L'India vanta enormi afflussi di investimenti esteri nel campo della R&S
Negli ultimi anni, l'Europa ha preso sempre più coscienza delle minacce che rischiano di pregiudicarne l'immagine di regione tra le più competitive del mondo. Economie emergenti quali la Cina, la Corea del Sud e l'India stanno esercitando pressione sull'Europa e non solo nel campo della ricerca e dello sviluppo (R&S). Una recente relazione presentata dal Technology Information Forecasting and Assessment Council (TIFAC) del governo indiano ha illustrato in quale misura sta crescendo il ruolo dell'India, e ha pubblicato nuove cifre relative agli investimenti diretti esteri (IDE) nel campo della R&S. Secondo la relazione nel periodo di cinque anni compreso tra il 1998 e il 2003 in India sono affluiti 1,13 miliardi di dollari (0,95 miliardi di euro). Parte di questo denaro proviene dall'Europa, in particolare dalla Germania che rappresenta il secondo maggior investitore in India insieme alla Corea, ma anche dalla Francia, dalla Danimarca e dal Regno Unito. Gli Stati Uniti rimangono di gran lunga il principale investitore, ma anche Giappone e Cina offrono il proprio contributo. Tutto questo indica che parte degli investimenti che prima giungevano in Europa, per esempio dagli Stati Uniti, ora vengono destinati all'India. Nella relazione si legge che circa la metà delle imprese create in India grazie agli investimenti diretti esteri sono state costituite in seguito al trasferimento della R&S interna. La maggior parte degli IDE è destinata alla ricerca e allo sviluppo nel settore informatico, cui segue la ricerca in campo farmaceutico, automobilistico, chimico e agricolo. L'India rappresenta un mercato interessante anche sotto il profilo della disponibilità e del costo della manodopera locale. Uno scienziato indiano guadagna 10.000 dollari all'anno (8.413 euro), mentre uno scienziato americano ne pretende almeno 100.000 (84.150 euro). Gli autori della relazione ritengono che l'India possa trarre beneficio da questi investimenti nella ricerca, anche se i partenariati con le imprese indiane tendono ad avere vita breve. "I partenariati con le imprese locali funzionano all'inizio, ma non durano per sempre: in India il 56 per cento delle imprese create grazie agli investimenti diretti esteri preferisce lavorare per conto proprio", si legge nella relazione. Nelle raccomandazioni formulate, gli autori proseguono affermando che "non si agirà nell'interesse dell'India insistendo sulla partecipazione azionaria indiana locale in imprese create grazie agli investimenti diretti esteri poiché, per sua natura, il settore della ricerca e dello sviluppo è privato e nessuna impresa IDE condividerà i progressi raggiunti nel campo della conoscenza con l'azienda locale". Al contrario, l'India trae beneficio dalla creazione di nuovi posti di lavoro e dalle collaborazioni occasionali. In effetti, la relazione sostiene che l'afflusso di investimenti diretti esteri nel campo della ricerca e dello sviluppo ha permesso alla scienza e tecnologia indiana di unirsi al "flusso globale della R&S". Tuttavia gli autori della relazione invitano il governo indiano a impegnarsi maggiormente, al fine di promuovere e garantire investimenti diretti esteri nel settore della ricerca e dello sviluppo. Oltre alla necessità di controllarne l'afflusso, il documento invita il governo a prendere in considerazione la possibilità di creare parchi scientifici che mettano a disposizione dei principali operatori tutte le strutture di cui necessitano. Inoltre esorta a istituire un programma che incoraggi altre importanti istituzioni, quali università e organizzazioni attive nel campo della R&S finanziate dai governi, a trasferire i propri centri di ricerca in India.
Paesi
India