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Contenuto archiviato il 2023-03-07

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Allarme degli scienziati: gli incendi nell'Amazzonia rischiano di vanificare gli sforzi delle Nazioni Unite per ridurre le emissioni di carbonio

Una ricerca effettuata dall'Università di Exeter (Regno Unito) ha evidenziato che i contadini dell'Amazzonia tendono ad accendere più fuochi nelle aree meno colpite dalla deforestazione, col rischio di vanificare il contenimento delle emissioni di carbonio raggiunto grazie all...

Una ricerca effettuata dall'Università di Exeter (Regno Unito) ha evidenziato che i contadini dell'Amazzonia tendono ad accendere più fuochi nelle aree meno colpite dalla deforestazione, col rischio di vanificare il contenimento delle emissioni di carbonio raggiunto grazie alle misure delle Nazioni Unite. Nella regione amazzonica un incendio spontaneo è un evento raro, ma i contadini brasiliani bruciano il terreno agricolo ogni tre anni per ottimizzare le sostanze nutritive presenti nel suolo e fare in modo che il terreno mantenga un livello qualitativamente adeguato alla produzione di generi alimentari. La ricerca, finanziata dall'ente britannico National Environment Research Council (NERC), è stata pubblicata sulla rivista Science. Dall'analisi dei dati satellitari relativi a deforestazione e incendi della più grande foresta pluviale al mondo (la mappa con la copertura del suolo è stata fornita dal Centro comune di ricerca (CCR) della Commissione europea) risulta che ben il 59% degli incendi interessano le aree caratterizzate da una deforestazione ridotta. I ricercatori temono che le emissioni di carbonio aggiuntive prodotte dalla dispersione degli incendi dalle fattorie alla foresta circostante potrebbero in parte vanificare il risparmio di anidride carbonica ottenuto mediante il programma Reducing Emissions from Deforestation and Degradation (REDD) delle Nazioni Unite, fondo fiduciario istituito per promuovere cambiamenti nella gestione delle foreste attraverso adeguati compensi economici. "Una variazione nella frequenza con cui viene appiccato il fuoco potrebbe compromettere i benefici ottenuti nell'ambito del programma REED delle Nazioni Unite poiché le tendenze di questo fenomeno sono opposte a quelle della deforestazione", ha affermato Luiz Aragão, ricercatore specializzato in tematiche ambientali dell'Istituto universitario di geografia. Lo scienziato suppone che se il programma delle Nazioni Unite non dovesse adottare misure sostenibili per la gestione delle aree diboscate che mettano al bando il ricorso al fuoco, il contenimento delle emissioni di anidride carbonica ottenuto mediante la sospensione della deforestazione potrebbe essere almeno in parte vanificato dall'aumento delle emissioni imputabili al fuoco. Il ricercatore ha poi sottolineato che "nonostante il ruolo vitale rivestito dal programma REDD delle Nazioni Unite in questa regione, l'attuale quadro delle Nazioni Unite non prende in considerazione questo fenomeno". Il dott. Aragão, insieme al collega Shimabukuro, ha invitato coloro che siedono al tavolo delle trattative di affrontare l'argomento nelle prossime sessioni di lavoro delle Nazioni Unite dedicate al clima. "L'efficacia del programma REDD come strategia di mitigazione del cambiamento climatico dipende in modo particolare dalla stabilizzazione di deforestazione e degrado della più grande foresta pluviale del mondo, quelle Amazzonica", scrivono gli scienziati. "É necessario che la popolazione amazzonica cambi il modo in cui utilizza e gestisce il suolo in modo da imparare a farlo senza ricorrere al fuoco", ha spiegato il dott. Aragão. "La popolazione avrà bisogno di un sostegno finanziario che le consenta di disporre dei macchinari, della formazione e delle conoscenze tecniche per avviare e portare avanti una gestione del suolo che non preveda l'uso del fuoco". "Modificando le pratiche di gestione del suolo nelle aree già colpite da deforestazione per la coltivazione a maggese e avviando pratiche agricole diversificate e sostenibili a livello comunitario e cooperativo è possibile ridurre in maniera drastica il ricorso al fuoco e le emissioni di anidride carbonica. È un processo costoso ma in grado di mantenere la stabilità delle riserve di carbonio della regione e la loro diversità", ha aggiunto. I ricercatori hanno sottolineato che per promuovere queste pratiche sono necessari ulteriori investimenti, "che vadano ad affiancarsi al meccanismo di finanziamento del programma REDD". Questi fondi andrebbero a "promuovere pratiche per l'uso del suolo ecosostenibili all'interno delle comunità locali e tra i contadini dell'Amazzonia e a finanziare sistemi di monitoraggio che consentono la quantificazione del degrado forestale e delle dinamiche delle foreste secondarie", hanno affermato Aragão e Shimabukuro. I ricercatori hanno inoltre evidenziato che l'eventuale fallimento del contenimento del ricorso al fuoco in Amazzonia potrebbe "scoraggiare investitori e donatori a partecipare al programma REED poiché i risultati ottenuti mediante la riduzione della deforestazione potrebbero essere vanificati dalle perdite di anidride carbonica legate all'uso del fuoco e poiché manca un sistema completo e affidabile per monitorare, riportare e verificare le emissioni". Le Nazioni Unite stimano che la deforestazione sia responsabile di circa un quinto di tutte le emissioni di gas a effetto serra riconducibili ad attività umane. Questo ultimo studio ha consentito di stabilire che la deforestazione nella parte brasiliana della Foresta Amazzonica, dal 1998 al 2007, ha portato alla perdita annuale di 19.000 chilometri quadrati di foresta, ovvero al rilascio di 280 milioni di tonnellate di carbonio all'anno. Negli ultimi anni, gli incendi hanno probabilmente causato emissioni comparabili a quelle della deforestazione, un dato che può essere paragonato ai circa 450 milioni di tonnellate di anidride carbonica assorbiti annualmente dalla foresta.

Paesi

Brasile, Spagna, Italia, Regno Unito

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