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Contenuto archiviato il 2024-04-17

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Portare l'eccellenza finlandese in Europa

Da qualche tempo a questa parte, la Finlandia gode di ottima reputazione a livello internazionale per l'elevato livello di competenza scientifica. Grazie a una riforma nazionale rigorosa nel campo della scienza e della tecnologia, nonché a una crescita economica caratterizzata...

Da qualche tempo a questa parte, la Finlandia gode di ottima reputazione a livello internazionale per l'elevato livello di competenza scientifica. Grazie a una riforma nazionale rigorosa nel campo della scienza e della tecnologia, nonché a una crescita economica caratterizzata da una fase ad elevata intensità di conoscenza agli inizi degli anni novanta, il paese oggi può vantare una percentuale di ricercatori superiore a quello di qualsiasi altro Stato membro e una solida rete di università e istituiti ad alta intensità di ricerca. Un esempio concreto dell'eccellenza finlandese è Markku Kulmala, docente di fisica all'Università di Helsinki. Da oltre 20 anni è all'avanguardia nel campo della ricerca che si occupa dei meccanismi coinvolti nella creazione delle particelle di aerosol e del relativo impatto sul clima. In un'intervista al Notiziario CORDIS, il professor Kulmala ha parlato della sua attività di ricerca e di come la Finlandia ha raggiunto i vertici nella ricerca atmosferica. Ha anche illustrato l'esperienza che ha maturato con la partecipazione al programma quadro e l'importanza di quest'ultimo nel campo di ricerca che lo vede impegnato. Molti, quando sentono il termine "aerosol", pensano a lacche per capelli e deodoranti, ma gli aerosol sono molto di più. Sono particelle in forma liquida o solida distribuite in modo uniforme e nebulizzate tramite un gas, di solito l'aria. Si tratta di elementi la cui dimensione varia grosso modo da un nanometro a 100 micrometri e che sono presenti nell'ordine delle centinaia di migliaia in ogni centimetro cubo di aria che inaliamo. Alcuni aerosol esistono in natura, generati da vulcani, tempeste di polvere, incendi di foreste e prati, piante vive e spuma del mare. Anche le attività umane, quale la combustione di combustibili fossili, produce aerosol. L'impatto degli aerosol sulla salute umana desta preoccupazioni. "Le particelle possono provocare malattie respiratorie e cardiovascolari, in quanto entrano nel flusso sanguigno attraverso l'inalazione", spiega il professor Kulmala. Tuttavia, dovrebbero anche avere un effetto positivo, dal momento che possono avviare un processo di raffreddamento del clima. Gli aerosol possono aumentare la nuvolosità fungendo da "semi" su cui si possono formare le goccioline delle nubi. Noto come "effetto aerosol indiretto", tale fenomeno conferisce alle nubi una superficie più estesa e ne aumenta la riflettività, che si traduce in un maggior potere di raffreddamento. Le nubi hanno anche minori probabilità di produrre pioggia, il che permette loro di rimanere sul posto più a lungo e di raffreddare l'atmosfera per più tempo. È esattamente questo aspetto l'oggetto degli studi condotti negli ultimi 20 anni da Markku Kulmala. "Le particelle e le nubi riflettono la luce del sole verso lo spazio, raffreddando in questo modo il clima. Al tempo stesso, controbilanciano il riscaldamento provocato dai gas a effetto serra", afferma Kulmala. Prima della comparsa sulla scena dello scienziato, in Finlandia era stato fatto ben poco per misurare l'impatto degli aerosol sull'ambiente. "Quando ho iniziato a studiare, all'Università di Helsinki c'era solo un professore che si occupava di questo argomento e che poi ha lasciato la cattedra", ha spiegato. Dopo aver letto vari articoli e diverse riviste in materia, Markku Kulmala si trasferì all'Università di Vienna in forza di un accordo bilaterale tra l'accademia finlandese e quella austriaca allo scopo di studiare in modo più approfondito questo settore della scienza ambientale. "Volevo assolutamente saperne di più sulle ricerche condotte altrove e così ho partecipato a numerosi incontri e varie conferenze per conoscere chi se ne occupava", ha raccontato il professore. Al giorno d'oggi il cambiamento climatico è considerato il più significativo tra i problemi ambientali imputabili all'uomo, e per fortuna i paesi sono consapevoli del fatto che è necessario aumentare il finanziamento della ricerca finalizzata ad analizzarne le cause. "I governi nazionali e l'UE si sono accorti progressivamente dell'esigenza di investire di più nella scienza dell'atmosfera", ha affermato Kulmala. "Anche gli scienziati hanno capito che era indispensabile comprendere i fenomeni di base per riuscire a risolvere problemi sociali di portata maggiore". Il professore cita l'esempio della Finlandia, dove negli ultimi 20 anni sono state investite non poche risorse finanziarie nella messa a punto di corsi di formazione e di percorsi di studi universitari, da cui sono derivati gli attuali programmi di dottorato e master. Secondo il professor Kulmala, è grazie a una combinazione di volontà politica, risorse e competenze che la Finlandia è diventata leader a livello mondiale nella ricerca nel campo della formazione e della crescita delle particelle di aerosol. Kulmala attribuisce gran parte di questo successo ai primi lavori condotti presso l'Università di Helsinki. Riconoscendo la necessità di combinare conoscenza biologica e fisico-chimica