Skip to main content
Vai all'homepage della Commissione europea (si apre in una nuova finestra)
italiano italiano
CORDIS - Risultati della ricerca dell’UE
CORDIS

Article Category

Contenuto archiviato il 2022-12-21

Article available in the following languages:

Dopo il SER, uno Spazio europeo dell'istruzione?

L'europarlamentare olandese Elly Plooij-van Gorsel, autrice di una relazione sulla proposta della Commissione europea di creare uno Spazio europeo della ricerca (SER), ha illustrato al Notiziario CORDIS le misure, fra cui l'istituzione di uno Spazio europeo dell'istruzione, ch...

L'europarlamentare olandese Elly Plooij-van Gorsel, autrice di una relazione sulla proposta della Commissione europea di creare uno Spazio europeo della ricerca (SER), ha illustrato al Notiziario CORDIS le misure, fra cui l'istituzione di uno Spazio europeo dell'istruzione, che reputa necessarie ai fini della realizzazione del SER. La proposta della Plooij di creare uno Spazio europeo dell'istruzione ha già riscosso ampi consensi sia nell'ambito della commissione dell'Europarlamento per l'industria, il commercio con l'estero, la ricerca e l'energia, sia da parte di Achilleas Mitsos, direttore generale per la Ricerca in seno alla Commissione europea. "Accanto allo Spazio europeo della ricerca dovrebbe sorgere uno Spazio europeo per l'istruzione superiore. In base al principio di sussidiarietà, l'istruzione è ancora di competenza degli Stati membri [.], ma credo che per diventare l'economia più competitiva al mondo nel prossimo decennio e sviluppare un'economia basata sulla conoscenza, sia impossibile non disporre anche di uno Spazio europeo dell'istruzione", ha affermato la Plooij nel corso di un'intervista rilasciata in esclusiva al Notiziario CORDIS. Secondo l'eurodeputata olandese, l'attuazione di tale progetto rappresenta l'unica strada per promuovere in tutta l'UE la necessaria qualità dei ricercatori, nonché l'unico modo, per i ricercatori stessi, di essere accolti ad ogni livello. La Plooij ha sottolineato inoltre la necessità di intensificare la cooperazione in altri settori, per esempio nel campo della mobilità dei ricercatori e dell'apertura dei programmi nazionali di ricerca, nonché fra gli organismi di finanziamento della ricerca. "A livello di istituti scientifici e di organismi di finanziamento della ricerca, la cooperazione è pressoché inesistente. Non vi sono istituzioni che si occupano di quest'aspetto e ciò significa che non c'è complementarità tra ricerca nazionale e comunitaria", ha dichiarato la Plooij, la quale ha aggiunto che occorre riesaminare la situazione e compiere un passo avanti, stimolando la cooperazione a livello intermedio e consentire così agli scienziati di partecipare ai programmi di ricerca degli altri Stati membri. Tuttavia l'europarlamentare ammette che il rafforzamento della cooperazione è ostacolato da una serie di barriere, fra cui l'esistenza di diversi sistemi retributivi e previdenziali, i quali pongono particolari problemi soprattutto in termini di mobilità. Ella evidenzia altresì il prevalere degli interessi nazionali in materia di finanziamenti per la ricerca: "Molti Stati membri preferiscono spendere il loro denaro all'interno dei confini nazionali. La burocrazia rappresenta una vera e propria barriera". La flessibilità, fattore significativo vista la natura mutevole e progressiva della scienza e della tecnologia, costituisce un'altra delle questioni da affrontare, sostiene l'eurodeputata. Pur apprezzando la proposta avanzata da diversi Stati membri di aumentare la flessibilità nell'ambito del sesto programma quadro, la Plooij fa notare che sono stati proprio gli Stati membri ad "annientare" la flessibilità nel quinto programma quadro, insistendo affinché venissero varate specifiche azioni chiave con un determinato stanziamento. "Mi fa piacere sentire che gli Stati membri auspicano maggiore flessibilità e spero che si atterranno a tale obiettivo che noi, da tempo, perseguiamo". L'europarlamentare ha dichiarato al Notiziario CORDIS che il tema del valore aggiunto europeo non dovrà essere trascurato nei progetti che la Commissione sta elaborando a favore della ricerca europea. A suo avviso, quest'aspetto potrebbe essere infatti esaminato dal Centro comune di ricerca (CCR), il quale ha subìto una positiva trasformazione nel corso degli ultimi anni, "sebbene la funzione del CCR non sia molto chiara ai fini del valore aggiunto europeo", afferma la Plooij, aggiungendo che tale questione dovrà essere affrontata nell'ambito del 6PQ. L'eurodeputata vorrebbe che il CCR svolgesse un ruolo più incisivo nella promozione della ricerca europea e per questo suggerisce la creazione di un'esposizione virtuale o di un sito web dove poter sensibilizzare maggiormente i cittadini europei nei confronti della ricerca comunitaria e rafforzare "l'importanza della ricerca europea per la nostra economia e la nostra qualità della vita". Un servizio di questo tipo potrebbe altresì facilitare gli scambi per studenti e ricercatori. Per quanto possa sorprendere, la Plooij non è molto preoccupata circa il futuro ruolo dei paesi più piccoli nell'ambito della ricerca europea, sebbene ella stessa non provenga da uno degli Stati membri più grandi dell'UE. Alcuni hanno espresso un certo timore in ragione del principio della geometria variabile, al quale si farà ricorso più spesso in futuro, nonché della proposta della Commissione di porre maggior enfasi sui progetti più ampi nell'ambito del sesto programma quadro. "La qualità costituisce da sempre il criterio principe del programma quadro [.]. E i paesi più piccoli offrono qualità. Sono in grado lavorare insieme nell'ambito di progetti, centri di eccellenza e in situazioni di geometria variabile". Tuttavia l'eurodeputata ha espresso alcune preoccupazioni per l'eliminazione dei progetti più piccoli: "Non è scientificamente dimostrabile che i progetti più ampi siano più efficaci o di maggior successo rispetto a quelli più piccoli, quindi il passaggio dal quinto al sesto programma quadro non deve necessariamente tradursi in un repentino abbandono del piccolo a favore del grande. Pertanto mi piacerebbe che si effettuassero alcune sperimentazioni, a cominciare per esempio dai settori delle tecnologie della dell'informazione e della comunicazione (TIC) e delle scienze biologiche [.]. Mai gettare vie le scarpe vecchie prima di aver comprato le nuove", ha aggiunto la Plooij. La relazione dell'eurodeputata contiene una nuova proposta, in base alla quale verrebbero mantenuti i finanziamenti a favore dei progetti minori: si tratta di programmi cosiddetti "orfani", descritti quali settori di ricerca che non godono del sostegno dei grandi gruppi di pressione, ma che rappresentano un potenziale in termini di creazione di valore aggiunto europeo. Interrogata sulla natura soggettiva del concetto di valore aggiunto europeo, la Plooij ha affermato che si dovrebbe evitare di duplicare le attività di ricerca già condotte negli Stati Uniti. Se l'Europa promuoverà i suoi punti di forza - ha dichiarato - sarà possibile creare valore aggiunto. Ella inoltre vorrebbe che si realizzassero i progetti "orfani" nel campo dello sviluppo di nuovi medicinali, settore in cui i profitti non sono necessariamente alti, ma nel quale la ricerca riveste ancora un'enorme importanza. L'ambizione che sottende alla proposta del SER è realistica? "Sì e no", ha risposto Elly Plooij-van Gorsel. Esistono ancora delle barriere, "ma è comunque meglio che non avere nessuna ambizione".

Articoli correlati

Il mio fascicolo 0 0