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Secondo una relazione, l'allargamento è una buona notizia per il settore delle scienze naturali

Secondo un recente studio condotto da Cap Gemini Ernst & Young, l'allargamento potrebbe, nel lungo periodo, consolidare la posizione dell'Europa nel settore delle scienze naturali. Attualmente, l'Europa è al primo posto nel mondo nella produzione farmaceutica, ma è piuttosto ...

Secondo un recente studio condotto da Cap Gemini Ernst & Young, l'allargamento potrebbe, nel lungo periodo, consolidare la posizione dell'Europa nel settore delle scienze naturali. Attualmente, l'Europa è al primo posto nel mondo nella produzione farmaceutica, ma è piuttosto indietro se si parla di innovazione nelle scienze naturali. Il successo europeo è ostacolato da un mercato frammentato, dalla pressione sull'abbassamento dei costi di produzione e di ricerca e sviluppo (R&S) e da un clima che non è in grado di incoraggiare o premiare l'innovazione. Secondo la relazione, questa situazione potrebbe cambiare con l'adesione di dieci nuovi paesi all'UE. In effetti, i futuri Stati membri consentiranno l'accesso a un più vasto complesso di competenze, a una più ampia riserva di pazienti per le sperimentazioni cliniche e a strutture più efficienti in termini di costi. I nuovi paesi dell'UE sono in una posizione fondamentale per sostenere le attività di sviluppo clinico - accelerando potenzialmente i tempi di commercializzazione per i nuovi farmaci. "Costi di investimento, questioni culturali e requisiti normativi nell'Europa occidentale hanno tradizionalmente impedito all'UE di diventare la "sede d'elezione" per le sperimentazioni cliniche", ha spiegato Paul Nannetti, leader globale per le scienze naturali presso Cap Gemini Ernst & Young. "I paesi dell'Europa centrale e orientale, che offrono minori costi per lo sviluppo del settore clinico, maggiore produttività di sede e meno normative locali, potrebbero alleviare alcune delle attuali pressioni che gravano sulle aziende farmaceutiche in Europa". "Osservando il mercato notiamo che la forza lavoro altamente specializzata dell'Europa centrale e orientale, le competenze multilingue e le attività di back-office a basso costo, quali finanza, amministrazione e risorse umane, potrebbero rappresentare i principali candidati per un trasferimento verso l'Europa dell'Est e fornire un prezioso complemento alle tradizionali sedi estere", ha aggiunto. Fino ad ora, i paesi europei hanno sviluppato e prodotto la maggior parte dei nuovi prodotti farmaceutici. Ma la loro quota dei nuovi lanci sul mercato mondiale è in costante declino negli ultimi anni. Tra il 1990 e il 2002, l'investimento in R&S negli USA si è più che quintuplicato, mentre in Europa è aumentato solo di 2,5 volte rispetto al suo livello originale. Questo ritmo lento degli investimenti in Europa indica che il settore delle scienze naturali ha patito la fuga dei cervelli verso gli USA, dove esistono migliori opportunità professionali. La complessità dei requisiti normativi, d'altra parte, rende l'Europa meno attraente rispetto agli USA riguardo agli investimenti nelle scienze naturali. A differenza degli USA, che dispongono di un'unica agenzia di regolamentazione per tutti gli stati, l'Europa conta 15 singole autorità regolatorie all'interno dell'attuale UE, e addirittura 40 in tutta Europa. Questa situazione non cambierà con l'allargamento dell'UE. Anche l'elevato numero di comitati etici in tutta l'Europa occidentale ha un impatto sulla UE come luogo per un rapido sviluppo dei farmaci. A confronto, uno studio multicentrico negli USA richiede solo un comitato etico centrale e, ove applicabile, comitati etici locali per i singoli centri. Considerando un aspetto più positivo, tuttavia, lo studio indica che tra il 1997 e il 2002 ci sono stati 787 progetti esteri di investimento nel settore europeo delle scienze naturali, con Regno Unito e Francia come primi destinatari europei. Irlanda, Germania, Belgio e Spagna seguivano a ruota. Lo studio rivela inoltre che i paesi nordici potrebbero diventare il centro della ricerca biotecnologica all'interno dell'UE, grazie a strutture di R&S, infrastrutture di sostegno, incentivi disponibili per le nuove imprese e stretti legami tra università e industria. Pertanto, oltre a questi sviluppi, "l'allargamento dell'UE [ora] offre l'opportunità di ridurre il "divario di innovazione" tra USA ed Europa. Un ambiente più allettante e innovativo, che permetta ai giovani talenti europei di svilupparsi, dovrebbe aiutare a invertire la tendenza della nostra forza lavoro a cercare opportunità di carriera altrove. Costi più bassi per lo sviluppo clinico, aumento della produttività di sede e manodopera altamente specializzata sono tutti fattori chiave, a cui tutti e dieci i paesi sono in grado di contribuire", afferma Roy Lenders, l'autore della relazione. La relazione avverte, tuttavia, che a breve termine, i nuovi paesi aderenti all'UE si troveranno ad affrontare difficoltà pratiche nel tentativo di adottare la legislazione dell'UE in materia di scienze naturali. Dovranno armonizzare le loro normative sull'esclusività dei dati, l'etichettatura e la pubblicità dei medicinali. La relazione conclude affermando che, tra i nuovi paesi, l'Ungheria è il paese migliore per investire in ricerca e sviluppo, seguito dalla Repubblica Ceca. Infatti, se nella valutazione delle strutture farmaceutiche si include la produzione di medicinali generici, i paesi aderenti registrano un punteggio molto più elevato, a causa dei bassi costi dei salari, delle strutture di regolamentazione competitive e della facilità di ottenere le autorizzazioni. Inoltre in questi paesi, in particolare la Slovacchia e l'Ungheria, i livelli di istruzione sono elevati. "Prevediamo che le attività di sviluppo clinico si sposteranno sempre più verso i nuovi paesi dell'UE", termina lo studio. "Per l'Unione Europea nel suo complesso, questo aumenterà la competitività nella corsa all'innovazione farmaceutica nei confronti degli USA. In breve, i nuovi paesi dell'UE possono emergere come partner globale nello sviluppo dei farmaci",

Paesi

Spagna, Francia, Regno Unito

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