teorica con quella pratica al fine di analizzare questi problemi ambientali, l'istituto decise di creare un dipartimento di Scienze dell'atmosfera (guidato dal professore) e di installare nel paese tre stazioni di ricerca fisse (SMEAR) per misurare la relazione tra atmosfera e foreste in una zona dal clima boreale. "L'Università di Helsinki ha cominciato a effettuare i primi rilevamenti delle particelle di aerosol presso la stazione di ricerca SMEAR di Hyytiälä dieci anni fa", spiega il professore. "È la più lunga serie continuativa al mondo di rilevamenti concernenti i meccanismi di formazione e crescita delle particelle". Grazie a queste misurazioni a lungo termine, il professore e la sua équipe sono stati in grado di dimostrare il ruolo essenziale svolto dagli aerosol nell'equilibrio radiativo dell'atmosfera. Tali risultati hanno fatto sì che il professore e l'università acquisissero grande prestigio entro i confini nazionali e nel 2003 a Kulmala è stato conferito il premio finlandese per le scienze per il suo contributo allo sviluppo di tale scienza interdisciplinare. Il professore si è distinto anche all'estero per il suo impegno presso il Centro nordico di eccellenza sui cambiamenti climatici e per l'attività nell'ambito dell'International Global Atmospheric Chemistry (IGAC), un progetto teso ad approfondire le cognizioni di base dei processi che determinano la composizione atmosferica. Nel 2004 ha ricevuto il prestigioso International Aerosol Fellow Award, assegnato dall'International Aerosol Research Assembly (IARA). Tuttavia, acquisire visibilità a livello internazionale è praticamente impossibile senza aver svolto attività su scala europea, afferma Kulmala. "In nessun paese vi è un gruppo o è prevista una disciplina che possa risolvere il problema del cambiamento climatico e della qualità dell'aria. Ho capito che era importante per il mio laboratorio partecipare a questi progetti europei". Il professor Kulmala ha preso parte a progetti finanziati dall'UE già a partire dal Quarto programma quadro (4PQ). Nel 1998 era a capo di un progetto che ha dimostrato l'importanza delle foreste in quanto produttrici naturali di particelle di aerosol. Da allora, il suo impegno è aumentato in modo significativo. A titolo del 6PQ partecipa a cinque diversi progetti, che vanno da una rete (ACCENT) volta a promuovere una strategia europea comune a favore della ricerca sul cambiamento della composizione dell'atmosfera a un progetto di ricerca incentrato sul contributo dell'aerosol marino all'equilibrio radiativo globale e sull'eventuale impatto sui cambiamenti climatici. Il professore è anche coinvolto nell'elaborazione di un programma di formazione Marie Curie relativo a un ecosistema terrestre integrato e a processi atmosferici. Sebbene sia un'esperienza di cui non si pente, Kulmala ritiene che il 6PQ abbia offerto un terreno più impegnativo su cui operare. Questa situazione è dovuta ai "nuovi" strumenti del programma quali le Reti di eccellenza, la cui portata ha suscitato qualche perplessità nel professore, al pari del loro scopo. "È positivo che le persone possano circolare, ma la percentuale di denaro destinata alla scienza [nelle reti di eccellenza] è eccessivamente esigua. La soluzione ottimale è che ci siano maggiori finanziamenti per la ricerca in se stessa, concessioni retributive e meno denaro per i viaggi". "È senza dubbio importante creare le reti, in quanto ci sono molti soggetti che dovrebbero essere coinvolti che non si conoscono tra loro", osserva Kulmala. "Ma in Europa, o per lo meno nel campo delle scienze dell'atmosfera, abbiamo già instaurato buoni contatti grazie ai progetti del 5PQ". A chi gli chiedeva di suggerire un'alternativa, il professore ha risposto che ci si dovrebbe concentrare sulla creazione di reti virtuali più piccole, con più risorse finanziarie destinate alla ricerca e alle retribuzioni. "Se vogliamo essere competitivi con gli USA, realizzare grandi reti con un pesante carico di lavoro amministrativo non è il modo migliore per affrontare la sfida", ha osservato. Anche lo strumento del progetto integrato ha causato qualche emicrania al professore. Ha da poco terminato di mettere a punto una proposta di progetto integrato, la cui stesura, stando a quanto ha affermato, è stata più ardua di quella della sua tesi di dottorato. "È la prova più dura che abbia mai affrontato nella mia carriera, perché devo comunicare con tutti i partner e tener conto delle varie opinioni. L'intera proposta era di quasi 200 pagine". Un'impresa scoraggiante forse, ma anche un'esperienza che il professore sarebbe ben lieto di ripetere, queste le sue parole, al fine di garantire la continuità della ricerca in questo importante campo. "Capisco che ciò che si chiede è imprescindibile. E sono sicuro che ne sarà valsa la pena". "È molto importante che la ricerca nel campo delle scienze dell'atmosfera e degli aspetti correlati ai cambiamenti climatici sia il più possibile continuativa. Qualsiasi programma di ricerca avviamo, dovrà essere portato avanti". "Procedere a misurazioni solo per un paio di mesi o di anni non è sufficiente", afferma Kulmala. Il professore si riferiva ai rilevamenti da record di aerosol nell'atmosfera effettuati in Finlandia e ha concluso affermando che si augura che il Settimo programma quadro (7PQ) attribuisca priorità alle aree di ricerca in cui sono necessarie misurazioni a lungo termine.

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