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L’ultimo colpevole di cattiva salute e morte prematura? Il basso status socio-economico

Un invecchiamento sano è possibile sia per i ricchi che per i poveri? Per scoprirlo, alcuni ricercatori finanziati dall’UE hanno studiato i processi alla base di un invecchiamento sano nella vita di una persona.

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L’invecchiamento riguarda tutti noi, sia come individui che come comunità. Ma per le persone più povere l’impatto dell’invecchiamento è persino maggiore. Poiché è più probabile che siano soggette a problemi di salute nel corso della vita, i loro problemi di salute si aggravano con l’avanzare dell’età. Tuttavia, man mano che si sale lungo la scala socio-economica, il rischio di cattive condizioni di salute tende a diminuire. Infatti, in genere le persone socialmente ed economicamente avvantaggiate possono aspettarsi una vita più lunga e più sana. Nel corso dei suoi quattro anni di durata, il progetto LIFEEPATH, finanziato dall’UE, ha cercato di dimostrare che un invecchiamento sano, già sperimentato da persone con un elevato status socio-economico, può essere goduto anche dalla società nel suo complesso. A tal fine, i partner del progetto hanno esaminato i processi e i meccanismi alla base di un invecchiamento sano nel corso della vita di una persona. LIFEPATH «affronta il problema delle disuguaglianze di salute da un punto di vista specifico, ossia come esse diventano biologiche: in che modo entrano nell'organismo», afferma il prof. Paolo Vineis dell’Imperial College di Londra, coordinatore del progetto, in una intervista condotta nel marzo di quest’anno. L’approccio del progetto, spiega il professore, prevedeva l’uso di indicatori comuni come la mortalità e la velocità di deambulazione, nonché biomarcatori e misure omiche. Questi hanno contribuito a migliorare la comprensione delle disuguaglianze sociali nella salute. Il ruolo dello status socio-economico Ora il gruppo responsabile del progetto ha concluso che la posizione socio-economica di una persona è un fattore di rischio indipendente per la mortalità prematura e il funzionamento fisico. La sua importanza, sostengono, può essere paragonata a quella di fattori di rischio comuni come il fumo, l’elevato consumo di alcol, la cattiva alimentazione e l’inattività fisica. Secondo i loro risultati, il fumo è responsabile del maggior numero di anni di vita persi (4,8), seguito dall’inattività fisica, che ruba 2,4 anni di vita a una persona. Una posizione socio-economica svantaggiata segue da vicino questi fattori di rischio, privando le persone di 2,1 anni di vita, mentre l’elevato consumo di alcol ruba solo mezzo anno. I ricercatori hanno dimostrato che una bassa condizione socio-economica può comportare uno stress psicosociale cronico che può avere effetti a lungo termine sul corpo e sulla salute di una persona. Inoltre, hanno scoperto che le traiettorie di scarsa salute legate a circostanze svantaggiate iniziano nella prima infanzia e sono ben radicate già dall’età di tre anni. «I nostri dati epidemiologici e biologici mostrano che lo svantaggio socio-economico, espresso da reddito, istruzione, alloggio o posizione lavorativa, si accumula fin dall’inizio della vita a causa di diversi tipi di esposizione e circostanze, tra cui lo stress psicosociale», spiega Michelle Kelly-Irving dell’Inserm di Tolosa, partner di progetto, in un comunicato stampa pubblicato sul relativo sito web. «Le prove del nostro progetto dimostrano che questo stress cronico può indurre un’infiammazione sistemica del corpo che porta all’accelerazione dell’età biologica, a malattie premature e a mortalità nei soggetti più svantaggiati. Letteralmente, la povertà entra nell'organismo delle persone.» Questi risultati evidenziano l’importanza di un intervento precoce per promuovere un invecchiamento sano. LIFEPATH (Lifecourse biological pathways underlying social differences in healthy ageing) si è concluso alla fine di aprile. I risultati del progetto, presentati durante un incontro finale a Ginevra, potranno fornire ai responsabili politici informazioni sullo sviluppo delle politiche sanitarie, economiche e sociali. Per maggiori informazioni, consultare: sito web del progetto LIFEPATH

Paesi

Regno Unito

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