Gemelli digitali del cervello per migliorare l’esito delle cure
Secondo uno studio pubblicato su «Lancet»(si apre in una nuova finestra), i disturbi neurologici sono oggi la principale causa globale di perdita di salute. Nel 2018 la demenza senile interessava circa 7,85 milioni di persone nell’UE(si apre in una nuova finestra) e si stima(si apre in una nuova finestra) che la cifra raggiungerà 14,3 milioni entro il 2050. L’epilessia interessa oltre 6 milioni di persone in Europa(si apre in una nuova finestra), mentre secondo l’OCSE(si apre in una nuova finestra), la salute mentale costa circa 600 miliardi di euro ogni anno. Contemporaneamente, la ricerca sta sviluppando nuove tecniche diagnostiche, e i progressi nella potenza di calcolo e nell’uso dell’intelligenza artificiale permettono di sviluppare metodi innovativi di modellazione dei percorsi e dei trattamenti. Uno di questi metodi è l’uso dei gemelli digitali. «I “neurotwin” sono modelli personalizzati di un cervello intero che integrano l’elettromagnetismo, per determinare come scorrono le correnti nella testa di ogni persona o come i tessuti le generano, con la fisiologia, mostrando come si comportano le reti cerebrali. Prevedono la risposta di un individuo alla stimolazione, così possiamo personalizzare la terapia», spiega il co-fondatore di Neuroelectrics Barcelona(si apre in una nuova finestra) Giulio Ruffini(si apre in una nuova finestra). Ruffini ha coordinato il progetto Neurotwin(si apre in una nuova finestra), che si propone di fornire terapie personalizzate basate su modelli per trasformare i risultati del trattamento per persone con Alzheimer e altre patologie.
Modellazione della stimolazione cerebrale non invasiva per prevedere gli effetti fisiologici della stimolazione elettrica transcranica
Una delle difficoltà principali nel trattamento delle patologie mentali è la previsione corretta dell’impatto di terapie come la stimolazione elettrica transcranica (tES, transcranial Electrical Stimulation). Sviluppando iterazioni basate su modelli del cervello di un individuo e creando un gemello digitale, è possibile avere un’idea più chiara delle conseguenze degli interventi. «Quando parliamo di modello guidato, intendiamo l’uso di scansioni del paziente per costruire, adattare e convalidare un modello di gemello digitale predittivo, quindi l’ottimizzazione di montaggio, intensità, frequenza e tempistica in silico (con una simulazione) e l’aggiornamento iterativo con nuovi dati», afferma Ruffini. «La natura meccanicistica dei modelli che sviluppiamo è fondamentale. I nostri modelli non sono scatole nere con miliardi di parametri, ma ereditano una comprensione fisiologica e meccanicistica del funzionamento del cervello. Ciò li rende intrinsecamente più semplici e più interpretabili», aggiunge. L’équipe ha adottato un approccio su tre fronti. Il primo è quello della fisica della testa: usando la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata (RMI/TC) si calcolano i campi elettrici generati dalla stimolazione cerebrale attraverso modelli a elementi finiti(si apre in una nuova finestra), che non sono immagini in tempo reale, ma una simulazione per capire dove vada effettivamente la corrente e per progettare i montaggi corretti. Il secondo ha a che fare con le dinamiche cerebrali: si personalizzano i modelli di rete dell’intero cervello in modo che corrispondano alle oscillazioni/alla connettività di ogni persona, come derivato dai dati di neuroimmaginografia (ad esempio, RMI, RM di diffusione, RM per immagini funzionale o EEG). Infine vi è la progettazione della terapia in silico, che prevede il test dei protocolli tES pertinenti sui gemelli per selezionare quelli che si prevede possano essere utili. «Le scansioni forniscono informazioni anatomiche per bersagliare meglio i campi elettrici, mentre i modelli ibridi completi prevedono i cambiamenti fisiologici nel tempo. Senza una previsione, il dosaggio non è uniforme tra i soggetti, contribuendo a generare risultati variabili», osserva Ruffini. «Per anni abbiamo trattato la stimolazione come una scatola nera. Grazie ai “neurotwin” personalizzati possiamo migliorare la diagnosi ed eseguire test sicuri, prima ancora di toccare il paziente: si apre così la strada a una personalizzazione precisa e uniforme del paziente e al dosaggio del trattamento.»
Gli studi clinici svolti finora permetteranno di fare un uso più ampio dei neurotwin per personalizzare i trattamenti
I finanziamenti per la scienza e l’innovazione provenienti dall’UE hanno consentito al progetto di convalidare il proprio approccio attraverso l’analisi di specie incrociate e uno studio pilota, che prevedeva uno studio(si apre in una nuova finestra) randomizzato crossover in doppio cieco, controllato con placebo. La sperimentazione(si apre in una nuova finestra), svolta presso IRCCS Fondazione Santa Lucia(si apre in una nuova finestra) a Roma, ha coinvolto tES giornalieri, ottimizzati e personalizzati, somministrati a domicilio per 8 settimane, in oltre 40 sessioni, a 30 pazienti con Alzheimer da lieve a moderato. «Il nostro studio clinico e i nostri studi su soggetti umani sani evidenziano gli effetti della stimolazione elettrica transcranica a corrente alternata a 40 Hz sulla potenza gamma. Abbiamo individuato un percorso funzionante, dall’anatomia e fisiologia individuale al dosaggio guidato da modelli e somministrabile a domicilio in una popolazione fragile», afferma Ruffini. Ora l’équipe intende passare a sperimentazioni multicentriche, lavorando prima con pazienti con Alzheimer per poi estenderle all’epilessia e ad altri pazienti neurologici. Ruffini ricorda però che questo lavoro è solo l’inizio di un percorso verso interventi basati su modelli nella neuropsichiatria: «Il nostro obiettivo è quantificare le dinamiche della rete neurale di ciascun paziente rispetto a un modello normativo (sano), quindi scegliere la stimolazione prevista per riportare il sistema personale verso quello stato più sano.»