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A Wearable Sensor for Hormones Based on a Native Microbial Sensing

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Un test ormonale decentrato è all’orizzonte

I biosensori sono diventati strumenti importanti in settori che spaziano dalla biomedicina alla difesa, ma i costi e la complessità possono limitarne l’applicazione. Una piattaforma innovativa sfrutta la regolazione dell’espressione genica dei batteri per rilevare i livelli ormonali, riducendo i costi e aprendo la strada alla diagnostica decentrata.

I biosensori(si apre in una nuova finestra) rilevano la concentrazione o l’attività di sostanze chimiche attraverso molecole naturali, quali enzimi o anticorpi, che per vivere si legano ad altre molecole. La produzione di anticorpi è un processo costoso, perciò limitare i costi dei biosensori e massimizzarne allo stesso tempo la selettività e la sensibilità sono obiettivi spesso difficili da raggiungere contemporaneamente. Ad oggi, i test anticorpali del siero sanguigno, altamente efficienti ma dal costo elevato, rappresentano lo standard di riferimento per il rilevamento di ormoni. Con il sostegno del programma di borse di studio individuali Marie Skłodowska-Curie(si apre in una nuova finestra), il progetto SENSHOR ha fornito un’alternativa efficace ed economica, che sostituisce gli anticorpi con un piccolo aiuto da parte dei batteri. Inoltre, l’utilizzo di campioni di urina invece che di siero sanguigno apre la strada a un biorilevamento decentrato (cosiddetto point-of-care) ed economico per tutti i tipi di molecole più importanti.

Da genetica dei batteri e punti quantici fino ai biosensori

Il progesterone(si apre in una nuova finestra) è un importante ormone steroideo con un ruolo nella regolazione del ciclo mestruale, nella preparazione e nel mantenimento delle corrette condizioni dell’utero durante la gravidanza. Inoltre, i test del siero del progesterone(si apre in una nuova finestra) vengono impiegati per valutare la fertilità e lo stato di una gravidanza. Tuttavia, essi fanno affidamento su anticorpi, già costosi da produrre, che si legano irreversibilmente al progesterone e non possono essere recuperati o riutilizzati. Nell’ambito di una stretta collaborazione con Mark W. Grinstaff, James E. Galagan e alcuni colleghi dell’Università di Boston(si apre in una nuova finestra), Sébastien Lecommandoux, coordinatore del progetto, e la borsista Chloé Grazon, entrambi dell’Università di Bordeaux(si apre in una nuova finestra), hanno avuto un’idea migliore. «L’innovazione principale del progetto SENSHOR è stata l’utilizzo di proteine chiamate fattori di trascrizione(si apre in una nuova finestra) (FT) per il rilevamento degli ormoni. I FT sono proteine che legano in modo reversibile sequenze di DNA specifiche in presenza di un analita, per controllare l’espressione genica. Per la prima volta, proteine sensibili agli ormoni sono state prodotte nei batteri e impiegate ex vivo per sviluppare un sensore», spiega Lecommandoux. Per creare un segnale rilevabile Grazon ha sfruttato un fenomeno particolarmente adatto al caso: il trasferimento di energia a risonanza di fluorescenza(si apre in una nuova finestra) (Fluorescence Resonance Energy Transfer o FRET). Il FRET è un processo fisico dipendente dalla distanza, che prevede il trasferimento di energia da un fluoroforo molecolare eccitato (il donatore) a un altro fluoroforo (l’accettore). Nel caso del sensore, la coppia donatore-accettore è composta da una proteina di FT marcata con coloranti fluorescenti e una sequenza di DNA fluorescente. Quando nessun ormone è presente in soluzione per distanziare i due elementi, essi possono scambiarsi energia in base al FRET. La presenza dell’ormone fa sì che la coppia si sleghi, ostacolando quindi il trasferimento di energia e perturbando il segnale fluorescente. La fluorescenza deriva dai punti quantici(si apre in una nuova finestra), scelti per la loro luminosità e resistenza al fotobleaching(si apre in una nuova finestra). Lecommandoux spiega: «Con SENSHOR, abbiamo migliorato la stabilità dei punti quantici fluorescenti con FRET(si apre in una nuova finestra). La loro robustezza ci ha inoltre permesso di migliorare il rapporto segnale/rumore e dunque il limite di rilevamento del sensore».

Spianare la strada ai biosensori decentrati

«Abbiamo usato la nostra piattaforma di biosensori pionieristica per riuscire a rilevare il progesterone nell’urina in concentrazioni fisiologiche; inoltre, abbiamo sviluppato un dispositivo da banco economico e portatile che fornisce la medesima risposta fluorescente alla titolazione del progesterone. Con la stessa metodologia, abbiamo contribuito a sviluppare un biosensore per quasi tutti gli elementi metabolizzati da batteri», afferma Grazon. Questi risultati innovativi sono stati pubblicati(si apre in una nuova finestra) nella rinomata rivista sottoposta a revisione paritaria Nature Communications. Il team è riuscito nell’intento di immobilizzare il biosensore su una superficie(si apre in una nuova finestra) nonché di incorporarlo in idrogel(si apre in una nuova finestra): entrambi rappresentano passi importanti verso lo sviluppo di dispositivi funzionali per applicazioni reali. I risultati di SENSHOR aprono la strada a biosensori per uso decentrato convenienti e portatili, utilizzabili per gli ormoni e non solo.

Parole chiave

SENSHOR, biosensore, progesterone, FRET, batteri, anticorpi, FT, punti quantici, fattore di trascrizione, trasferimento di energia a risonanza di fluorescenza

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