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Aging-related changes in brain activation and deactivation during cognition: novel insights into the physiology of the human mind from simultaneous PET-fMRI imaging

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Le scansioni ibride fMRI-PET offrono spunti sull’invecchiamento cerebrale

Sebbene la risonanza magnetica funzionale abbia rivelato molto sul funzionamento cognitivo, rimangono ancora domande sulla biologia di fondo. La combinazione della risonanza magnetica funzionale con la tomografia ad emissione di positroni ha fornito spunti sull’invecchiamento del cervello umano.

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La risonanza magnetica funzionale (fMRI) riflette l’aumento dell’apporto di sangue alle regioni attive del cervello, che fornisce l’ossigeno e le sostanze nutritive necessarie ai neuroni. Il confronto dei segnali fMRI di individui di diverse fasce d’età o degli stessi individui, nel corso del tempo, fornisce spunti sull’architettura e sul funzionamento del cervello umano. Questo ha fatto luce sui cambiamenti cerebrali normali e patologici legati all’età e sulle differenze individuali, contribuendo a individuare e caratterizzare disturbi neurodegenerativi, come il morbo di Alzheimer. «Tuttavia, alcuni modelli fMRI comuni, come la disattivazione di alcune aree cerebrali durante il controllo cognitivo e l’aumento dell’attivazione delle aree prefrontali con l’invecchiamento, hanno sollevato quesiti di interpretazione», rileva https://www. annarieckmannlab.com/erc (Anna Rieckmann), coordinatrice del progetto SIMULTAN, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca. SIMULTAN ha utilizzato la tomografia a emissione di positroni (PET) per integrare i segnali della fMRI, in quanto può rilevare segnali aggiuntivi collegati ai cambiamenti legati all’età. «Abbiamo dimostrato che gli scanner ibridi fMRI-PET possono visualizzare aspetti complementari della funzione cerebrale simultaneamente», dice Rieckmann.

Domanda e offerta nel cervello che invecchia

Quando i neuroni sono attivi, richiedono più ossigeno e nutrienti (richiesta metabolica), quindi i vasi sanguigni di quella regione si dilatano, aumentando il flusso sanguigno e l’apporto di ossigeno (contributi emodinamici). Questo porta ad un eccesso di emoglobina ossigenata nell’area, visibile all’imaging fMRI. Il problema è che i molti processi che collegano l’accensione dei neuroni con l’aumento dei segnali fMRI sono complessi e non completamente compresi. «Ad esempio, le differenze nei segnali fMRI degli anziani, rispetto a quelli dei giovani, riflettono differenze nell’attività neuronale o nel flusso sanguigno e nell’apporto di ossigeno dei sistemi vascolari degli anziani?», si chiede Rieckmann.

Il meglio dei due mondi

Per individuare i cambiamenti tipici nell’attivazione cerebrale, nell’ambito del progetto SIMULTAN è stato scansionato il cervello di 30 giovani adulti (20-30) e 40 anziani (65+) con uno scanner ibrido fMRI-PET, mentre eseguivano un’attività di memorizzazione. La PET è un metodo di imaging molecolare che monitora il metabolismo del glucosio cerebrale, innescato principalmente dall’attività sinaptica e non influenzato dai cambiamenti del flusso sanguigno. Al team interessavano in particolare i segnali fMRI provenienti dalle aree del cervello che potevano aiutare a compensare l’invecchiamento cerebrale, mentre i segnali PET riflettevano la richiesta metabolica in queste regioni. L’aumento dei segnali fMRI negli anziani non è stato associato a una maggiore richiesta metabolica, a suggerire che le differenze nell’attività fMRI non sono il risultato di un lavoro più intenso dei neuroni, ma sono piuttosto dovute all’invecchiamento del sistema vascolare. Inoltre, quando gli adulti più anziani eseguivano un compito come gli adulti più giovani, anche le loro richieste metaboliche neurali erano uguali. «Il mantenimento della cognizione in età avanzata è probabilmente un riflesso della salute del cervello, piuttosto che di altre regioni cerebrali che compensano», osserva Rieckmann.

Salute del cervello più duratura

Spesso si ritiene che l’invecchiamento preannunci inesorabilmente il declino cognitivo. Molti anziani, però, mantengono la forma cognitiva: SIMULTAN ha rilevato che i 75enni sono ancora in grado di svolgere compiti cognitivi come i 40enni. Se riusciamo a individuare i fattori che mantengono il benessere cognitivo, possiamo identificare interventi mirati. «Con la sola fMRI è difficile individuare gli obiettivi di intervento, perché i segnali non sono specifici di un neurotrasmettitore, di un percorso o di una proteina, e anche se la PET offre questa specificità, non è l’ideale per rappresentare la funzione cerebrale complessiva. Ma l’imaging combinato potrebbe portare a interventi in grado di ritardare la malattia neurologica», conclude Rieckmann. L’approccio di SIMULTAN sarà ora applicato alle alterazioni della funzione cerebrale dopo l’esercizio fisico, per accertare se i segnali fMRI modificati riflettono gli effetti dell’allenamento sul flusso sanguigno o sull’accensione dei neuroni.

Parole chiave

SIMULTAN, risonanza magnetica funzionale, fMRI, PET, tomografia a emissione di positroni, scansione, invecchiamento, cervello, Alzheimer, neurodegenerazione, metabolismo

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