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The neuroscience of tickling: cerebellar mechanisms and sensory prediction

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Fare luce sul ruolo del cervelletto nell’apprendimento cognitivo

Alcuni scienziati hanno messo alla prova il ruolo di una regione cerebrale importante nelle attività di apprendimento per tentare di comprendere meglio l’autismo.

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Il cervelletto, o «piccolo cervello», consiste in una struttura di piccole dimensioni situata nella parte posteriore del cervello, responsabile della ricezione e dell’elaborazione delle informazioni sensoriali, e coinvolta in una serie di capacità motorie e nell’esecuzione di movimenti complessi. Nelle persone, i danni al cervelletto che si verificano a poca distanza dalla nascita sono associati a un rischio più elevato di sviluppare disturbi appartenenti allo spettro autistico. Pertanto, uno studio più approfondito potrebbe contribuire a una migliore comprensione delle differenze neuronali complesse riscontrabili nelle persone affette da autismo. «Il nostro obiettivo era analizzare il contributo del cervelletto alla cognizione, all’apprendimento e all’elaborazione sensoriale. In principio, intendevamo esaminare in che modo il cervelletto sostiene l’apprendimento di un’attività cognitiva nei topi», spiega Marlies Oostland, docente assistente di neuroscienze cellulari e circuitali presso l’Università di Amsterdam e coordinatrice del progetto NeuroTick. Il modello murino doveva manifestare un rendimento ridotto del cervelletto; tuttavia, i risultati hanno suggerito che invece migliorava l’apprendimento. «Abbiamo infatti dimostrato la presenza di capacità specifiche potenziate in un modello murino dell’autismo», afferma Oostland. «Ciò ci ha condotto a considerare il disturbo dello spettro autistico non tanto un disturbo, quanto una variazione che, in nicchie particolari, può essere adattativa.»

Sottoporre i topi alla verifica dell’apprendimento

Nel corso del progetto NeuroTick, finanziato dall’UE, intrapreso con il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, il gruppo ha eseguito un esperimento basato su un processo decisionale ben noto. Soffi d’aria vengono indirizzati sui baffi destro e sinistro dei topi, che devono correttamente leccare il lato che riceve un numero maggiore di soffi per ottenere un premio. Il gruppo di NeuroTick ha addestrato diversi gruppi di topi su questa attività, tra cui: alcuni topi con un rendimento ridotto del cervelletto, topi selvatici soggetti a soffi d’aria più forti, altri topi riceventi soffi d’aria accoppiati all’attivazione remota e intermittente delle cellule di Purkinje, ossia neuroni dall’architettura intricata presenti nel cervelletto, e altri ancora sottoposti all’attivazione continua delle cellule di Purkinje. I ricercatori hanno inoltre monitorato le loro risposte comportamentali, effettuando analisi computazionali per individuare stati comportamentali nascosti mentre gli animali affrontavano l’addestramento, registrando diverse regioni cerebrali e manipolando al contempo il rendimento cerebellare.

Una serie di esperimenti dai risultati inaspettati

Il gruppo presumeva che i topi connotati da un rendimento ridotto nel cervelletto non sarebbero riusciti a imparare alcuna attività. «Ciononostante, con nostra somma sorpresa, i topi mutanti apprendevano più velocemente», aggiunge Oostland. Durante gli esperimenti successivi, il gruppo ha ottenuto ulteriori risultati irrazionali, lasciando ipotizzare che il rendimento ridotto abbinato a un’attività più intensa del cervelletto potrebbe migliorare l’apprendimento. «Basandoci sui nostri risultati, avanziamo l’ipotesi che il cervelletto si occupi di regolare la reattività sensoriale a livello cerebrale allo scopo di adeguare la perseveranza e l’apprendimento delle attività», spiega Oostland. Lo studio completo è stato pubblicato in versione prestampa sul server di bioRxiv.

La ricerca continua… solleticando i topi

Ora, Oostland intende studiare l’apprendimento e l’elaborazione sensoriali calati in contesti più naturalistici e sociali, in particolare durante il gioco. «All’inizio, facciamo il solletico ai topi per osservare gli eventi sorprendenti mentre registriamo l’attività neuronale del cervelletto e di regioni prosencefaliche correlate», dichiara. Sebbene il gruppo si fosse prefissato di comprendere la modalità di risposta del cervelletto agli eventi sorprendenti, alla fine gli stessi risultati si sono rivelati sorprendenti, spianando la strada a nuovi percorsi di ricerca. «È uno dei motivi che rendono la scienza così affascinante: quando si trascendono i confini della conoscenza, l’ipotesi originale potrebbe dimostrarsi sbagliata alla luce dei dati. Sono orgogliosa che siamo riusciti a seguire i vari indizi», conclude.

Parole chiave

NeuroTick, autismo, cervelletto, cervello, studio, neuroni, apprendimento, topi

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