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Stardust to asteroids: Unravelling the formation and earliest evolution of a habitable solar system

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La composizione isotopica dei meteoriti fa luce sul primo sistema solare

L’analisi isotopica di elementi trovati nei meteoriti fornisce indizi chiave per comprendere la formazione e l’evoluzione del sistema solare. Potrebbe anche aiutare gli scienziati ad approfondire la potenziale abitabilità di altri sistemi solari.

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L’aspetto più interessante di un meteorite potrebbe sembrare lo spettacolo di luci che crea quando attraversa l’atmosfera, apparendo come una sfera di fuoco incandescente. Tuttavia, i cosmochimici studiano i meteoriti perché contengono una registrazione della primissima storia del sistema solare che risale a circa 4,6 miliardi di anni fa. I meteoriti contengono informazioni su come il sistema solare si sia evoluto nel Sole e nei pianeti di oggi. Alcuni meteoriti forniscono indizi sulle percentuali degli elementi presenti nel sistema solare nel suo insieme. Misurare le variazioni dell’abbondanza di isotopi nei meteoriti funge da base per la cronologia dell’assemblaggio e della differenziazione dei corpi planetari nel giovane sistema solare. «La combinazione di dati sulla datazione radioattiva e la composizione isotopica nei meteoriti ci consente di comprendere meglio da dove provengono i primi materiali che si sono formati nel sistema solare originario e come si sono assemblati per formare i pianeti», spiega Martin Bizzarro, coordinatore del progetto stardust2asteroids, finanziato dall’UE. «Il concetto di analisi isotopica nei meteoriti è simile all’uso del DNA per comprendere l’evoluzione umana. Ogni pianeta o asteroide ha una certa firma isotopica. Ad esempio, la Terra e Marte hanno composizioni distinte per elementi come calcio e titanio, il che significa che si formano da diversi materiali precursori», aggiunge Bizzarro. Questo approccio ci consente di tracciare i materiali precursori sui pianeti sia nello spazio che nel tempo.

I condruli: una finestra sull’alba della formazione del pianeta

I meteoriti più antichi e incontaminati sono chiamati condriti. Quasi tutti presentano al loro interno piccole sferule chiamate condruli. Si ritiene che questi oggetti di dimensioni millimetriche formati da particelle di polvere fluttuanti nel disco protoplanetario rappresentino i primi nuclei di pianeti. Nella nuova ricerca pubblicata sulla rivista «Science Advances», il team di stardust2asteroids ha determinato la cronologia della formazione dei condruli sulla base di analisi isotopiche, dimostrando che essi si sono formati entro il primo milione di anni dalla formazione del Sole e che il loro riutilizzo e trasporto di massa verso l’esterno avvenne durante l’intera vita del disco protoplanetario. I risultati del progetto confermano che i condruli sono tra i materiali solidi più antichi trovati nel sistema solare ad aver alimentato la rapida crescita dei pianeti. Le variazioni nella composizione isotopica del calcio nel sistema solare interno possono essere utilizzate per studiare la relazione tra meteoriti e pianeti rocciosi. Gli isotopi di calcio sono coinvolti nella formazione delle rocce e per questo offrono indizi sull’origine del pianeta. In una ricerca pubblicata su «Nature», il team del progetto ha scoperto che i rapporti isotopici del calcio nei campioni erano correlati alle masse dei loro pianeti e meteoriti progenitori. Ciò fornisce la prova che i pianeti rocciosi si sono formati attraverso l’accrescimento di condruli durante i primi cinque milioni di anni della formazione del disco protoplanetario. In altre ricerche pubblicate negli «Atti della National Academy of Sciences», gli scienziati hanno dimostrato che i condriti carbonacei ricchi di metalli si sono formati nella regione esterna del sistema solare dove esistono oggetti cometari. Questi offrono un’istantanea del sistema solare originario e mostrano che gli elementi costitutivi della vita sulla Terra provengono dallo spazio. Il progetto stardust2asteroids ha migliorato la nostra comprensione dell’origine della materia e di come abbia contribuito a formare i pianeti nel nostro sistema solare abitabile. «Il successo dei nostri sforzi sta nelle nostre tecniche avanzate che ci hanno permesso di misurare la composizione isotopica di raro materiale extra-terrestre con la massima precisione possibile», conclude Bizzarro.

Parole chiave

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