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Developing novel tools and technologies to assess the safety and efficacy of cell-based regenerative medicine therapies, focusing on kidney disease

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Una promettente terapia cellulare per la patologia renale

Le cellule stromali mesenchimali possono fornire una nuova opzione per ripristinare la salute dei reni. Un team di ricercatori finanziato dall’UE ha dimostrato che la loro somministrazione è sicura e dispone delle potenzialità di ridurre l’infiammazione.

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La malattia renale è un killer silenzioso. Spesso non viene rilevata fino al momento in cui il danno diventa significativo: a volte i pazienti iniziano a presentare sintomi solo quando la funzione renale si riduce ad appena il 10% dei livelli normali. A questo punto, può essere troppo tardi per gli interventi terapeutici. L’indicatore di riferimento della funzione renale, ovvero il tasso di filtrazione glomerulare, è difficile da misurare, il che lo rende inadatto allo screening di routine. Finanziato dal programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, il progetto RenalToolBox si è occupato della necessità di metodi convenienti ed economici per la diagnosi e il monitoraggio accurato decentrati della patologia renale. Inoltre, ha valutato la sicurezza e l’efficacia delle terapie con cellule mesenchimali in un modello di roditore con lesione renale.

Uno strumento innovativo per l’individuazione tempestiva e la valutazione della malattia renale

I ricercatori hanno innanzitutto migliorato un dispositivo elettronico transcutaneo già esistente, inizialmente sviluppato dai partner del progetto a Heidelberg, in Germania. Questo dispositivo è stato progettato per misurare il tasso di filtrazione glomerulare nei roditori utilizzando isotiocianato di fluoresceina (FITC) coniugato alla sinistrina. Tuttavia, la limitata profondità di penetrazione del FITC ha determinato l’inadeguatezza del dispositivo per l’uso umano. «Per superare questa limitazione, abbiamo cercato di migliorare la capacità del dispositivo di rilevare i coloranti nel vicino infrarosso, che hanno una maggiore penetrazione rispetto al FITC e potrebbero quindi essere applicati agli esseri umani», osserva Patricia Murray, la coordinatrice del progetto. «Il nuovo dispositivo transcutaneo, che è in grado di misurare simultaneamente tre coloranti nel vicino infrarosso, è stato testato con successo su fantocci e altri surrogati. Attualmente è in corso la fase conclusiva dei test finali per una domanda di brevetto», aggiunge Murray. Sono stati sviluppati anche nuovi coloranti per determinare la filtrazione glomerulare e la secrezione e il riassorbimento tubulare. Per testare efficacemente le prestazioni dei nuovi coloranti nel vicino infrarosso, il team ha ottimizzato un dispositivo in vitro per tubuli renali bioartificiali in un modello più sofisticato di rene su chip. Il dispositivo è stato sviluppato dai partner del progetto presso l’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi. Inoltre, i ricercatori hanno studiato nuovi biomarcatori molecolari volti a migliorare l’accuratezza della diagnosi non invasiva della patologia renale, nonché a monitorare la progressione di tale malattia.

Valutare il potenziale delle cellule stromali mesenchimali

Un’altra attività del progetto ha riguardato la valutazione della sicurezza e dell’efficacia delle cellule stromali mesenchimali (CSM) nel trattamento della patologia renale utilizzando un modello di roditore. «La nostra preoccupazione principale era rappresentata dai potenziali rischi associati alle terapie cellulari, come la formazione di trombosi o di tumori», spiega Murray. «Per tracciarli, abbiamo ottimizzato le tecniche di imaging al fine di monitorare il destino cellulare su varie scale, dalle singole cellule fino all’intero animale, passando per i relativi organi.» Le nuove tecniche di imaging per la valutazione della funzione renale e della vascolarizzazione comprendevano la tomografia optoacustica multispettrale, la risonanza magnetica e l’ecografia ultraveloce. L’ultima attività del progetto è stata quella di identificare la fonte ottimale di CSM per il trattamento del danno ischemico da riperfusione. Il team ha raffrontato la sicurezza e l’efficacia delle CSM da midollo osseo, tessuto adiposo e cordone ombelicale. Al fine di determinarne la migliore tipologia per il trattamento danno ischemico da riperfusione renale, il team ha utilizzato un dispositivo transcutaneo, tecniche di imaging non invasive, tecniche di clearing e il grado istologico precedentemente sviluppato dai partner del progetto. Il gruppo ha scoperto che i diversi tipi di CSM dispongono di proprietà specifiche, a indicare la specificità dei vantaggi a seconda del contesto terapeutico. Saggi di potenza in vitro su un modello di danno ischemico da riperfusione hanno suggerito che i bioprodotti delle CSM, come il terreno condizionato, possono indurre il recupero delle cellule renali, a differenza dei gruppi di controllo non trattati. Inoltre, è stato scoperto che alcuni tipi di CSM possiedono capacità immunomodulatorie. «Il nostro studio conferma la sicurezza della somministrazione di CSM. Sebbene i nostri risultati non raccomandino attualmente l’uso di fonti di CSM nelle sperimentazioni cliniche per il danno ischemico da riperfusione, essi evidenziano le potenzialità e i limiti di queste cellule in qualità di terapie per la malattia renale, offrendo una guida per l’ottimizzazione del loro uso clinico», conclude Murray.

Parole chiave

RenalToolBox, malattia renale, cellule stromali mesenchimali, dispositivo transcutaneo, tasso di filtrazione glomerulare, isotiocianato di fluoresceina, danno ischemico da riperfusione

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