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Da una tavola rotonda sull'innovazione emerge che i rapporti università-industria sono essenziali per il trasferimento tecnologico

"Ho provato grande stupore e soddisfazione nell'udire che, secondo la Commissione, le università continueranno a svolgere un ruolo di grande importanza nel processo dell'innovazione", ha dichiarato Yves Poullet, professore di Diritto presso le università di Namur e Liegi (Belg...

"Ho provato grande stupore e soddisfazione nell'udire che, secondo la Commissione, le università continueranno a svolgere un ruolo di grande importanza nel processo dell'innovazione", ha dichiarato Yves Poullet, professore di Diritto presso le università di Namur e Liegi (Belgio), al Notiziario CORDIS lo scorso 12 novembre. Il professor Poullet ha partecipato, in qualità di moderatore, ad una tavola rotonda sulla ricerca e l'innovazione a margine della manifestazione di lancio del sesto programma quadro (6PQ). A suo avviso, la discussione sul ruolo "Dr Jeckyll e Mr Hyde" dei ricercatori si è rivelata particolarmente proficua per i partecipanti alla sessione. La similitudine è stata proposta da Anders Flodström, direttore dell'Istituto reale di tecnologia dell'Università di Stoccolma. Definendo "unico" il modello svedese, il professor Flodström ha spiegato come la decisione politica di non creare istituti di ricerca abbia spinto le università ad assumere tale funzione. "I ricercatori svedesi svolgono il duplice ruolo di Dr Jeckyll e Mr Hyde", ha affermato il professor Flodström. "Spesso accade che la mattina conducano ricerche autonome e nel pomeriggio si dedichino ad attività strategiche di ricerca su contratto". Il professor Flodström ha paragonato la situazione in Europa con quella degli Stati Uniti ed in particolare con la rinomata Stanford University, dove il "denaro affluisce incondizionatamente". In Europa, invece, "[le imprese] erogano fondi per ottenere qualcosa in cambio, quindi si è obbligati a raggiungere dei risultati. È stipulato nel contratto". "Credo che in ambito accademico sia molto difficile per un professore partecipare attivamente alla creazione di collegamenti fra università e imprese", ha dichiarato il professor Poullet al Notiziario CORDIS, sottolineando che tale problema "deve essere affrontato direttamente all'interno delle università. [...] Vi sono atenei che si dedicano all'istruzione e alla ricerca di base. Ma oltre a queste attività, alcuni accademici vorrebbero occuparsi della conduzione di ricerche in collaborazione con le imprese". Jürgen Wüst, amministratore delegato della società tedesca KEIM, ha spiegato la ragione per cui alcuni atenei non consentono al proprio personale di operare anche nell'industria."La formazione è l'attività primaria delle università, ovvero qualità dell'insegnamento e attenzione agli studenti. Non dovremmo dimenticarcene". Ciononostante, Wüst ha chiesto il coinvolgimento di un "nucleo creativo" di docenti nel processo di trasferimento tecnologico. Come prevedibile, la possibilità di operare congiuntamente in ambito universitario ed industriale suscita diverse reazioni in Europa. In Italia, al personale universitario non è consentito sedere nei consigli di amministrazione aziendali. Il professor Poullet ha citato uno studio promosso dalla DG Imprese "il quale indica chiaramente che oltre il 28 per cento delle spin-off si trova nel Regno Unito ed è stato creato da università britanniche. "Sono dati incredibili se paragonati a quelli relativi ai paesi dell'Europa meridionale", ha affermato Poullet, giungendo alla conclusione che: "A quanto pare la cultura nelle università inglesi è più aperta alla possibilità di instaurare rapporti con le società e con gli organismi esterni". Il professor Poullet conosce personalmente le difficoltà che tali differenze culturali possono generare, poiché egli stesso è attualmente impegnato nella creazione di una rete interuniversitaria. "Ci confrontiamo con norvegesi, inglesi, spagnoli e tedeschi. Ciascuno di essi ha una propria mentalità, diverse strutture giuridiche e status sociali differenti per i ricercatori. È davvero difficile creare gli istituti paneuropei di cui vorremmo disporre". Il professor Poullet, tuttavia, è convinto del fatto che reti di questo tipo siano fondamentali per l'innovazione. Rachel Fletcher, amministratore delegato di Beta Technologies, il Punto di contatto nazionale nel Regno Unito per le piccole e medie imprese (PMI), ha posto l'accento sulla questione delle aspettative, sia da parte degli imprenditori che delle università, e sull'impatto che esse possono esercitare sui rapporti fra i due settori. "Vi è una differenza fra ciò che l'industria si aspetta e ciò che vuole", ha detto la Fletcher, spiegando che l'industria si attende un'eccellente attività di ricerca, un impegno nei confronti del progetto e puntualità nei risultati. Inoltre, essa chiede tempi di esecuzione rapidi, poiché è molto difficile per le imprese, ed in particolare per le PMI, pensare in termini di progetti quinquennali. Per giunta, sostiene la Fletcher, il tipo di ricerca richiesto dalle società è di natura multidisciplinare, poiché spesso interessa diversi dipartimenti universitari. "Ma le PMI non sono tutte uguali. Per le università è impossibile pensare che operando in un certo modo avranno la certezza di lavorare con le PMI", ha precisato la Fletcher. Discutendo il ruolo dell'innovazione nel 6PQ, il direttore generale della DG Imprese Jean-Paul Mingasson ha affermato: "È naturale che l'innovazione diventi parte integrante del sesto programma quadro" ed ha aggiunto: "La politica europea dell'innovazione dovrebbe rafforzare la base dell'innovazione attraverso la creazione di reti e la sperimentazione di nuovi approcci volti a stimolare l'innovazione". Il direttore della Direzione "Innovazione" della DG Imprese Giulio Grata ha fatto notare che l'elevata partecipazione alla tavola rotonda sull'innovazione - sicuramente oltre l'1,4 per cento dei partecipanti alla conferenza, cifra che coincide con la percentuale dei fondi dedicati all'innovazione nell'ambito del 6PQ - testimonia "il valore attribuito all'argomento dell'innovazione e l'importanza di non perdere mai l'occasione di scambiare opinioni". Come spiega il dott. Grata, nell'ambito del primo programma specifico del 6PQ saranno disponibili 10 milioni di euro per le attività in materia di innovazione. I fondi potranno essere utilizzati per finanziare ulteriori studi sugli aspetti specifici della politica dell'innovazione, compresa l'analisi dell'ambiente amministrativo e normativo. La Direzione "Innovazione", inoltre, porterà avanti l'attività relativa agli studi sulla politica dell'innovazione e al quadro di valutazione dell'innovazione in Europa. Il collegamento in rete degli attori e degli utenti rimarrà prioritario, nell'ambito di iniziative come PAXIS (Azione pilota per l'eccellenza delle start-up innovative) e il forum per gli incubatori "Gate2Growth". Inoltre, verrà promossa la cooperazione transregionale e la Direzione continuerà a fornire assistenza attraverso i Centri relais d'innovazione, gli helpdesk e CORDIS. Al fine di analizzare e valutare il grado d'innovazione dei progetti di ricerca finanziati dall'UE, i progetti integrati nell'ambito del 6PQ dovrebbero essere considerati "un laboratorio su vasta scala per l'innovazione", ha dichiarato il dott. Grata. Il direttore generale aggiunto della DG Imprese Heinz Zourek ha chiuso la sessione esortando i governi nazionali a "proseguire nella definizione del brevetto comunitario e a non perdersi in questioni politiche e di scarsa rilevanza, se non sotto il profilo meramente politico, come l'aspetto della lingua".