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Protection of Redox Catalysts for Cathodic Processes in Redox Matrices.

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Utilizzo di catalizzatori intrinsecamente fragili per generare e utilizzare combustibili chimici

Dimostrando che la fragilità non preclude l’uso dei catalizzatori, una nuova ricerca finanziata dall’UE contribuisce a posizionare le energie rinnovabili come un’alternativa competitiva alle fonti energetiche basate sui combustibili fossili.

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La transizione globale verso l’energia sostenibile richiede lo sviluppo di catalizzatori robusti, altamente attivi e scalabili. Un catalizzatore è una sostanza che aumenta la velocità di una reazione chimica senza subire alcun cambiamento chimico permanente. Prendiamo ad esempio la produzione di idrogeno, un carburante a zero emissioni di carbonio che può essere utilizzato per i veicoli o per la produzione di calore. L’elettrolizzatore che produce idrogeno dall’acqua e dall’elettricità e le celle a combustibile che convertono l’idrogeno in elettricità utilizzano in genere metalli preziosi come catalizzatore. Tuttavia, la loro quantità limitata e i problemi con l’approvvigionamento sostenibile si sono dimostrati un importante ostacolo all’uso diffuso dell’idrogeno. Sfortunatamente, catalizzatori alternativi basati su metalli più sostenibili non riescono a fornire la stabilità richiesta da queste applicazioni. Ciò che serve è un nuovo approccio al dilemma dei catalizzatori, e proprio qui entra in gioco il progetto REDOX SHIELDS (Protection of Redox Catalysts for Cathodic Processes in Redox Matrices), finanziato dall’UE. «Comunemente si pensa che la conversione dell’energia chimica richieda un catalizzatore forte», afferma il ricercatore principale Nicolas Plumeré, professore presso il Politecnico di Monaco di Baviera. «Questo progetto, che ha ricevuto il sostegno del Consiglio europeo della ricerca, si propone di dimostrare che è vero anche il contrario, e cioè che è possibile applicare catalizzatori intrinsecamente fragili per generare e utilizzare combustibili chimici». A tal fine, Plumeré ha creato un’innovativa matrice polimerica a conduzione di elettroni per proteggere anche i catalizzatori più fragili, quali l’idrogenasi, il catalizzatore naturale per la produzione o l’ossidazione dell’idrogeno. L’innovativo sistema viene utilizzato per l’elettrolisi dell’acqua, la reazione elettrochimica in cui l’acqua (H2O) viene trasformata in H2 e O2. La sfida in questo caso è che l’O2 rilasciato può danneggiare le idrogenasi, facendole in sostanza diventare rapidamente inattive. «Il nostro sistema risolve questi problemi sfruttando l’H2 rilasciato e utilizzandolo per proteggere il catalizzatore dagli effetti disattivanti dell’O2», spiega Plumeré. «Questa protezione è efficace anche nelle celle a combustibile utilizzando H2 dall’alimentazione di combustibile».

Diverse scoperte importanti

Utilizzando questa nuova matrice, Plumeré è stato in grado di ottenere diversi progressi rilevanti. Questi includono, ad esempio, la dimostrazione teorica che le matrici di protezione minima offrono una protezione quasi infinita al catalizzatore, anche quando quel catalizzatore è la fragilissima idrogenasi. «Questo apre la porta alla possibilità di poter proteggere l’idrogenasi dall’ossigeno fino a 20 000 anni, secondo le previsioni teoriche», osserva Plumeré. «Da un punto di vista pratico, ciò significa che la degradazione da ossigeno può essere completamente evitata senza dover sacrificare il caricamento del catalizzatore o le prestazioni catalitiche». Successivamente, i ricercatori hanno dimostrato come l’idrogenasi può essere utilizzata in presenza di aria, ad esempio in una cella a combustibile per convertire l’idrogeno in elettricità. «Questa svolta ha dimostrato che le idrogenasi possono rimanere attive nell’ossigeno per oltre una settimana, mentre in passato questo enzima si disattivava in pochi minuti», aggiunge Plumeré.

Un’alternativa competitiva ai combustibili fossili

Secondo Plumeré, i risultati del progetto sono direttamente applicabili ai dispositivi nel contesto della biotecnologia e della generazione di combustibile solare. Di conseguenza, il progetto contribuisce a posizionare la fonte di energie rinnovabili come alternativa competitiva ai combustibili fossili. «Il progetto REDOX SHIELDS ha dimostrato con successo che la fragilità del catalizzatore non ne preclude l’uso in applicazioni», conclude Plumeré. «Sono pertanto fiducioso che i nostri risultati avranno un grande impatto sul modo in cui la comunità di conversione dell’energia chimica progetta nuovi catalizzatori molecolari e biologici per la generazione di combustibili chimici».

Parole chiave

REDOX SHIELDS, catalizzatori, combustibili chimici, energie rinnovabili, energia sostenibile, idrogeno, celle a combustibile, idrogenasi

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