La relazione evidenzia un netto divario fra i vecchi e i nuovi stati membri sui progressi in merito alla strategia di Lisbona
Una relazione della Confederazione delle Aziende Svedesi evidenzia il netto divario fra i paesi aderenti e gli attuali stati membri dell'Unione Europea per quanto riguarda il rispetto degli obiettivi di Lisbona, tuttavia suggerisce che una differenza di comportamento fra i due blocchi potrebbe portare, entro il 2010, al superamento dei vecchi stati membri da parte dei nuovi. Nel 2000, i capi di stato e di governo dei paesi dell'Unione Europea hanno concordato misure finalizzate a fare dell'Europa l'economia basata sulla conoscenza più dinamica e competitiva del mondo entro il 2010. È risaputo che benché siano stati compiuti progressi in alcuni settori, l'Unione Europea nel suo insieme è ancora ben lontana dal raggiungere tale obiettivo. "Finché gli stati membri continueranno a trascurare le regole e le misure concordate in ambito comunitario e finché il Parlamento ed il Consiglio europei bloccheranno le proposte dell'Unione Europea, verrà meno la credibilità sulla Strategia di Lisbona", si legge nella relazione svedese. Il documento sostiene che i paesi aderenti devono percorrere molta strada prima di raggiungere gli attuali stati membri, tuttavia evidenzia che il processo di riforma si è rivelato piuttosto veloce dal momento in cui sono state avviate le negoziazioni di adesione. "Si evidenzia inoltre che i nuovi stati membri stanno prendendo sul serio la Strategia di Lisbona. Chissà, entro il 2010 potrebbero posizionarsi davanti a molti dei 15 stati membri dell'Unione Europea", si dichiara nella relazione. La Confederazione delle Aziende Svedesi sottolinea cinque priorità commerciali chiave: il valore dell'impresa, instaurare un mercato interno efficace, concorrenza e meno tasse, creare un mercato del lavoro flessibile e in espansione, stimolare la ripresa strutturale e tecnologica. Per quanto riguarda l'obiettivo di stimolare la ripresa tecnologica, la relazione pone l'accento sull'estrema importanza degli investimenti nelle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC), nonché nella biotecnologia, e sottolinea il valore di un sistema funzionale e ben sviluppato per la gestione dei diritti di proprietà intellettuale. "Gli stati membri che, per ragioni nazionali, stanno bloccando l'adozione di un brevetto comunitario in grado di soddisfare le esigenze degli utilizzatori, e competitivo in un contesto globale, devono riconsiderare le loro posizioni" dichiara la Confederazione delle Aziende Svedesi. Se non riescono ad accettare un sistema che soddisfi le esigenze concorrenziali dell'industria e dell'Unione Europea, "allora l'Europa e le sue industrie starebbero meglio senza", aggiunge. Le cifre relative all'occupazione nella produzione high-tech illustrano l'importanza dell'economia high-tech nei singoli paesi. L'Irlanda si pone nettamente al vertice con quasi il 20% di produzione industriale high-tech. Tale prospetto può essere pressoché suddiviso in due parti, con gli stati membri dell'Unione Europea al vertice e i paesi aderenti in coda. Tuttavia, entrambi i gruppi mostrano delle eccezioni. L'Ungheria vanta un'ampia produzione industriale high-tech e si posiziona al secondo posto, subito dopo l'Irlanda, in termini di occupazione nel settore. D'altro canto, la Spagna, la Grecia e il Portogallo occupano tre delle cinque posizioni più basse. Un prospetto illustrante le richieste di brevetto all'Ufficio Brevetti Europeo nel 2001 offre un'immagine simile. La Svezia si pone al vertice, con oltre 350 richieste ogni milione di abitanti, precedendo 11 stati membri. La Slovenia estromette la Spagna dalla prima metà della classifica, mentre la Grecia e il Portogallo si posizionano molto più in basso. Benché nella relazione si considerino "numerose" le sfide per i paesi aderenti, la Confederazione delle Aziende Svedesi è ottimista e tra i fattori positivi cita il livello d'istruzione relativamente alto nella maggior parte di questi paesi. Gli ostacoli alla crescita rimangono il retaggio dei vecchi investimenti industriali, dei danni ambientali e di un'amministrazione pubblica insoddisfacente.