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Proteasome as a target to combat trichomoniasis

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Nuovi approcci per lo sviluppo di trattamenti contro la malattia parassitaria «silenziosa»

Trattamenti innovativi potrebbero scaturire dalla comprensione delle aree attive e della struttura di un proteasoma che svolge un ruolo chiave nella sopravvivenza di un parassita all’origine dell’infezione da Trichomonas vaginalis, una malattia a trasmissione sessuale di ampia diffusione.

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Un parassita unicellulare, il Trichomonas vaginalis (T. vaginalis), provoca la tricomoniasi, che con 170-180 milioni di casi stimati ogni anno a livello globale è la malattia non virale a trasmissione sessuale più diffusa al mondo. Le persone contagiate, che per lo più non sviluppano sintomi, possono comunque diffondere l’infezione. Le possibili conseguenze per le donne sono infertilità, malattia infiammatoria pelvica, rottura prematura della membrana placentare e parto pretermine. Negli uomini invece l’infezione può causare infiammazione della ghiandola prostatica o ridurre la mobilità delle cellule spermatiche. Il progetto ProTeCT si concentra sul proteasoma del trichomonas, ovvero un enzima fondamentale per la sopravvivenza del parassita. Comprendere la sua struttura e le funzioni delle sue subunità può contribuire, in ultima analisi, alla progettazione di inibitori capaci di dare vita a una nuova generazione di farmaci per il trattamento della tricomoniasi. Attualmente esistono solo due farmaci in grado di trattare la malattia, ma la scoperta di possibili alternative è resa impellente dalla resistenza emergente.

Testare gli inibitori

Pavla Fajtová, ricercatrice presso l’Università della California a San Diego, ha testato numerosi inibitori, alla ricerca di quelli che inibiscono selettivamente il proteasoma del trichomonas. Il progetto, della durata di tre anni, è stato intrapreso con il sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie. Gli inibitori che bloccano l’azione del proteasoma, all’origine della malattia, sono attualmente in fase di studio come trattamento antitumorale e tre di loro sono già stati approvati per trattare il mieloma multiplo, un tipo di cancro del midollo osseo. «L’obiettivo era quello di distinguere le specificità del substrato di T. vaginalis e del proteasoma umano al fine di sviluppare inibitori mirati al proteasoma del trichomonas, ma che non fossero tossici per gli esseri umani», spiega la ricercatrice. Sono stati studiati numerosi inibitori, selezionati per la loro capacità selettiva di non intervenire sul proteasoma umano. La ricerca è stata avviata a fine 2019 e si è protratta per due anni: «Siamo stati fortunati perché stavamo lavorando anche su alcune proteasi di COVID. Perciò il nostro laboratorio è rimasto aperto durante la pandemia», osserva Fajtová.

Effetti inibitori specifici

Il progetto è riuscito a trovare la specificità degli inibitori in grado di intervenire selettivamente sul trichomonas. Tuttavia, per sviluppare inibitori ancora più potenti del proteasoma di T. vaginalis, è essenziale comprendere la struttura del proteasoma e le relative subunità a cui mirare. «Il mio obiettivo era quello di sviluppare strumenti per rilevare l’attività di ciascuna subunità del proteasoma», spiega Fajtová. «Si tratta di informazioni utili, poiché un inibitore che si lega in modo preferenziale a più di una subunità risulta ancora più efficace contro il parassita.» ProTeCT ha progettato e sintetizzato tre diversi substrati, uno per ciascuna subunità, da esaminare con maggiore attenzione.

Struttura interna e funzione delle subunità

Fajtová ha poi proseguito temporaneamente la sua attività nel suo paese d’origine, presso un laboratorio di biologia strutturale dell’Istituto di chimica organica e biochimica dell’Accademia delle scienze ceca a Praga, in Cechia, dove ha attinto alle competenze sviluppate in loco nell’ambito del sistema di espressione dei baculovirus e della struttura di grandi proteine con molteplici subunità, per mezzo delle tecniche di microscopia crioelettronica (cryo-EM). Il sistema di espressione dei baculovirus è comunemente usato per generare proteine ricombinanti nelle cellule di insetti ad alti livelli di produzione. Senza tali apporti, il materiale ottenuto dalle colture con le tecniche di laboratorio tradizionali è insufficiente. «Ho avuto l’opportunità di apprendere come esprimere in modo ricombinante il proteasoma completamente attivo, il che rappresenta un punto di svolta assoluto. Prima ottenevo proteasomi direttamente dai parassiti di T. vaginalis, con notevoli limitazioni in termini di purezza e quantità di contenuto proteico», spiega Fajtová. «Grazie a questa tecnica avanzata, che prima non avevo mai impiegato, ho potuto ottenere un enzima sufficientemente puro per la cryo-EM e la successiva definizione della struttura tridimensionale», aggiunge. «Ora conosciamo l’aspetto della struttura, la forma delle subunità attive e le preferenze degli inibitori: informazioni che saranno utilizzate per progettare gli inibitori di seconda generazione.» Fajtová conclude: «È stato sorprendente constatare che funziona davvero: questo enzima, se inibito, risulta tossico per il parassita. Immagino quindi un futuro per questa ricerca, legato non solo al Trichomonas.» La ricercatrice osserva, in conclusione, che questo approccio può essere utilizzato anche per i parassiti plasmodiali che provocano, tra l’altro, la malaria.

Parole chiave

ProTeCT, Trichomonas vaginalis, malattia a trasmissione sessuale, proteasoma, inibitori, mieloma multiplo, cryo-EM, parassita, malaria

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