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Photochemistry at the Ocean's Surface: Effects and Interactions of Dissolved Organic Matter with Microplastics

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Sotto alla pelle (in microplastica) dell’oceano

Considerando che la produzione di plastica è destinata a raddoppiare nei prossimi due decenni, l’inquinamento del microstrato superficiale marino degli oceani può solo peggiorare. Grazie alle ricerche condotte nell’ambito del progetto POSEIDOMM, ora sappiamo un po’ di più sulle conseguenze devastanti di questo inquinamento.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

L’estensione della copertura scientifica, politica e mediatica sulla presenza di plastica nei mari e negli oceani non riesce a nascondere una verità ineluttabile: giunti a questo punto, abbiamo a malapena scalfito la superficie di tutte le reazioni a catena che questo accumulo di plastica sta innescando. Prendiamo il caso del microstrato superficiale marino: questa barriera di 1 mm di spessore tra l’acqua e l’atmosfera (che si può considerare come la pelle dell’oceano) potrebbe non sembrare così importante rispetto all’immensità del mondo sottostante, ma in realtà è un’interfaccia chiave tra i due ambienti. Nel microstrato superficiale marino avvengono importanti scambi fisici, chimici e biologici, mentre la grande varietà di organismi viventi (uova di pesce, larve, batteri, micro-invertebrati e alghe) che lo abitano si mescola sempre più spesso con plastiche a bassa densità. Sconvolgimento del delicato equilibrio del microstrato superficiale marino «Sappiamo che la materia organica naturale, così come i contaminanti antropogenici, può essere arricchita fino a cento volte in più nel microstrato superficiale marino rispetto all’acqua sottostante. Ciò che non sapevamo prima del nostro progetto, invece, è come gli aumenti di microplastica e materia organica possano influenzarsi a vicenda e influenzare le importanti funzioni del microstrato», spiega il prof. Steven Loiselle, coordinatore di POSEIDOMM (Photochemistry at the Ocean’s Surface: Effects and Interactions of Dissolved Organic Matter with Microplastics) per conto dell’Università di Siena. Laddove le conoscenze scientifiche erano scarse, POSEIDOMM ha studiato gli effetti delle microplastiche sul microstrato superficiale marino. Il gruppo di ricerca ne ha approfondito l’impatto sulla produzione di materia organica, il degrado della stessa come potenziale fonte netta di CO2 nell’atmosfera e altri cambiamenti indotti dalla microplastica nella composizione molecolare del microstrato. Per ottenere questi risultati, il consorzio ha combinato esperimenti controllati in laboratorio (microPOSEIDOMM) su diversi campioni d’acqua con il primo esperimento mesocosmo in situ su larga scala al mondo focalizzato sulle microplastiche (mesoPOSEIDOMM). Secondo la dott.ssa Luisa Galgani, ricercatrice principale del progetto, uno dei risultati più importanti è la scoperta di come, «in presenza di microplastiche nelle acque superficiali, la degradazione fotochimica e microbatterica combinata degli aggregati organici porti a un’ulteriore riduzione delle concentrazioni di ossigeno. Infatti, un’osservazione comune a tutti i nostri esperimenti di microcosmo rispetto ai campioni “di controllo” è stata una significativa riduzione della concentrazione di ossigeno nei trattamenti che includono le microplastiche». Questi esperimenti suggeriscono che le microplastiche marine agiscono come punti caldi localizzati per l’attività microbica. Poiché questi detriti plastici a bassa densità possono rimanere a lungo sulla superficie marina, l’accumulo in superficie può interferire con la produzione, il consumo e lo scambio di gas del microstrato superficiale marino. Necessità di ulteriori studi Secondo la dott.ssa Galgani, questo fatto ha potenziali conseguenze per la respirazione degli oceani che devono essere ulteriormente studiate. E mentre i risultati dello studio sul mesocosmo non sono ancora stati pubblicati, il gruppo afferma che evidenzierà ulteriormente la necessità di azioni e studi aggiuntivi. Parlando di ricerche future, i membri del consorzio sono attualmente alla ricerca di nuove opportunità. Vorrebbero infatti concentrare questi sforzi sulla quantificazione e il monitoraggio sul campo, su studi sperimentali dei processi di arricchimento e modelli di tempo di residenza della plastica nel microstrato superficiale marino, nonché spingersi ancora più in là studiando gli effetti di diversi tipi di plastica in una varietà di ambienti acquatici, dai sedimenti dei fondali fluviali e dei suoli all’acqua di mare e all’acqua dolce.

Parole chiave

POSEIDOMM, microstrato superficiale marino, superficie, microstrato, microplastica, CO2, ossigeno, respirazione oceanica

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