono insufficienti. Oltre un terzo dei paesi non offrono consulenza di nessun tipo e solo otto hanno dimostrato di possedere livelli di consulenza significativi. L'analisi parte dall'ipotesi che un ceppo altamente patogeno d'influenza aviaria possa innescare una nuova pandemia influenzale. Anche se riconoscono che sono stati fatti notevoli sforzi strategici ed operativi per preparare i sistemi sanitari nazionali ad un possibile focolaio, i ricercatori sottolineano tuttavia che la sfida di garantire la continuità delle attività al di fuori del settore della sanità è stata più che ampiamente trascurata. "Tutto questo potrebbe dare luogo a livelli disuguali ed incoerenze di preparazione nel settore dell'economia, con importanti implicazioni per tutta l'Europa", spiega Alexander Conseil, ricercatore di grado superiore presso l'LSHTM. I settori più vulnerabili includono servizi essenziali come le banche, gli scarichi e le reti fognarie, le centrali elettriche e le comunicazioni, la rete idrica, i trasporti e la raccolta dei rifiuti. Questi ed altri servizi potrebbero subire notevoli pressioni durante una pandemia, per via della perdita di risorse umane: secondo le stime, per esempio, in caso di pandemia dal 15 al 50% dei dipendenti avrà bisogno di un congedo malattia supplementare di una durata che va da 5 a 14 giorni. Solo dieci dei trenta paesi valutati dispone di un programma di supporto delle risorse umane. Oltre a questa lacuna, la relazione ne identifica diverse altre: - gestione dei dipendenti sospettati di essere ammalati al lavoro; - assenza di indicazioni sull'immagazzinamento aziendale generale di medicinali antivirali; - incoerenza dei piani di continuità aziendale con le fasi temporali pandemiche delle organizzazioni nazionali o dell'OMS (Organizzazione mondiale della Sanità); - la comunicazione esterna è ignorata; - le questioni giuridiche non sono trattate; - l'orientamento per l'acquisizione e la distribuzione di dispositivi di protezione personale è confuso; - scarse indicazioni quanto alle misure sociali di distanziamento sul luogo di lavoro; - assenza di meccanismi per agevolare la condivisione delle buone prassi; - i piani per la ripresa delle attività dopo una pandemia sono stati trascurati. Molti paesi, inoltre, si affidano a consulenti privati per disporre delle quanto mai necessarie linee guida e consulenza. Ma le tariffe praticate da queste agenzie di consulenza sono fuori della portata di molte aziende, specie le piccole e medie imprese. "Suggeriamo che le organizzazioni di consulenza sia pubbliche che private intraprendano un'azione immediata per sviluppare linee guida più complete", dice il Dr Richard Coker, Lettore di Sanità pubblica presso l'LSHTM. "L'orientamento inoltre dovrà essere esplicito quanto alle responsabilità sociali aziendali, e le azioni dovranno essere coerenti con gli obiettivi strategici aziendali, la pianificazione operativa e le strategie nazionali".

Paesi

Regno Unito

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