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Dare voce alle privacy vocale

L’utilizzo delle tecnologie di interazione vocale solleva nuove preoccupazioni in fatto di privacy e riservatezza, per risolvere le quali sono necessari nuovi strumenti e soluzioni.

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Se la voce fosse un colore, sarebbe il nuovo nero. «Dai nostri telefoni cellulari al cambiare i canali della televisione, ricorriamo sempre più spesso alla voce per interagire con i dispositivi di uso quotidiano», afferma Emmanuel Vincent, ricercatore senior e responsabile del dipartimento scientifico presso Inria, l’Istituto nazionale francese per la ricerca nelle scienze e nella tecnologia digitali. Tuttavia, prima che Alexa possa rispondere alle domande che le poniamo, deve essere innanzitutto addestrata su una grande quantità di dati vocali e testuali. A tal fine, le aziende tecnologiche raccolgono solitamente dati vocali dagli utenti e assumono dei trascrittori per trasporli su testo; in seguito, gli sviluppatori di applicazioni definiscono un elenco di possibili richieste degli utenti e le risposte associate per ciascuna di esse. Il processo viene successivamente ripetuto per le diverse lingue da includere. Secondo Vincent, questo meccanismo comporta un’intera serie di problemi. «In primo luogo, solleva preoccupazioni cruciali in materia di privacy e riservatezza per quanto concerne le caratteriste vocali degli utenti e il contenuto orale», spiega. «Il processo risulta inoltre costoso ed è perciò inerentemente non inclusivo, in quanto le lingue e i dialetti a essere esclusi sono numerosi.» Con il sostegno del progetto COMPRISE, finanziato dall’UE, Inria sta conducendo uno sforzo per delineare un nuovo approccio all’addestramento delle tecnologie di interazione vocale. «Implementando una nuova metodologia e sviluppando nuovi strumenti software, abbiamo creato soluzioni che non solo proteggono la privacy e la riservatezza, ma riducono anche i costi e incrementano l’inclusività di questa tecnologia in rapida crescita», aggiunge Vincent, che ricopre il ruolo di coordinatore del progetto.

Affrontare il problema della privacy

Quando il progetto ha avuto inizio l’anonimizzazione della voce era un concetto relativamente nuovo, oggetto di una quantità limitata di ricerche. «La maggior parte degli approcci alla valutazione dell’anonimizzazione si basava sull’ipotesi secondo cui l’autore dell’attacco era ingenuo e cercava di reidentificare il parlante mediante l’utilizzo di software biometrici e di identificazione concepiti per dati vocali non elaborati», sottolinea Vincent. «Ci siamo rapidamente resi conto dell’inesattezza di questa ipotesi.» Quindi, per iniziare, i ricercatori hanno ridefinito le premesse. «Abbiamo elaborato un modello di attacco più forte, in cui l’autore dello stesso è consapevole del sistema di anonimizzazione e adatta di conseguenza il software di identificazione biometrica», dichiara Vincent. A questo punto, il progetto ha sviluppato strumenti software innovativi che hanno ridotto di diversi ordini di grandezza il rischio di reidentificazione del parlante. Oltre ad aumentare la privacy, il progetto ha anche creato soluzioni che incrementano l’inclusività consentendo lo sviluppo di sistemi di dialogo che non richiedono l’addestramento delle risorse nella lingua d’arrivo. Per di più, il progetto ha realizzato un metodo che, in base a quanto dimostrato, ha ridotto il costo associato all’integrazione delle funzionalità vocali nelle applicazioni mobili di oltre il 70 %. Tutti questi strumenti sono ora disponibili in modalità open source per le aziende e gli sviluppatori di applicazioni nel settore della tecnologia vocale tramite il sito web di COMPRISE.

Integrare la privacy vocale nel GDPR

Al di là degli innovativi progressi tecnologici e in materia di ricerca ottenuti, COMPRISE ha inoltre contribuito a innalzare la consapevolezza sulla crescente preoccupazione rappresentata dalla privacy vocale. In effetti, Vincent è stato invitato a parlare all’Agenzia francese per la protezione dei dati e ha contribuito alle consultazione sugli assistenti vocali organizzata dal comitato europeo per la protezione dei dati. «Mi auguro sinceramente che le linee guida sull’applicazione del GDPR si evolvano in modo da proteggere la privacy e la riservatezza in modo migliore, consentendo alle aziende europee di concorrere con i giganti della tecnologia», conclude Vincent. Una di queste società è Nijta. Questa nuova start-up è uno spin-off del progetto COMPRISE e si prefigge di offrire alle imprese le soluzioni di anonimizzazione sicura della voce di cui hanno bisogno per costruire rapporti di fiducia con i propri clienti.

Parole chiave

COMPRISE, privacy vocale, tecnologie di interazione vocale, dati vocali, anonimizzazione della voce, protezione dei dati, GDPR

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