Capire ciò che rende le ossa forti e sane
Proprio come un grande edificio non può poggiare su fondamenta deboli, il corpo non può essere sano senza ossa forti. Fortunatamente, un processo chiamato mineralizzazione permette alle nostre ossa di rimanere sane. «La mineralizzazione dell’osso contribuisce a renderlo forte e rigido, ma quando è irregolare può accadere il contrario», spiega Suwimon Boonrungsiman, ricercatrice presso il King’s College di Londra. Dove si trova quindi il confine tra mineralizzazione ossea sana e disfunzionale? Con il sostegno del progetto BoneImaging, finanziato dall’UE, Boonrungsiman intendeva scoprirlo. La sua attività di ricerca è stata intrapresa grazie al sostegno del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie.
Un nuovo processo di preparazione dei campioni
Come spiega Boonrungsiman, il processo che regola la mineralizzazione nell’osso sano e patologico non è ancora stato chiarito. «Se riuscissimo a esporre questo meccanismo complesso e a identificare il processo che causa le condizioni patologiche, potremmo aprire la strada allo sviluppo di strategie terapeutiche per ripristinare la funzione ossea», aggiunge l’autrice. La difficoltà del compito consiste nel fatto che i processi tradizionali di preparazione dei campioni possono compromettere la cristallinità dei minerali, causando errori di interpretazione. Per evitare questo rischio, l’équipe di ricerca ha sviluppato un processo di preparazione dei campioni basato sulla microscopia elettronica, una tecnica grazie a cui un fascio di elettroni ingrandisce l’immagine di un oggetto. Questo metodo non solo permette di esaminare un campione calcificato, ma soprattutto di farlo senza introdurre inavvertitamente artefatti indesiderati durante la sua preparazione. «Il nostro metodo di preparazione dei campioni consente di indagare in modo completo l’intero processo di mineralizzazione, dalla nucleazione e dal trasporto all’interno delle cellule ossee fino alla loro incorporazione finale nella matrice ossea», spiega Boonrungsiman.
Un confronto diretto e differenziabile
Grazie a questo metodo di preparazione dei campioni, il progetto BoneImaging ha monitorato due processi di mineralizzazione regolati dalle cellule. Il primo avviene a livello intracellulare, all’interno dei mitocondri e delle vescicole, mentre l’altro si verifica a livello extracellulare, nelle vescicole della matrice. «Il nostro lavoro ha fornito una panoramica passo dopo passo di questi due meccanismi, consentendo un confronto diretto e differenziabile in base alle dimensioni e alla morfologia dei minerali», osserva Boonrungsiman. Inoltre, il progetto ha studiato il meccanismo di mineralizzazione nell’osso ipomineralizzato, identificando due alterazioni degli organelli di mineralizzazione. Tuttavia, poiché questi organelli coesistono con i normali meccanismi, saranno necessarie ricerche e analisi chimiche ulteriori per confermare queste alterazioni e stabilirne il legame con il fenotipo osservato.
Aprire la strada al ripristino della funzione ossea
Offrendo informazioni che mancavano in merito al processo di mineralizzazione, il progetto BoneImaging ha permesso di ampliare le conoscenze sui fattori che garantiscono la salute ossea. «L’identificazione di meccanismi alterati all’interno del modello geneticamente deficitario può aiutare a comprendere i fenotipi anomali e a fornire dati preliminari per studi futuri, volti a identificare obiettivi terapeutici per ripristinare la funzione ossea», conclude Boonrungsiman. Il progetto non si limita a indagare la mineralizzazione delle ossa: il flusso di preparazione e analisi dei campioni proposto può essere applicato anche ad altri tessuti calcificati, inclusi i casi di calcificazione patologica.
Parole chiave
BoneImaging, funzione ossea, osso, mineralizzazione ossea, microscopia elettronica