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Upcycling of PE and PET wastes to generate biodegradable bioplastics for food and drink packaging

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Riciclare la plastica per realizzare imballaggi alimentari biodegradabili

La degradazione delle plastiche a base di petrolio mediante enzimi permette di trasformare i flussi di rifiuti in materie prime per la produzione di bioplastiche biodegradabili da utilizzare negli imballaggi per alimenti e bevande.

Gli imballaggi in plastica rappresentano fino al 60% dei rifiuti di questo materiale generati in Europa. Il polietilene (PE) e il polietilene tereftalato (PET), le principali materie plastiche utilizzate per confezionare alimenti e bevande, vengono attualmente smaltiti in discarica o tramite incenerimento; di conseguenza, la ricerca di percorsi per il riutilizzo e il riciclo di questi materiali è fondamentale. Non tutte le strategie di riciclaggio sono appropriate: ad esempio, il riciclo meccanico degrada le proprietà del materiale, mentre quello chimico si basa su temperature elevate e lunghi tempi di reazione. Il progetto upPE-T(si apre in una nuova finestra), finanziato dall’UE, punta a riciclare PE e PET attraverso l’implementazione di percorsi biologici, ottenendo materiali bioplastici adatti agli imballaggi per alimenti e bevande.

Criteri per le plastiche da imballaggio destinate agli alimenti

Le materie plastiche utilizzate per il confezionamento di alimenti e bevande sono soggette a elevati standard igienico-sanitari; sono necessari sia imballaggi rigidi che flessibili e, congiuntamente, PE e PET forniscono oltre la metà delle materie plastiche utilizzate in questo settore. Il progetto si è proposto di produrre biopolimeri biodegradabili adatti all’imballaggio di alimenti e bevande, materiali caratterizzati da una durata di conservazione relativamente breve rispetto ad altre applicazioni plastiche a causa delle loro limitate proprietà di barriera ai gas. Tra i prodotti generati figurano composti progettati su misura che possono essere lavorati mediante l’applicazione di diverse tecniche, come l’estrusione per fusione, lo stampaggio a iniezione, la termoformatura e l’estrusione per soffiaggio. Di particolare interesse per il progetto upPE-T è stata la produzione di Poli(3-idrossibutirrato-co-3-idrossivalerato(si apre in una nuova finestra) (PHBV)), una plastica biodegradabile che offre ampie applicazioni.

Applicazioni del PHBV

Il PHBV, sintetizzato per la prima volta nel 1983, è sicuro da consumare, per cui viene utilizzato in imballaggi speciali come capsule di farmaci e dispositivi ortopedici. «Ciò che rende il PHBV interessante rispetto ad altre plastiche biodegradabili è la sua origine rinnovabile e l’elevata biodegradabilità anche in ambienti a basso carico microbico, come l’acqua dolce, l’acqua marina o il suolo», spiega Fuensanta Monzó Sánchez, la coordinatrice del progetto. Il PHBV dispone di potenzialità per essere ampiamente impiegato nei settori della medicina, dell’agricoltura e dell’imballaggio alimentare; il lavoro di bioconversione compiuto nell’ambito di upPE-T permette di far progredire gli sforzi volti a rendere la produzione di PHBV competitiva dal punto di vista dei costi.

La bioconversione attraverso la degradazione enzimatica

La bioconversione è il processo attraverso il quale gli organismi viventi convertono una sostanza in un’altra. Il progetto si è concentrato sulla dimostrazione della fattibilità della degradazione enzimatica ai fini della produzione di PHBV a partire da scarti di PE e PET. Sebbene sia il PE che il PET siano soggetti a degradazione enzimatica, essi richiedono l’attuazione di pre-trattamenti per facilitare le reazioni ossidative guidate dagli enzimi. La degradazione enzimatica del PET è più semplice da compiere rispetto alla trasformazione del PE; in ogni caso, il progetto ha avuto successo in entrambi i casi. «Dalla ricerca di upPE-T sulla degradazione enzimatica delle materie plastiche sono emersi due risultati principali, ovvero un nuovo enzima sviluppato da Enzymicals(si apre in una nuova finestra) in grado di scomporre del tutto il PET nei suoi monomeri di acido tereftalico e glicole etilenico, anche ad alte temperature, e una nuova strategia basata sull’utilizzo di un cocktail di enzimi per la degradazione del PE, sviluppata dall’Università di Greifswald(si apre in una nuova finestra) », spiega Monzó. L’ambizioso obiettivo dell’Europa di costruire un futuro verde e a basse emissioni di carbonio richiede un riciclaggio efficiente della plastica. Concentrandosi sulla bioconversione delle plastiche a base di petrolio utilizzate di consueto, upPE-T sta contribuendo a fornire soluzioni praticabili che trasformeranno il settore degli imballaggi alimentari. Alla luce dello sviluppo di tecnologie per la degradazione enzimatica volte a consentire l’upcycling della plastica e percorsi biologici intesi alla produzione di bioplastiche, l’obiettivo di conseguire il 60% della plastica per imballaggi alimentari da fonti rinnovabili è a portata di mano.

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