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Contenuto archiviato il 2023-04-13

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Scolpita nella pietra? Trasformiamo la CO2 in roccia, definitivamente

Gli scienziati sono riusciti a catturare la CO2 altrimenti emessa e a trasformarla in minerali carbonati in profondità nel sottosuolo, in meno di 2 anni.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

Secondo una relazione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), nel 2018 le emissioni globali di CO2 hanno raggiunto il massimo storico. «In conseguenza dell’aumento del consumo energetico, le emissioni globali di CO2 legate all’energia sono salite a 33,1 Gt, registrando un aumento dell’1,7 %» afferma l’AIE, sottolineando la necessità di un’azione più rapida e più forte per affrontare il cambiamento climatico. Alcuni scienziati hanno lavorato a nuovi metodi per mitigare il riscaldamento globale, compreso l’aumento della cattura e dello stoccaggio del carbonio (CCS). Il progetto CarbFix2, finanziato dall’UE, ha compiuto grandi passi avanti nello sviluppo di un processo e di una tecnologia sicuri, efficienti ed economici per lo stoccaggio permanente di minerali di CO2 nel sottosuolo. La tecnologia CCS esiste dagli anni ’70, anche se con un uso limitato a causa di vari ostacoli alla sua diffusione, e il costo è l’ostacolo più significativo. Il CCS consiste nell’intrappolare la CO2 emessa da grandi fonti puntuali quali le centrali elettriche, comprimerla e trasportarla in un sito di stoccaggio adeguato dove viene iniettata nel terreno. Durante questo processo che utilizza lo stoccaggio in formazioni geologiche profonde, la CO2 viene convertita in una forma liquida ad alta pressione, nota come CO2 supercritica. Questa CO2 viene iniettata direttamente nelle rocce sedimentarie in giacimenti esauriti di petrolio e gas e letti di carbone, o in formazioni saline. Tuttavia, il metodo di CCS convenzionale comporta un rischio. Il gas può tornare nuovamente nell’atmosfera «o nelle falde acquifere di acqua dolce sovrastanti», come indicato sul sito web del progetto.

Tecnologia più sicura

I partner del progetto ritengono che il loro metodo sia più sicuro delle tecniche CCS tradizionali «perché comporta uno stoccaggio immediato della solubilità e uno stoccaggio rapido dei minerali che immobilizza permanentemente la CO2» Il sito web spiega come viene contrastato il rischio di perdite: «Gran parte di questo rischio viene eliminato una volta che la CO2 iniettata viene dissolta nella fase acquosa, poiché l’acqua satura di CO2 è più densa dell’acqua priva di CO2. Anche le reazioni chimiche tra la roccia basaltica ospite e l’acqua di iniezione carica di CO2 si sono dimostrate rapide, con conseguente sequestro permanente di CO2 minerale per oltre il 95 % in meno di due anni». Il progetto in corso, CarbFix2 (Ampliamento e ottimizzazione del sottosuolo, mineralizzazione del carbonio in situ come opzione industriale economicamente sostenibile) si basa sul successo del suo predecessore CarbFix (Creazione della tecnologia per lo stoccaggio sicuro e a lungo termine del carbonio nel sottosuolo) svoltosi tra il 2011 e il 2014. La CO2 disciolta in acqua è stata iniettata in rocce basaltiche reattive e la tecnologia è stata testata in una centrale geotermica a Hellisheidi, in Islanda. La centrale elettrica co-produce elettricità e acqua calda dal vulcano centrale di Hengill. Come spiegato sul sito web del progetto, CarbFix2 è stato lanciato per «rendere il metodo di stoccaggio geologico CarbFix economicamente sostenibile con una catena CCS completa, e per rendere la tecnologia trasportabile in tutta Europa». Dopo il successo delle iniezioni su scala pilota nel 2012, l’iniezione sperimentale su scala industriale è iniziata nel 2014. La pagina delle FAQ recita: «Le emissioni di CO2 e H2S [solfuro di idrogeno] della centrale elettrica di Hellisheidi vengono catturate in un impianto di abbattimento dei gas attraverso un semplice processo di lavaggio, disciolte in condensa dalla centrale elettrica e restituite al sistema geotermico all’interno della roccia basaltica da cui provengono». In un articolo su «Iceland Review», la dott.ssa Sandra Ósk Snæbjörnsdóttir, geologa e geochimica dell’azienda coordinatrice del progetto CarbFix2, Reykjavík Energy, ha dichiarato: «Siamo in grado di legare circa un terzo dell’anidride carbonica prodotta dalla stazione, circa 12 000 tonnellate all’anno» e spera che la centrale elettrica possa diventare completamente a zero emissioni di carbonio nei prossimi anni. Per maggiori informazioni, consultare: sito web del progetto CarbFix2

Paesi

Islanda

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